LA SCOMPARSA DI BEA
Sono tutti giù alla Marina. Davanti alle banchine del porticciolo il partito del sindaco uscente, Costa Democratica, ha montato un grande palco con bandiere, musica e gazebo per informare i cittadini e promuovere la campagna che da anni Mia Costanzo porta avanti a difesa delle donne contro la violenza, soprattutto domestica.
È una festa, gran pienone di gente, mamme con bambini, attivisti che distribuiscono palloncini e volantini, un gruppo di musica folk che suona dal vivo, tutto il classico repertorio degli eventi politici nei piccoli centri come quello. In realtà tutto il paese sa bene che quello non è altro che il primo appuntamento per lanciare la candidatura a sindaco della figlia dell’avvocato.
Vittorio Costanzo dovrebbe starsene defilato, godersi il sole, essere il meno invadente possibile. È in gran forma per la sua età: longilineo, tonico, capello bianco impomatato, camicia scura aperta sul petto villoso, pantalone perfettamente stirato sopra i mocassini. Inforca gli occhiali da sole, stringe tra i denti l’eterno sigarone spento, e guarda l’ora sul Rolex d’oro al polso: - Tra poco parla mamma! – dice allegramente alla ragazzina che tiene seduta sulle ginocchia.
Bea si volta imbronciata: - Nonno, mi scoccio! Ma quando finisce? –
- Uè, piccerè… che ti ho detto oggi a pranzo? Stasera la nonna ti porta al cinema, ma fino ad allora niente capricci, ci siamo capiti?
- Evvabbè! – sbuffa Beatrice, poi sorride e gli schiocca un bacino sul viso perfettamente rasato. L’avvocato si gode quel gesto d’affetto e poi chiama la moglie: - Tilde? Porta ‘a creatura a prendere un gelato per favore, che devo parlare con Saverino, quello del giornale…-
La moglie scuote il capo: - Non la deve fare Mia l’intervista, Vittò? Non ce la fai proprio a nun te mettere ‘mmiezzo, eh! –
Lui le fa una carezza bonaria: - Non la sai a tua figlia? Quella Mia si mette a parlare di proposte di legge, petizioni e raccolta di firme... e si scorda che qua dobbiamo pigliare pure i voti! –
Un vecchio pescatore sdentato, seduto su una panchina e intento a rappezzare le reti, scoppia a ridere: - Ancora, avvocà? –
Vittorio annuisce soddisfatto: - Eh non si sa mai, Vituccio! -
L’avvocato conosce sua figlia, sa bene quanto Mia sia riluttante ad accettare quel ruolo. Ama suo padre, ma non ha mai tollerato di buon grado quella specie di diritto dinastico che grava sulla poltrona più alta del paese. L’avvocato è stato sindaco per dieci anni, prima di doversi prendere una pausa visto che la legge impedisce tre mandati di seguito.
Gli è succeduto il suo vice, Salvo Liberti, che non c’ha messo molto ad innamorarsi del potere e rifiutare di farsi da parte al momento stabilito, per far tornare in sella Costanzo. Nelle elezioni successive l’avvocato ha schierato allora il suo braccio destro Fedele Boccia che ha vinto una battaglia memorabile contro Liberti. Dopo non c’è stata più storia e Costanzo è stato rieletto con un plebiscito. Adesso è stanco, è giunto il momento dei saluti. Anche Fedele ha più o meno la sua età…
Largo ai giovani!
Eppure a Mia tutto questo da un po' fastidio, le sa tanto di prima Repubblica. In fondo, parliamoci chiaro, guardiamoci allo specchio… per quanto sia un brav’uomo, in fin dei conti che cos’è suo padre? Un ras locale, un campione delle preferenze in un paesino grande come il buco del culo del mondo. Lui ama Costa Paradiso, la sua vita, la professione, la famiglia, tutto è sempre ruotato intorno al paese. Mai una velleità superiore, l’ambizione di uno scranno più altro: magari il consiglio provinciale, la Regione o addirittura un posto in parlamento (pure gliel’hanno offerto). Ma lui, niente.
E adesso si ricomincia con lei… con sua figlia!
Ma allora perché hai accettato? Si dice Mia nei momenti di sconforto.
La verità la sa bene. Chiunque mastica di politica in quei luoghi la intuisce: Mia Costanzo, che di mestiere fa il magistrato, di tempo per fare una lunga estenuante campagna elettorale e poi diventare sindaco del suo ridente paesello, non ne avrebbe neppure una briciola (e davvero, nemmeno tanta voglia) ma si da il caso che il suo avversario sarà Christian Pallante.
È questo il vero motivo per cui ha accettato la sfida.
Pallante, avvocato pure lui, è stato per svariati anni il vice e braccio destro dell’ex sindaco Liberti e adesso è diventato il più strenuo e arcigno oppositore dei Costanzo e dell’amministrazione comunale.
Mia non crede che suo padre e Fedele Boccia siano dei santi, ma li reputa persone perbene e ottimi amministratori, mentre Christian le fa paura, è pericoloso per la vita pacifica e laboriosa del suo amato paese, il posto dove è nata e dove torna sempre, ogni volta che ha bisogno di sentirsi in pace, serena, protetta. Nel profondo di sé, Mia vuole che tutto rimanga com’è. Come suo padre. Alla fine ha ragione la signora Tilde: si somigliano molto più di quanto sua figlia voglia ammettere.
- L’avvocato Pallante è una minaccia per questa comunità! – tuona senza mezzi termini, andando subito al sodo, com’è suo costume, il sindaco di Costa ai microfoni dell’emittente locale, intervistato da Giusto Saverino, il più noto giornalista televisivo della zona.
Anche Saverino è migliorato nel look: capelli corti al posto della zazzerona, pizzetto ben curato, giacca di velluto e cravatta al posto di quello schifo di giubbini sintetici, sporchi e puzzolenti che portava prima. Sembra che Costa faccia bene alla salute e invecchi la gente migliorandola come il vino, ma non è così. Sono i soldi che fanno invecchiare bene – si dice il giornalista – altro che chiacchiere. Quando ha cominciato a seguire la cronaca locale, Costa Paradiso e la frazione di Rocca Montebuono erano piombate per la prima volta nel terrore a causa di una serie di orrendi delitti a sfondo sessuale, opera di un serial killer che poi fu catturato proprio dall’unità di Ranieri e Senese.
