SENZA PAURA
Gli investigatori partono da Mei, la figlia dei cinesi. L’Unità per i crimini seriali si riunisce a Ischia. A Costa Paradiso in quel momento c’è ben poco da fare, se non attendere gli sviluppi del caso per salvare anche Bea Costanzo…lo sperano tutti, lo sperano con tutto il cuore: domani sarà il quarto giorno, più passa il tempo più calano le speranze di ritrovare vivi quei ragazzini. Anche questo lo sanno tutti. A meno che…Sir James non c’abbia preso al primo colpo anche stavolta.
Se il vecchio criminologo ha ragione, Bea Ciccio Shanty e Mei sono al sicuro nelle mani del loro rapitore e vanno indagate invece le famiglie:
- Dobbiamo concentrarci su eventuali abusi domestici – dice Sir James nella grande sala riunioni del commissariato di Ischia.
Ci sono tutti: Marco, Penelope e Senese per l’UCS. La vicequestora Migliore e l’ispettore Carbone per la polizia locale. Non vola una mosca, nessuno si prova neppure a fare mezza domanda. Il tempo stringe e altre strade da battere non ci sono. Bisogna fidarsi dell’esperienza e del fiuto del dottor Winterbourn.
Un po’ come sempre, pensa Marco.
In fin dei conti…non è quello che facciamo sempre?
- Ok, va bene. Si fa come dice Sir James – conferma alla fine di quell’interminabile silenzio e poco ci manca che senta i sospiri di sollievo della Migliore e di Carbone per il peso che gli viene tolto dalle spalle, la responsabilità di prendere loro una decisione del genere, loro che sono i veri titolari di quell’indagine, mentre l’UCS li affianca come fa sempre l’unità speciale di Ranieri in questi casi.
- Dobbiamo divederci le famiglie – dice a quel punto la vicequestora per recuperare un po’ di autorità, ma non aggiunge altro.
Ranieri annuisce: - I primi da rivoltare come un calzino sono i parenti dell’ultima bambina rapita… -
- I cinesi? – chiede Carbone.
Sir James lo corregge: - Attenzione, my friend…La piccola Mei Cheng è l’ultima bambina di cui siamo venuti a conoscenza, ma non è detto che sia stata rapita per ultima –
Marco riponde irritato al suo mentore: - Questo lo sappiamo, sir James, ma non possiamo fare altrimenti. I Cheng…e dopo di loro i Tumbaco, sono le due famiglie più problematiche in questa indagine…gente inaffidabile e pronta a delinquere –
- Quanti luoghi comuni! – lo bacchetta Winterbourn, ma Ranieri non vuole sentire ragioni. Punta un dito su Carbone:
- Ispettore, tu con me…sulla famiglia Cheng. Senese e Penelope si continuano ad occupare del presente e soprattutto del passato dei Tumbaco -
- Cioè quando stavano a Roma? – chiede sbuffando Antonio Senese.
- Cioè tutto! – urla Ranieri - …Ischia, Roma, tutto quello che ha combinato quella testa di cazzo dello zio Hernan e dei suoi nipotini. I rapporti con Letizia Buonomo e tra la figlia dell’onorevole, come si chiama? –
- …Roberta – borbotta Senese.
- Esatto, i rapporti tra Roberta e Scarlet Tumbaco. Le due ragazzine sembrano simili ma non lo sono. La figlia dei Buonomo è succube della personalità di Scarlet. La giovane Tumbaco è più aggressiva, più sicura di se, è una provocatrice nata e sa usare la sensualità del suo corpo per avere quello che vuole –
- La figlia dell’onorevole è innamorata di lei, sono due cazzo di lesbiche – borbotta di nuovo Senese.
Sir James allarga le braccia: - Che spettacolo! La fiera del perbenismo razzista…qui in commissariato! Mi date il voltastomaco, ragazzi –
Marco lo guarda offeso ma poi s’ammorbidisce e annuisce:
- Sir James ha ragione…come sempre. Andiamoci piano. Antonio e Carbone, lo dico soprattutto a voi –
- E ti pareva! Perché noi siamo i gorilla ignoranti, non è vero? – si lamenta Senese. Ranieri non fa sconti:
- Si, esatto. Proprio per questo. Andateci piano, non cadiamo nell’errore di dare per scontate tante cose…laputtanella sudamericana, la ragazzina italiana ingenua e in cerca delle prime esperienze, eccettera ecctera… -
A quel punto la Migliore non vuol’essere tagliata fuori dalle indaigni sul campo. Vista la piccola lavata di testa al suo ispettore, non le va e non si fida di essere rappresentata da Carbone in quell’indagine:
- Noi qui in centrale cosa facciamo, dottor Ranieri? –
- Lei e sir James manterrete i rapporti con le due famiglie piu’ tranquille, dottoressa. Quelle sempre reperibili e con le quali si puo’ parlare senza correre dietro a nessuno dei loro componenti –
- I Buonomo e i Costanzo? – Marco annuisce.
