L’allievo di Patrick Redmond

 L’adolescenza è il periodo più strano e terrificante nella vita di ogni essere umano e Patrick Redmond nel suo L’allievo, pubblicato in Italia da Mondadori e tradotto da Piero Spinelli, è stato eccezionale nel catturarne tutte le sfumature.

Il rapporto con i propri simili e poi ritornare a casa, dai propri familiari, permette ad ogni adolescente di trovare un giusto equilibrio tra il desiderio di potere e il desiderio di anonimato. Ma in un college inglese degli anni ’50, il Kirston Abbey, ricco di allievi della buona borghesia, con una disciplina ferrea e un’atmosfera claustrofobica, vengono fuori gli impulsi peggiori dei ragazzi.

Tra gli studenti del Kirston Abbey governa la legge del più forte, che fa branco a sfavore dei più deboli, che mai oserebbero denunciare le vessazioni subite.

Eppure quarant’anni dopo, uno di questi studenti, ritrovandosi a raccontare quello che era nato come un gioco, utilizzando un’antica ouija board, scatenerà una catena di malefici che coinvolgeranno diversi tra gli abitanti del collegio, dagli studenti al preside. Tante saranno le vite sconvolte o addirittura distrutte da questo gioco che nascerà per difendere i più deboli e porterà, invece, alla loro completa distruzione psicologica.

Redmond si rivela un conoscitore eccezionale della psiche umana, trascinando, pagina dopo pagina, il lettore in un crescendo di angoscia e terrore, che aumenta quando si prende coscienza che gli artefici sono solo ragazzi.

Un romanzo che mi ha tenuta incollata alle sue pagine, sebbene  il desiderio di chiudere con tutto quel dolore fosse forte.




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