Saverino in questi sette anni ha fatto carriera nelle pagine di politica locale, grazie alle quali s’è ammanigliato coi Costanzo. Non che sia corrotto, per carità! Diciamo che ha sempre scritto bene dell’avvocato perché lo stima… e perché spesso e volentieri, durante le feste comandate, il sindaco di Costa non si dimentica del suo amico giornalista (un invito a cena, un piccolo presente, sciocchezze, cose così… Mica è corruzione questa! O no?). Si forma ben presto una piccola folla intorno ai due. Si accalcano anche i cronisti dei giornali, taccuini alla mano. Saverino fomenta l’avvocato e lo spinge ad andarci giù pesante contro l’avversario di sempre, fiuta l’intervistona, butta benzina sul fuoco mentre stanno sotto al palco a farsi riprendere dalle telecamere, in pieno sole. Passa la piccola Bea. La nipotina fa ciao-ciao con la manima e il nonno le risponde mandandole un bacio.
Mia sale sul palco e il pubblico applaude prima ancora che prenda la parola. Il gruppo musicale intona un motivetto allegro come sottofondo. La giovane pm alza le mani per placare la folla che le urla sorridente quant’è brava e quant’è bella.
- Signori, grazie per essere qui! Non per me, grazie per essere qui a sostegno delle donne. Delle ragazze, delle madri, delle mogli che senza la tutela della legge, ancora oggi così lontana, così incompleta… -
Mia scorge con la coda dell’occhio sua figlia Bea che trotterella in mezzo alla folla con un cono gelato in mano. Sorride, la saluta con una mano. Lei ricambia sorriso e saluto, poi cerca con lo sguardo sua madre, senza mai smettere di parlare.
- Spesso non trovano il coraggio di denunciare! Ma il nostro aiuto non basta, noi dobbiamo dare voce a queste donne! Il nostro coraggio deve diventare il loro coraggio! Perché troppe volte i loro aguzzini sono così vicini… Vivono alla porta accanto o addirittura sotto lo stesso tetto. Sono i datori di lavoro, i colleghi, i fidanzati, i mariti, i padri addirittura!
La signora Tilde coglie lo sguardo apprensivo di Mia. La figlia le sta chiedendo di tenere d’occhio la nipotina e la nonna annuisce, correndo dietro a Bea che intanto ha svoltato l’angolo, dietro a un crocchio di barche da pesca lasciate in secca ad asciugare sul molo del porticciolo.
Proprio in quel momento sopraggiunge Christian Pallante con la sua signora e alcuni dei suoi guardaspalle. Il candidato sindaco avversario è innegabilmente un bell’uomo: ha più di quarant’anni e se li porta bene, capelli biondo cenere, lunghi ma non troppo, fisico scolpito in palestra ma non esageratamente pompato, veste elegante, abiti firmati, completi grigi di sartoria, camice di lino bianche o celesti, cravatte di Marinella. Quando vuol darsi un tono inforca gli occhiali. In pubblico non fuma, non beve e non guarda le altre donne. Ha occhi solo per la sua adorata mogliettina. In pubblico.
Michela Pallante è la classica panterona: una stangona dalle lunghe gambe, fasciate in vestiti attillatissimi, minigonne inguinali e tacchi a spillo vertiginosi, almeno una volta alla settimana dal parrucchiere per curare la sua chioma bionda da leonessa. Quando sorride ti viene il mal di testa da quanto luccica in modo accecante il rossofuoco delle labbra.
Mia ha appena finito di parlare. Scende dal palco e si volta quasi subito verso il punto della piazza dove la folla rumoreggia. Poi sente delle urla minacciose, qualcuno sta litigando. S’avvia a passo svelto verso quel capannello di gente: ecco un altro motivo per cui odia le campagne elettorali nel paesino come il suo! Finisce sempre a spintoni e male parole… o anche peggio. Ma perché? Lei non ha né la forza nella voglia di litigare con nessuno, tantomeno col signor Pallante… che già scorge al centro di quel gran casino.
- Che sei venuto a fare, né? A provocare, come al solito! – ringhia suo padre, il sindaco uscente, l’amatissimo avvocato Costanzo e la folla comincia a premere intorno al gruppetto dell’avversario. Mia teme che si metta male, conosce suo padre e sa che perde facilmente il controllo.
- Azz… il signor sindaco qua vuole decidere pure chi può scende in piazza a passeggiare e chi no? – ribatte a muso duro Christian - …Siete tutti testimoni! Questa è una piazza pubblica, non posso passare con mia moglie e gli amici come tutti gli altri? –
L’avvocato Costanzo ritrova la calma e sorride. È un vulcano, quando si tratta di politica, ma non un novellino: non ci casca.
- Avvocato Pallante la smetta di fare la vittima. Certo che può passeggiare sulla pubblica piazza quando e come le aggrada, ma magari, dico magari - perché è questione di buon gusto, di educazione direi, che ce l’hai o non ce l’hai - sarebbe il caso che evitasse di far comizi mentre teniamo una nostra manifestazione, magari sarebbe il caso che evitasse di mettersi a borbottare, a sghignazzare e a deriderci mentre rilasciamo interviste alla stampa… -
- Signor Sindaco lei c’ha la coda di paglia, me lo lasci dire! –
- Può darsi, ragazzo mio… - e qui Costanzo vince ai punti - …ma si da il caso che faccio politica come ai vecchi tempi, da galantuomo, e non mi sognerei mai di andare a sfruculiare, interrompere o provocare ad una manifestazione avversaria! –
Fedele Boccia, trotterellando con la sua goffa andatura da tricheco, è riuscito finalmente a infilarsi in mezzo a quella caciara e portare il suo panzone davanti a tutti. Adesso – che Dio lo benedica – sta alzando le mani per placare, stemperare gli animi, evitare il peggio (tipo una mega rissa proprio in apertura di campagna elettorale). Scocca un’occhiata di fuoco al suo socio di sempre: - Vittò, basta… agge pacienza, sì? –
E poi si rivolge ai propri supporters: - Signori, vi prego di ritornare sotto al palco per ascoltare ancora tanta buona musica e brindare alla lodevole iniziativa della nostra illustre concittadina Mia Costanzo! Il nostro paese è famoso per l’accoglienza, non per gli spettacoli indecorosi… -
Ma Pallante non ci sta ad uscire di scena così. C’è andato apposta giù alla Marina per rompere i coglioni ai Costanzo e adesso, per colpa del solito Boccia, dovrebbe girare il culo e abbassare lo sguardo come fosse il cattivo della situazione? Non sia mai!