- Sono famiglie benestanti e in vista, non vogliono pubblicità. Una persona come lei, una donna accorta come lei, dottoressa… - la blandisce furbamente Ranieri - …è quello che ci serve –
Il capo dell’UCS congeda tutti e si tira dietro l’ispettore Carbone. E’ la mattina di un nuovo giorno, forse l’ultimo, forse quello decisivo.
Vanno prima dal pubblico ministero: il giudice ha appena firmato i mandati di perquisizione e una corposa cartellina di cartone scuro passa di mano. Ranieri ringrazia il magistrato senza perdersi in formalità.
Appena sono in strada su un auto senza insegne, chiede al collega di portarlo a casa dei Cheng: - Ci dividiamo anche noi. Mandami qualche agente dai cinesi. Tu vai alla scuola media, parli con i professori e i compagni di classe della piccola Mei –
Dopo venti minuti, in zona Punta Caruso, proprio all’inizio del boschetto di Zaro, l’ultimo polmone verde di Forio, sembra ci siano i fuochi d’artificio in piano giorno. Invece non fanno alcun rumore: sono le luci lampeggianti, rosse e blu, di due volanti della polizia e dell’auto di Carbone. Le fronde degli alberi coprono il timido sole e nelle grandi zone d’ombra del boschetto quelle luci che roteano non fanno altro che comunicare ai vicini di casa dei cinesi un solo messaggio:
pericolo! pericolo! pericolo!
La villetta dei Cheng è carina, ma non enorme. Tutta bianca, immersa nel verde. Ranieri bussa al citofono, di finaco al cancello elettrico. Telecamere a circuito chiuso lo riprendono da ogni angolazione: i cinesi vogliono sapere in anticipo chi li cerca, spiare ma non essere spiati.
- Polizia, signora Cheng! –
Lian Cheng non fa storie, s’aspettava la visita. Il cancello nero si apre lentamente e gli agenti in divisa fanno irruzione nella villa. Marco mostra tesserino e mandato firmato dal pm. Ha inizio la perquisizione dell’intera abitazione: gli agenti rivoltano ogni stanza da cima a fondo, come fossero calzini; entrano nei bagni, tirano fuori gli abiti dagli armadi, la biancheria dai cassetti e l’intimo dai tiretti dei comodini. S’infilano negli sgabuzzini e nella dispensa in cucina. Nelle camere da letto prendono un souvenir di ognuno: gli spazzolini da denti dei signori Cheng, un grande orsacchiotto di peluche nella camera di Mei…è il suo perferito. Poi entrano nell’altra stanza, quella che forse è assegnata agli ospiti…eppure non sembra. Pare che qualcuno ci abbia vissuto per breve tempo, negli ultimi giorni: nell’armadio abiti larghi e sgargianti, t-shirt sformate di squadre di basket, baschi e cappellini da baseball, jeans e pantaloni a vita bassa…tutto il repertorio del perfetto guerriero di una mara-gang, le bande di latinos che proliferano da qualche anno anche in Italia, le pandillas, batterie di criminali delle quali ha fatto parte anche lo zio Hernan…ma com’è possibile? si chiedono gli agenti: è la villetta dei cinesi quella, non c’è nessun latino che vive li…o no? La stanza viene ribaltata da cima a fondo, la ricerca continua in modo frenetico e certosino, viene controllato ogni angolo, strappata la carta da parati e i fili del telefono da vicino al muro. In una cassettiera di medie dimensioni, sotto a canottiere e polo ordinatamente piegate, vengono ritrovate altre prove indiziarie. Ma fondamentali.
Una divisa azzurrina, con sul petto una tasca blu notte dove riporre penne matite e piccoli attrezzi, un cappello con visiera bianca, un giubbotto grigio con una scritta blu sulle spalle: SERVIZIO DI PULIZIA. E’ la divisa dei bidelli della scuola…si, ma di quale scuola?
Ranieri intanto s’intrattiene con la signora. E’ sola, il marito è a lavoro come al solito: niente turba la loro inossidabile, ossessiva routine, neppure il rapimento e la scomparsa della loro unica figlia. O meglio, dentro di loro ribollono di terrore e angoscia, ma all’esterno…davanti alla gente, la famiglia Cheng non mostra nulla.
Non vuole, non deve. Ghiaccio e porcellana.
- Quanti anni ha Mei, signora Cheng? –
- Dodici – esordisce Lian – ormai è quasi una signorina –
Ranieri sgrana gli occhi. Non se l’aspettava, non l’aveva capito dai verbali oppure l’informazione gli era sfuggita?
