Il treno dei bambini, edito da Einaudi, è il terzo romanzo della scrittrice partenopea Viola Ardone.
Nel 1946 il partito comunista, per aiutare il sud Italia impoveritosi dopo il secondo conflitto mondiale, decide di far partire treni da tutto il Mezzogiorno per far trascorrere alcuni mesi al Nord a migliaia di bambini meridionali.
Amerigo, nel 1946, è un giovane scugnizzo napoletano, che vive con sua madre Antonietta una vita di espedienti, in attesa che il suo papà, che non ha mai conosciuto, ritorni dall’America.
Il bambino, consapevole che “nessuno nasce imparato”, è noto a tutto il rione come Nobèl perché come sostiene egli stesso: “Imparo in mezzo alla via: vado girando, sento le storie, mi faccio i fatti degli altri”.
Anche Amerigo, come molti suoi amici, salirà su uno di questi treni e trascorrerà qualche mese a Modena presso la casa di Derna, una donna sola che ha dedicato la sua vita al partito e, benché ruvida, darà a quel bambino tutto l’affetto materno che sua madre non era stata capace di dargli. In fondo l’affetto si insegna e se non lo riceviamo non sappiamo riversarlo sugli altri.
Conoscerà l’abbondanza, materiale ed affettiva, scoprirà di avere un talento e ritornato a Napoli si sentirà per sempre spezzato in due metà, così come molti bambini che hanno vissuto le sue vicende. E nonostante la paura, rendendosi conto che “la fame non è una colpa ma un’ingiustizia”, cambierà il proprio destino.
Avevo già apprezzato le capacità affabulatorie di Viola Ardone in Olivia Denaro, ma con Il treno dei bambini la scrittrice napoletana ha raggiunto livelli altissimi. Non solo perché vi farà emozionare ad ogni pagina, soffrendo e gioiendo con il piccolo Amerigo; ma avrete la sensazione di essere seduti in un basso napoletano mentre Amerigo vi racconta le sue vicende.
Mi permetto di suggerire questo approfondimento sul metodo "creativo" dell'Autrice del romanzo: https://giorinaldi.com/2020/12/03/chi-e-amerigo-de-il-treno-dei-bambini-di-viola-ardone/
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