- Ma quanto è bravo il nostro sindaco galantuomo! Menomale che farà entrambe le cose ancora per poco… - provoca sarcastico, prima di vomitargli addosso una sfilza di offese, senza ritegno - …Costa Paradiso non avrà più un sindaco amico degli immigrati irregolari e dei clandestini, uno che li ospita, li difende, mentre i nostri giovani sono senza lavoro e si muoiono di fame! –
- Eccolo il nostro Pallante! – scoppia a ridere acido l’avvocato – Ci mancava la sua retorica razzista! Sempre la stessa… e la carità cristiana dove la metti, caro collega? Ti sciacqui tanto la bocca di essere uno timorato di Dio, che va a messa e si batte il petto… e poi parli così? Come un leghista da quattro soldi? –
Pallante sbanda per un attimo e balbetta: - Ah… sindaco Costanzo, qua non si tratta di essere leghista. Lo sappiamo tutti quanti che nel nostro paesino i partiti non hanno mai contato niente. Qua contano gli uomini! – s’arrischia a sentenziare e s’accorge subito dopo che è quasi un autogol, la palla si ferma proprio sulla linea di porta. La sua. L’avvocato sorride bonariamente, non ha quasi bisogno di aprire bocca per spingere quel pallone in porta:
- Uomini? Dici bene, è di questo che ha sempre avuto bisogno questo paese. Viviamo di turismo e della bellezza della nostra terra. Per preservarlo, promuoverlo e venderlo, servono uomini veri… - il tono di voce di Costanzo si alza al momento giusto - …non di bigotti tradizionalisti! Finti perbenisti, ma in realtà razzisti e peccatori nel proprio privato… - È istrionico come sempre, ogni accusa è una sferzata di nerbo sulla schiena dell’avversario. È cadenzato, perfetto, ipnotico per la folla intorno che di botto si zittisce.
Mia pensa che non sarà mai come lui, non riuscirà mai a portarsi dietro tutta la gente del paese come un pifferaio magico. Scoppia un applauso spontaneo tra i supportes di suo padre. Fedele Boccia l’afferra per un braccio e fa per tirarselo via: sei contento? Hai vinto questo round, adesso andiamo… Ma Pallante ancora non ci sta. Annuisce, allarga le braccia: - E bravo il nostro sindaco galantuomo! È diventato pure di sinistra, adesso… come sua figlia – Quelle parole non sono certo offensive di per sé, ma quando Christian le pronuncia, scende di nuovo il silenzio. Quel tono di voce disgusta Mia, la spinge a ribattere secca:
- Sono di sinistra, lo sanno tutti… E allora? –
Pallante allarga le braccia: - Niente di male, dottoressa, per carità. Ma suo padre no, non lo è mai stato… O mi sbaglio? –
Vittorio Costanzo si scrolla di dosso la stretta del suo fidato collega e gli punta un dito contro: - E tu? Che saresti di destra, tu? Come no! La famiglia tradizionale e poi… ma fammi il piacere! –
Quello è un colpo basso, un’allusione alla sua vita privata (Pallante è un puttaniere), alle sue parentele (la moglie di Pallante, che sembra gli ricambi le corna con piacere quando può, è la sorella di un illustre parlamentare) e alle sue amicizie (le fortune politiche di Christian vengono in gran parte dalla famiglia Montella, potenti imprenditori locali in odore di criminalità). Un’offesa, seppur indiretta, che l’avversario si sente bruciare sulla pelle. Si getta in avanti, urlando come un matto:
- Ma come cazzo si permette! Fa allusioni sulla mia famiglia? –
Ma non arriva mai a beccare il sindaco. Ne nasce un parapiglia, i due gruppi si spingono e vengono quasi alle mani. Vola qualche schiaffone e qualche cazzotto, ma è un fuoco di paglia. I più vicini ai due leader se li tirano via: Fedele Boccia e Mia da un lato, la moglie di Christian e i Montella dall’altro. I supporter di Costanzo sono molto più numerosi e ben presto riescono ad allontanare i provocatori.
Pallante continua ad urlare: - Questa non la passa liscia, don Vittorio! Io la denuncio prima delle elezioni… E poi vediamo chi è il galantuomo! –
Così sarebbe finita quella domenica e sarebbe stato meglio, se non fosse successo quello che la famiglia Costanzo scopre subito dopo: - Mamma, dov’è Bea? – chiede Mia alla signora Tilde.
- Boh… stava qua due minuti fa, è andata a giocare vicino alle barche –
- Embè… non c’è là dietro, me la trovi a mia figlia per favore? –
- Mia, non essere sgarbata con tua madre! – s’intromette l’avvocato.
- Mò è colpa mia se scappa sempre? – piagnucola la signora Tilde - Quella è vivace, io non ce la faccio a starle dietro! -
- Ho capito, mamma, scusa tanto se non ho tempo di giocare a nascondino, che ti devo dire! – comincia a innervosirsi.
- Calmati, regginè… – Vittorio cerca di tranquillizzare sua figlia col nomignolo che usa fin da quando era bambina - Il porto questo è, minuscolo. Dove vuoi che è andata? Fatti un giro fuori ai ristoranti, chiamala e vedi che corre subito, và! – ma l’avvocato si sbaglia.
Bea non risponde, non torna da sua mamma.
È scomparsa.
INDIZI E PROVE
- Insomma, mentre eravate tutti occupati a litigare, qualcuno ha preso la ragazzina? – chiede sgarbato il commissario Senese, seduto dietro la scrivania vecchia e consunta in un minuscolo ufficio del minuscolo e scalcinato commissariato di Costa Paradiso – O magari è scappata? – aggiunge, dubbioso.
Davanti a lui, su due schifosissime sedie di plastica, sono ancora seduti la dottoressa Mia Costanzo e suo padre, il sindaco di Costa. L’avvocato scuote il capo: - Non è scappata, non ne aveva motivo! Bea è una bambina felicissima, non nasconde segreti…-
- Andiamo, avvocato! Quale ragazzino non nasconde segreti? -
Fuori dalla stanza, in corridoio, si sente il pianto disperato della signora Tilde. Si sente in colpa e viene consolata da Marilena Boccia.
- La smetta, Senese – sospira Mia – Le abbiamo raccontato tutto quello che è successo, se fosse scappata l’avremmo già ritrovata! Dove vuole che vada una bambina di dodici anni?
- Vagliamo tutte le ipotesi e voi siete… -
- Siamo disperati e devastati dal senso di colpa
- Ma non ci aiutate con queste cazzate -
Il sindaco sorride amaro: - Lei gioca a fare il grande investigatore, Senese.
Il commissario si lascia sfuggire una risata goffa e catarrosa:
- Io grande investigatore? Sono l’ultimo fesso, avvocà… ma non fa niente. Si metta nei miei panni, mi dica lei che farebbe in questa situazione? –
Mia s’intromette: - Renderei pubblico ciò che ho trovato! Prove, indizi, qualsiasi cosa avete rinvenuto, ce lo dica adesso! Erano questi i patti, giusto? –
Fedele Boccia, che quei patti li ha proposti, è ben cosciente che Senese non ha mai detto di averli accettati:
- Mia, per favore – dice il braccio destro di suo padre.
- Ho il diritto di sapere, cristo!!! – urla la giovane pm, mentre gli occhi le schizzano fuori dalle orbite. Vittorio l’abbraccia tentando di fermare il tremore disperato, incontrollato, che scuote tutto il corpo di sua figlia, provato dalla tensione, devastato dai cattivi presagi.
Senese scuote il capo: - Non ancora, dottoressa. Mi parli delle persone presenti alla Marina. Voi familiari… avete visto qualcuno di sospetto girare intorno a Beatrice? –
I Costanzo si guardano l’un l’altro. Fedele Boccia scuote il capo.
- Una faccia nuova che teneva d’occhio la ragazzina, magari anche solo qualche movimento strano… - insiste il commissario - Un tizio vestito in modo diverso, bianco nero rosso giallo? Andiamo, dottoressa! È il suo mestiere, ci dia qualcosa da dove cominciare. –
Mia si scuote, è così disperata che s’aggrappa a quello stupido gioco d’identificazione che le propone Senese. Sa che il commissario sta facendo solo il suo lavoro, ma sa anche per esperienza diretta che nel 90% dei casi procedere alla cieca è del tutto inutile, anche se essendo senza indizi è l’unico possibile.
- C’era… c’era un latino che girava in mezzo alla gente. Non l’avevo mai visto in paese -
Senese sgrana gli occhi: - Un latino? Vuol dire un sudamericano? -
Vittorio Costanzo e Fedele Boccia si guardano sbigottiti:
- Di che stai parlando, regginè? – chiede suo padre – Quale latino?
- Non lo so, papà! Te l’ho appena detto, non l’ho mai visto, non so chi sia ma… mi è rimasto impresso, mi ha colpita perché era strano, vestito in modo insolito per la Marina di Costa –
- Cioè come? – chiede Senese.
- Bèh, come vestono questi delle gang, che ne so… ho visto qualche foto sui giornali. Quel tizio era uguale! –
- Pantaloni a vita bassa, maglie larghe con disegni sgargianti, bracciali borchiati, anelli e collane d’oro con la croce? – l’aiuta Senese, mentre pensa che la cosa si mette male.
- Sì, più o meno – conferma Mia.
- E magari in testa un cappellino con visiera? – borbotta l’avvocato – Mah! A me sembra tanto la fiera dei luoghi comuni, bell ‘e papà! –
Mia si volta lentamente a guardarlo: - Tu non l’hai visto, pà? –
Vittorio scuote il capo. Guarda Fedele. Anche lui si stringe nelle spalle.
- Io voglio solo ritrovare mia figlia! – scoppia a piangere Mia.
Sua padre l’abbraccia forte: - È questo il problema, regginè… Non voglio che cominci ad aggrapparti a cose che in realtà non esistono –
Il commissario si alza e s’accende un sigaro:
- Facciamo una pausa? –
L’avvocato Costanzo lo fulmina: - Ma che pausa del cazzo? Si decide a dirci cosa diavolo avete trovato una buona volta? –
Senese sbuffa fuori una nuvola di fumo grigio e si risiede. Incrocia le mani, gomiti larghi, si schiarisce la voce arrochita e poi chiede candidamente: - Io vorrei sapere com’è andata realmente –
Mia s’asciuga gli occhi: - In che senso? –
Senese tira un’altra boccata dal sigaro: - Mettiamo anche che tra la folla della vostra bella manifestazione elettorale s’aggirasse davvero un latino borchiato con catenone al collo, sputato direttamente fuori dalla sua brava mara-gang… Voglio crederle, dottoressa… E poi? –
Mia capisce: - Perché avrebbe dovuto rapire mia figlia? –
Senese annuisce: - Esatto. Negro, arabo, terrorista… posso credere a tutto, ma mi serve un movente e in questo momento me ne viene in mente uno solo e una sola persona che avrebbe abbastanza denaro per pagare un rapitore e fegato per farvi uno sgarro simile, sapendo quello che rischia –
- Billy Montella? – chiede Mia – Non arriverebbe a tanto! –
Il commissario alza una mano, invitandola a rallentare:
- Calma, non escludiamo niente. Sappiamo chi è Montella, conosciamo la sua storia e quello che lei lo ha costretto a pagare, ma adesso il punto non è questo. Non ci sarebbe solo il desiderio di vendetta, ma anche il vantaggio di gestire il potere –
C’arriva a ruota anche Vittorio Costanzo: - Commissario, lei è ammattito? Se ho capito bene, sta ipotizzando che l’avvocato Pallante in combutta con la famiglia Montella abbiano rapito la nostra Bea, un po' per farcela pagare… un po' per spingerci a ritirarci dalle elezioni e diventare i nuovi padroni di questo paese? –
Senese sorride beatamente: - Avvocà, non avrei saputo dirlo meglio! –
Chi è Raffaele Montella, detto Billy, lo sanno tutti.
Qualche anno prima, rampollo della famiglia più ricca di Rocca Motebuono, frazione collinare di Costa Paradiso, aveva vinto un reality ed era tornato in paese da trionfatore. Il successo gli aveva dato alla testa e, durante una delle tante notti brave, aveva stuprato una ragazzina di colore. Mia Costanzo era il magistrato assegnato al caso. Suo padre Vittorio aveva difeso la famiglia della vittima. Insieme avevano fatto arrestare e condannare Billy, ma di galera – grazie allo stuolo di avvocati e alle amicizie della famiglia Montella – ne aveva fatta ben poca.
Il carcere l’aveva indurito, ma non redento. Aveva messo la testa a posto, nel senso che era diventato - alla morte del padre - il capo dell’azienda di famiglia, un giovane imprenditore ambizioso e spregiudicato. Ma non era certo divenuto più buono. Odiava i Costanzo con tutta l’anima per avergli infangato l’esistenza e aveva giurato vendetta.
Come la sua famiglia prima di lui, Montella sosteneva gli avversari dei Costanzo, di volta in volta, chiunque fossero e quindi adesso, come da copione, foraggiava la campagna elettorale di Christian Pallante. Ma Billy non era un boss, un camorrista, un capo-piazza, niente di tutto questo.
Era solo un ras locale, nù cafon arreccut come dicono da queste parti, un cafone arricchitosi nel settore scatolami, innanzitutto, ma anche grazie ad enormi speculazioni immobiliari. Nessuno lo riteneva capace di far rapire una ragazzina per ricattarne la famiglia in ambito politico.
Nessuno fino ad allora.
- Voglio farvi vedere le registrazioni che abbiamo acquisito – dice Senese.
- Finalmente! – sospira Mia.
- Quali registrazioni? – chiede Fedele ma già lo immagina.
- Telecamere. Alcuni locali sul porto le hanno all’esterno e hanno ripreso alcuni movimenti di Bea. Sono riprese da lontano, anche abbastanza sfocate… -
- Si vede chi l’ha presa? – chiede speranzoso Vittorio Costanzo ma le parole gli si strozzano in gola. Senese scuote il capo, non sarebbero tutti lì, seduti intorno a quello schifo di scrivania se avessero immagini del genere. Il commissario chiama nella stanza Penelope Arce.
L’analista UCS a capo della Scientifica saluta rapidamente i presenti, chiude le tapparelle, e poggia sulla scrivania il suo laptop. Anche in quel momento drammatico il sindaco di Costa, inguaribile sciupafemmine in gioventù, non resta insensibile alla prorompente sensualità della patologa italoargentina: le curve di Penelope scivolano sinuose nell’abitino stretto che indossa, la pelle color miele dei suoi seni emana silenzioso erotismo. Quando con uno scatto della testa si butta indietro i lunghi capelli rossi, l’avvocato sospira e si volta dall’altra parte. La Arce carica alcuni video e li lancia. Tutti trattengono il fiato: - Beatrice aveva qualche hobby particolare? Le piaceva la musica? Era amante degli animali? –
Mia si passa le mani sul viso stanchissimo, pallido e corrucciato:
- Andava matta per i cagnolini… i cuccioli solamente le piacevano, non i cani grandi, i cuccioli come quelli delle pubblicità… tipo i cocker spaniel o i jack russell -
Penelope annuisce: - Ecco, potrebbe essere andata così, allora –
- Così in che senso? – chiede Fedele Boccia.
- Un diversivo classico di chi rapisce i minori. Bea è una ragazzina intelligente, non avrebbe mai seguito uno sconosciuto senza un motivo valido, qualcosa di così attraente per lei che non è riuscita a resistere…-
- Volete dire che chi l’ha rapita aveva un cagnolino? –
Penelope annuisce distrattamente: - Potrebbe essere, è solo un’idea –
Guardano le riprese. Mia aveva ragione, si vede più volte passare davanti alle telecamere il tizio di cui parla: basso, tarchiato, scuro di pelle, vestito come un soldato della famigerata MS-13, la Mara Salvatrucha, gang salvadoregna violentissima dedita ad assassini su commissione, traffico d’armi e di droga, che a Costa non ha mai messo piede ma ha basi in tutto il Nord Italia, Genova e Milano in primis, e solo l’anno scorso aveva ancora una sua piccola cellula, una pandilla dedita a piccoli traffici, sull’Isola d’Ischia nel comune di Forio. Le immagini sono sfocatissime e sgranate, il volto del tizio non si vede per niente, è quasi sempre di spalle. Anche la piccola Bea non si vede bene: ogni tanto passa trotterellando davanti alle telecamere, fin quando non scompare, in fondo al molo, dietro un gruppetto di pescherecci messi al sole ad asciugare. Del latino non c’è più nessuna traccia, non compare nelle poche altre riprese rimaste. Non c’è un solo fotogramma in cui si vedono insieme lui e la bambina. Paranoia? Un buco nell’acqua? Mia non ci crede, altrimenti il commissario non le avrebbe mostrato quelle riprese:
- Glielo chiedo per l’ultima volta, cosa c’avete trovato dietro quelle barche? Io e la mia famiglia abbiamo setacciato la Marina palmo a palmo e non c’era un cazzo, niente di niente! – alza di nuovo la voce il giovane magistrato - …me lo dica adesso o gliene farò pentire, Senese. Questo figlio di puttana s’è messo in contatto con voi? La persona… chiunque sia… che ha mia figlia, vi ha detto qualcosa o lasciato…- non riesce a finire la frase - …oddio! – geme e poi china il capo, mentre le lacrime tornano a sgorgare. Il commissario si alza di nuovo, riaccende il sigaro e si mette a guardare fuori dalla finestra:
- Non sappiamo ancora se sia di sua figlia. La Scientifica deve…-
- Cosa? – chiede Mia, deglutendo.
- La dottoressa Arce lo sta comparando con il reperto di un altro rapimento, avvenuto poco prima di quello di sua figlia…-
- COSA??? – urla Mia terrorizzata.
- Un pezzo del dito mignolo. Piccolo, la prima falange – dice pateticamente Senese, come se possa essere di conforto.
Mia ribalta gli occhi, poggia molto lentamente la testa alla spalliera della sedia e poi sviene, scivolando a terra come un pupazzo di pezza.
ROCCA MONTEBUONO
TENUTA DEI MONTELLA
La zona collinare che guarda dall’alto la marina di Costa Paradiso e di una lunga striscia di Costiera Amalfitana, si chiama Rocca Montebuono. Pur non facendo comune a parte, Rocca è nei fatti il regno indiscusso della famiglia Montella. Raffaele, detto Billy, e i suoi familiari troneggiano dall’alto della loro roccaforte da generazioni, come signori feudali. Hanno lì la villa e la grande tenuta agricola di famiglia, hanno terreni coltivati con ogni ben di Dio, hanno vigneti e bestie al pascolo: da lì è partita la fortuna del nonno di Billy, umile contadino, che ha poi passato tutto a suo figlio, padre di Billy, che ha trasformato a sua volta una famiglia di zappaterra e verdummari in una delle più grandi e floride aziende di scatolami di prodotti tipici del Cilento. La gente di Rocca la controllano i Montella: i braccianti nei terreni, i contadini fittavoli di piccoli appezzamenti, i piccoli commercianti del borgo, in un modo o nell’altro dipendono tutti dalla stessa famiglia.
Medioevo puro, migliaia di voti…
E hanno anche i cavalli. Meravigliosi, possenti purosangue.
Billy li guarda scorrazzare al galoppo nell’ampio recinto, mentre è seduto sull’enorme veranda sul lato anteriore dell’antica casa colonica di famiglia. È ingrassato il Playboy, così lo chiamano da sempre in paese… anzi da quando ha vinto quel maledetto reality show, una stronzata girata a Milano e andata in onda sulle reti private nazionali, nella quale vinceva in pratica chi riusciva a portarsi a letto più galline.
Èingrassato per colpa del cibo, dei superalcolici, della vita del cazzo che ha fatto per troppi anni… ma non è mai grasso come quel porco immenso di suo fratello: Paolone Montella ormai è obeso, a quarant’anni ha il viso perennemente rubizzo, ansima continuamente, fuma come un turco ed è sempre incazzato. Eppure è il ministro della difesa della famiglia, il capo dell’esercito, quello che ha sempre sognato di fare nella vita, null’altro… proteggere il suo amato e più famoso fratellino Billy. Paolone si occupa di controllare che le proprietà siano ben protette, che i dipendenti facciano il loro dovere, non saltino i turni e sorridano come coglioni durante gli straordinari, quando passa a ringraziarli col caffè o qualche birra gelata il padrone, don Raffaele – come Paolone si ostina a chiamare suo fratello Billy davanti ai loro schiavi. Paolone ha sempre avuto lievi problemi psichici: non è un pazzo con la bava alla bocca e neppure un demente o uno psicopatico con le visioni. È semplicemente gretto, mezzo ritardato, poco sveglio e per questo meschino, malfidante del mondo intero. L’unico di cui si fida è Billy. Paolone è vissuto eternamente nella sua ombra, ma non vive la cosa come un complesso bensì come un infinito orgasmo. Non ha altri desideri, non anela a nulla di più se non a fare quello che fa. Con durezza e cattiveria.
- La bambina? – gli chiede Billy
- Che bambina? – bofonchia il fratello con un sospiro roco.
- La figlia di Mia Costanzo… Dimmi la verità, Paolo! –
- Embè, che vuò sapè? –
- Ho sentito che è scomparsa – sibila Billy.
- L’ho sentito pure io… - risponde placido Paolone.
- Paolo, non fare il fesso con me –
- Oh, mi dici che cazzo vuoi sì o no? –
Billy si volta lentamente a guardare negli occhi suo fratello e s’accende una sigaretta. Le pupille di Paolone sono punte di spillo affondati nell’ammasso di carne del volto rubicondo.
- C’entriamo niente noi, Paolo, cù stà strunzata? –
- Noi? Ma tu si pazzo! Niente, Billy… assolutamente niente –
Montella si volta di nuovo a guardare i cavalli e tira una boccata.
- Sai chi è stato?
- No
- Hai sentito qualcosa?
- Gente di fuori, si dice giù a Costa…
- Di fuori dove?
- Stranieri, Billy. Questo so, è finito l’interrogatorio?
- Sì, ma cerca di sapere di più. Muovi i ragazzi, voglio sapere che fine ha fatto la nipote del sindaco… e se possiamo fare qualcosa. M’è capito? –
Paolone annuisce, sbuffa e s’infila gli occhialoni di sole.
C’è un bel sole quel giorno a Rocca Montebuono, è una bella giornata.
ROMA - SEDE UCS
Il commissario Marco Ranieri, inventore sette anni prima e ora capo dell’Unità per i Crimini Seriali della polizia di stato, sorseggia un caffè seduto al tavolino di un bar, davanti al Pantheon. La sede della loro unità all’inizio era a Napoli e si mascherava anche bene col caos cittadino, ma poi il lavoro è aumentato, l’unità è cresciuta e i pezzi grossi hanno ordinato loro di traferirsi nella capitale. Adesso è in un vicoletto laterale del rione Pigna, cuore del centro storico, incuneato tra due ristorantini. Ranieri si alza e inforca gli occhiali da sole. È sempre un bell’uomo anche se gli anni passano: capelli corti sale e pepe, labbra strette con qualche ruga ai lati, non molto alto ma tonico, nessuna traccia di pancetta. Porta il solito completo scuro HB con sotto camicia dark-blue e Ferragamo stringate ai piedi. Getta un paio di monete sul tavolino e raggiunge in pochi passi un palazzone anonimo, anche se antico. Davanti al portone blindato il commissario citofona a un cognome falso, messo a posta sulla targhetta come una parola in codice solo per gli addetti ai lavori che hanno il permesso di salire al primo piano, nel regno degli specialisti italiani delle scienze comportamentali.
Sale le scale a piedi e raggiunge il vestibolo del primo piano, su un lato del quale si apre il piccolo ufficio della loro segretaria tuttofare. La piccola Minerva, una ragazza di un metro e cinquanta, eternamente indaffarata (e detta Mini per ovvie ragioni), alza una mano come a dirgli che non glielo chiede se anche stavolta ha dimenticato le chiavi.
Marco Ranieri le sorride: - Sai che non me le porto dietro –
Sembra leggerle nel pensiero, in realtà fa solo il suo mestiere.
-Paura di perderle o che le rubano, c’è troppa roba importante qua dentro
- Certo, dottor Ranieri. Per carità, non ho aperto bocca – annuisce Mini, ricambiando il sorriso ma il suo è molto più dolce – La stanno aspettando nel suo ufficio, ci sono tutti –
Ranieri annuisce e infila il corridoio a passo di carica. Apre la porta e saluta i presenti con un ‘salve a tutti’ che significa ‘niente chiacchiere’. Come al solito non c’è tempo. Non c’è mai tempo nel loro lavoro. Il capo dell’UCS si siede alla sua scrivania e gira lo schermo del computer.
- Vorrei fare il punto delle indagini ma non possiamo ancora neppure parlare di un profilo comportamentale. Antonio è arrivato ieri a Costa e ha trovato solo un gran casino. Ci sono le elezioni comunali…
Sir James Winterbourn sorride: - In quei paesini ci sono sempre le elezioni! – Pari d’Inghilterra, ex agente Interpol, tutor nell’analisi delle scienze comportamentali presso la sede dell’FBI a Quantico - Virginia, è un criminologo di fama mondiale, quello che nei telefilm americani chiamano profiler. Di quasi ottant’anni.
- La madre della ragazzina scomparsa è candidata a sindaco - spiega Marco. La mente di Sir James è limpida come un lago d’inverno e rapida come il morso di un serpente:
- Mia Costanzo, il magistrato con cui abbiamo collaborato sette anni fa?
Ranieri annuisce: - Il padre s’è fatto vecchio –
- Prima di tutto, cosa sappiamo del rapitore –
Marco scuote il capo: del rapitore non sanno praticamente nulla.
- E delle circostanze della scomparsa? – chiede il criminologo.
Il capo dell’UCS gli racconta tutto ciò che ha.
Forse è la stessa persona che s’è preso il figlio dell’ Onorevole Buonomo.
- Ok - sussurra il dottor Winterbourn, socchiudendo gli occhi e cominciando a prendere appunti sul suo taccuino rilegato in pelle da cui non si separa mai - …Scompaiono bambini, quindi. Si ritrovano oggetti e pezzi dei loro corpi… ma non i corpi. Per ora non c’è un messaggio, una rivendicazione, una richiesta di riscatto? – Marco scuote il capo.
- Quindi non ci sono indizi chiari che si tratti di un rapimento, giusto? –
Ranieri si stringe nelle spalle: - Non saprei come chiamarlo, sir James, fino a quando… - non finisce la frase, non ce n’è bisogno. I passi che separano il rapimento dall’omicidio, e poi dall’omicidio seriale, sono divisi dai corpi di quei due ragazzini. Per adesso.
- Oh, ci sono tanti nomi per chiamare ogni cosa, my friend… - lo liquida il vecchio profiler inglese - …So che tu e Senese avete pensato subito a crimini di natura sessuale, ma sbagliate. Non è un pedofilo –
Marco sorride, quei tocchi di bacchetta magica del dottor Winterbourn l’hanno sempre affascinato come un bambino e infastidito come uno studentello umiliato dal proprio professore.
- Vuole che le chiedo come fa a dirlo, maestro? –
Sir James si stringe nelle spalle: - Non c’è bisogno, sono una persona umile, lo sai… e tu non sei più un mio allievo – lo prende in giro. Il vecchio criminologo è tutt’altro che umile, ma quando s’arrischia a fare una dichiarazione, a prendere una posizione, non lo fa mai a cuor leggero, è sempre frutto di ponderata e motivata analisi.
- Non è al predatore che dobbiamo guardare per capire, ma alle famiglie delle prede – spiega - Persone famose e comunque molto note, ricche, perbene, famiglie felici, abituate a vivere sotto i riflettori e quindi all’apparenza perfette –
- Difficili da controllare? – Marco comincia a capire, un passo dietro al vecchio inglese, come sempre.
Sir James annuisce: - Impossibile tenerle d’occhio senza dare nell’occhio, ti piace il gioco di parole? –
- Lei è un poeta, dottor Winterbourn! Andiamo avanti? –
- Il predatore pedofilo di solito sceglie la sua vittima per motivazioni casuali o ambientali, lo stimolo gli piove in grembo dal cielo, non va a caccia come un killer, tempi troppo lunghi, troppo rischio. Quindi, se fosse stato un maniaco sessuale a caccia di bambini… -
- Non avrebbe mai scelto la nipote del sindaco di Costa e il figlio di un deputato del parlamento italiano! – finisce per lui il capo dell’UCS.
Sir James gli mostra il pollice all’insù: - Cosa rimane? –
Marco sospira: - Non lo so, me lo dica lei –
- Rimane l’esatto opposto, my friend! – il vecchio inglese lo guarda dritto negli occhi con veemenza, quasi con rabbia: - Queste famiglie così perfette in realtà non lo sono affatto e quello che sembra un rapimento ad opera di un pedofilo, neppure lo è –
Ranieri si passa una mano tra i capelli, quello che dice sir James sottintende un’indagine che scavi nella vita dei due ragazzini scomparsi: difficile, lungo, pericoloso e imbarazzante. Ma soprattutto, non è questo il loro lavoro. L’UCS si occupa di crimini seriali violenti, non di bimbi disadattati… a meno che non diventino quantomeno dei potenziali mass/murder, ma non è questo il caso.
- Cosa vuole che faccia, sir James? Che chiamo i servizi sociali? –
Il vecchio inglese si alza facendo scricchiolare le ossa antiche della sua schiena: - Smettetela di perdere tempo, my friend – dice, infilandosi in bocca la pipa spenta. Esce sul balcone dell’ufficio di Marco.
Il capo dell’UCS resta seduto alla scrivania col vice di Penelope nel reparto scientifico della sua unità, il dottor Armentano, detto Orso Yoghi: caschettone di capelli castani, sguardo bonario, faccione sempre sorridente e mal rasato, dominato dagli occhiali spessi, eternamente infagottato nel suo camice bianco, omosessuale dichiarato, tiene in bocca un lecca-lecca quasi 24 ore su 24.
- Armentano, dimmi tutto –
- Niente di nuovo, capo… Posso solo confermarti quello che già sai. Il nostro uomo ha comprato una cartina dell’isola d’Ischia, una di quelle più comuni ed economiche che si trovano da qualunque giornalaio… -
- Anche lì, sulla costiera amalfitana? –
Armentano sbuffa: - Certo… anche se è un po' difficile. Non ci tengono a Costa Paradiso a fare pubblicità agli altri luoghi di villeggiatura, soprattutto se diretti concorrenti –
Ranieri si morde un labbro e ticchetta con la penna sul tavolo:
- Quindi presumiamo che il rapitore dei due ragazzini abbia comprato la mappa dell’isola ad Ischia. Poi, solo dopo, sia sceso lungo la costiera e arrivato a Costa, giusto? –
Armentano sorride e succhia il suo lecca-lecca: - Per ora presumiamo un po' tutto, capo. Niente riscontri, niente prove, pochi indizi, nessun riconoscimento di nessun sospetto… -
- Ho capito, vai avanti –
- Bèh, c’è poco altro. Ha lasciato la cartina di Ischia, con dentro la prima falange di un dito mignolo, nella buca delle lettere del giornalista Giusto Saverino, direttore dell’emittente locale di Costa –
Marco annuisce, borbottando: - Me lo ricordo questo tizio, un tipo trasandato, puzzava sempre di fumo… -
- Ha fatto un po' carriera dall’ultima volta che l’hai visto. Sono passati sette anni, ha scalato qualche posizione ma nulla di eclatante. Adesso collabora con alcuni giornali nazionali ed è il capo indiscusso dei media della zona. Ah… non veste più come un barbone, mette anche la cravatta e non puzza più. Almeno non sempre –
Yoghi gli fa un occhiolino. Ranieri gli punta un dito contro:
- Non t’innamorare, eh! Naturalmente fuori alla casa di questo Montanelli locale non c’è uno schifo di telecamera, giusto? –
Armentano scuote il capo: - Niente telecamere, né fuori al portone dove c’è la buca delle lettere, né nel vicolo sul quale affaccia il palazzo. Non abbiamo idea di chi abbia lasciato quella busta –
- È stato il giornalista a chiamare il commissario Senese? –
Yoghi conferma: - Immediatamente, la mattina appena è andato a controllare la posta. Il commissario ha preso in consegna la busta, l’ha portata in commissariato e l’ha aperta per la seconda volta, dopo Saverino. Appena ha capito di cosa si trattava ha fatto subito il collegamento con la figlia scomparsa della Costanzo –
- La ragazzina viene nominata da qualche parte? – chiede Ranieri – C’è scritto qualcosa su quella cazzo di cartina? Impronte? –
Armentano scuote di nuovo il capo: - No a tutte e tre le domande, capo. La piccola Beatrice non viene nominata da nessuna parte, su quella mappa non c’è scritto nulla e non ci sono altre impronte oltre a quelle di Saverino –
- Insomma Antonio ha fatto di testa sua e ha convocato Mia Costanzo con tutta la famiglia? – chiede Marco.
Armentano alza le mani e cerca pazientemente le migliori motivazioni per giustificare il modo di agire del commissario: - Come già sai Senese era sul posto per fatti suoi, ma conoscendo i Costanzo s’è fatto carico di seguire la scomparsa della ragazzina. Così, quando il giornalista l’ha chiamato dopo aver trovato quello schifo, il commissario ha pensato bene di fare due più due. L’avrebbe fatto chiunque, no? –
Ranieri sorride: - Non lo so, queste sono domande che dovresti fare al dottor Winterbourn. Tra l’altro, dopo che il caso ha cominciato a gonfiarsi, s’è chiamato anche Penelope e adesso… lei è lì con lui – conclude con un sospiro scontento il capo dell’UCS.
Armentano arrossisce. Lo sanno tutti che la dottoressa Arce e il commissario Ranieri sono amanti o qualcosa di simile, insomma vanno a letto insieme, ma Antonio Senese per loro è come un fratello maggiore, Armentano non vuol neppure pensarci che il capo possa essere geloso.
– Io non… - balbetta, ma Marco ha già voltato pagina.
- Come ci siamo finiti su quella collinetta a Ischia, il Monte Cretaio? –
- Non ci siamo finiti. Senese ha interessato il commissariato locale. Ci pensa la dottoressa Migliore con l’ispettore Carbone a custodire la scena del… ehm… crimine –
Marco alza gli occhi al cielo: - Intendo dire come sapevano di dover cercare qualcosa lassù, a chilometri di distanza da Costa Paradiso e sulla nostra amata isola d’Ischia? –
Armentano gonfia le guance e sputa il bastoncino del lecca lecca nel cestino: - Scusami, hai ragione. Ho dimenticato di dirtelo. Sulla cartina dell’isola che quel figlio di putt… che il rapitore ci ha lasciato… -
- Puoi dirlo figlio di puttana, se vuoi. Permesso accordato –
- Ehm… ok, quel bastardo non ha scritto nulla, ma ha cerchiato il Monte Cretaio sulla mappa che ha usato per avvolgere il ditino di quella povera bambina – geme il vice di Penelope Arce.
- Allora è di Beatrice Costanzo? Avete la conferma del DNA? –
Armentano scuote una mano paffuta:
- Calma, capo. Non ancora… ci vuole tempo per queste cose, lo sai –
Ranieri sente il sangue salirgli alla testa, gonfia il petto e stringe i pugni:
- Ma come tempo?! E per il pezzo d’orecchio trovato su quella montagnola del cazzo a Ischia, invece avete già fatto tutti i rilievi e l’analisi del DNA! Già sappiamo con certezza che è del figlio dell’Onorevole Buonomo… O sbaglio? –
- Sbagli – risponde Armentano ma Marco non lo sente.
- Scavalcare una bambina scomparsa? Queste cose qui, nella mia unità, non le tollero! Non sono mai accadute e non devono accadere! Qualcuno adesso ne risponderà a me personal… -
- Cazzate – sussurra Armentano e scuote il capo.
- Come, scusa? –
- Sono tutte cazzate messe in giro dai giornali e dai siti di fake-news. Naturalmente su internet si sono diffuse come mosche sulla merda, in poche ore, ma non è vero niente. Non è stato scavalcato nessuno e siamo in attesa anche dei risultati sul pezzo di orecchio trovato sul Monte Cretaio, isola d’Ischia… -
- Non sapete ancora se sia del figlio di Buonomo? –
Armentano annuisce: - Come non sappiamo se il ditino sia di Bea. Arriveranno entrambi i risultati, ma prima quelli su Bea ovviamente, che è stata rapita per prima. Tutto nel pieno rispetto della procedura capo! –
Ranieri tira un sospiro di sollievo, ci mancava solo un’indagine interna con relative sanzioni comminate ai colleghi. Non ne avrebbe avuto né la forza nella voglia. S’infila in bocca una sigaretta:
- Mi sfugge qualcosa. Se ancora non c’è niente di certo, come c’è finito dentro il nome dell’onorevole? –
Armentano scarta un altro lecca-lecca:
- Non ti ho detto neppure questo? –
- No, ma in compenso stai cominciando a farmi girare le palle, Yoghi! – ringhia Marco, quando il suo collaboratore comincia a gigioneggiare.
- Ci arriveresti facilmente da solo. È il tuo mestiere, sei il migliore –
Ranieri si preme i palmi delle mani sulle tempie e chiude gli occhi, poi sorride. È così semplice, ovvio addirittura:
- Un’altra mappa? La cartina di Roma, magari? –
Armentano alza il pollice: - C’ha incartato il pezzo d’orecchio e l’ha seppellita sul Monte Cretaio, dove naturalmente non l’ha trovata un giornalista ma una bella signora che va ogni giorno in quel bosco a caccia di funghi –
Quel figlio di puttana ha deciso di giocare con loro come il gatto col topo, pensa Marco. L’ennesimo pazzo psicopatico, l’ennesimo predatore antisociale ossessionato solo dal voler dimostrare la propria superiorità intellettuale e strategica.
- Indovina cosa c’ha cerchiato sopra? – gli sta chiedendo Armentano.
Ma Marco non gli risponde neppure, non c’è bisogno. Ormai è tutta discesa, chiaro come il sole: la via dove abita l’onorevole naturalmente.
- Convoca Buonomo e tutti i familiari. Cominciamo a scavare più a fondo in questa storia, altrimenti i due ragazzini ce li perdiamo -.
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