- Credevo fosse più piccola –
- Credeva? – lo bacchetta la signora Cheng – Cosa state facendo per trovare mia figlia, dottor Ranieri? –
- Tutto quello che è in nostro potere, signora. Ma serve l’aiuto della famiglia. Il momento di parlare…di dirci tutto, signora…proprio tutto, è questo –
- Non le stiamo nascondendo nulla, dottor Ranieri –
Marco decide che quello è il momento di prendersi la sua piccola rivincita. Forse non ha avuto il tempo di star dietro ai verbali stilati dalla polizia locale con la perizia certosina che lo contraddistingue di solito, ma i particolari salienti, quelli importanti, quelli che possono portare alla soluzione del caso, non gli sfuggono mai. Il ritmo di quell’indagine è stato impossibile, qualcosa di inumano, gli eventi si sono susseguiti e accavallati in maniera frenetica. Ma Marco è troppo allenato, ha troppa esperienza e le sue doti dettutive si sfamano di situazioni di pericolo estremo come quello: non ci casca in quella seconda falla, schiva quel buco nero e mette la signora con le spalle al muro:
- Invece io dico che ci state mentendo, signora Cheng…per la seconda volta! –
- Di che diavolo parla?! – sibila Lian.
- Chi è Teo? – chiede il capo dell’UCS a bruciapelo.
- Teo è…nostro figlio maggiore –
- Avete un figlio piu’ grande di Mei, perché non ce l’ha detto? –
- Voi…voi non avete il diritto di umiliarci in questo modo! – la voce le trema – Che importanza può avere? Teo…è in Cina, non qui a Ischia –
- Ne è proprio sicura, signora Cheng – chiede Marco con un filo di voce. Fa freddo quella mattina, un freddo che ti entra nelle ossa.
Il giorno dopo quello della perquisizione e del gran casino scatenato a Zaro intorno alla famiglia Cheng (i vicini sono impazziti di curiosità, tutti fuori ai cancelli e ai balconi delle villette vicine, hanno scatenato i pettegolezzi), la dottoressa Penelope Arce, a capo del reparto scientifico dell’Unità per i Crimini Seriali guidata da Marco Ranieri, esce fuori dalla camera sterile dove ha lavorato coi suoi collaboratori per tutto il giorno.
Ha allestito per l’ennesima volta, nella sua lunga carriera, un laboratorio d’analisi di fortuna in una delle stanzette del commissariato di Ischia: niente di eccezionale, il minimo indispensabile, lavoro d’emergenza perché il tempo stringe e serve quel tanto che basta a confermare cio’ che poi le diranno nel dettaglio le analisi comparate fatte nel loro grande laboratorio di Roma, sede centrale UCS.
Tira fuori il cellulare dalla tasca del camice bianco e si toglie gli occhiali.
Compone il numero del suo capo e non si perde in chiacchiere:
- Marco? Si, ho i risultati delle analisi sul sangue rinvenuto su quella cartina della Cina…E’ della piccola Mei. Puoi dire alla madre che le restituiremo l’orsacchiotto di peluche già stamattina -
Mi stanno addosso, lo so. Ormai manca poco e questa storia sarà finita.
Sono stanco, non mi dispiace…anzi ne sono quasi felice. Non poteva andare avanti in eterno: quello che dovevo fare l’ho fatto. E poi sono un professionista, non lo faccio né per soldi né per piacere. Non sono un mostro psicopatico come quello a cui danno la caccia i geni della polizia che hanno fatto venire da Roma…Ranieri, quella bellona della Scientifica e tutta la loro squadra di profilers…non c’entro nulla io con loro. Non sono neppure un affarista, un sequestratore da quattro soldi che nasconde i bimbi nelle grotte per farsi pagare un riscatto…per carità.
Lo faccio per un motivo ben preciso, è una missione la mia: accendere la luce, girare i riflettori e puntarli esattamente addosso a chi se lo merita, quelli che a questi ragazzini hanno fatto davvero del male. Uno solo degli esperti criminologi ci ha visto giusto, ha capito tutto quello che stava accadendo: quel vecchio inglese, quel dottor Winterbourn che si portano dietro. Ma anche lui non è riusito a smascherarmi…
Nessuno di loro sa chi sono. E come potrebbero? Io non esisto.
Pero’ adesso sanno dove ho fatto base in questi anni, con chi ho vissuto, chi mi ha coperto. E’ iniziato tutto con la famiglia Cheng…quei cinesi del cazzo non se l’immaginavano neppure chi s’erano messi in casa, anzi nel loro bel negozietto…a lavorare come commesso, a staccare scontrini dietro la cassa.
Hanno aperto più di un annetto fa. Mi sono presentato in negozio e ho chiesto se avessero bisogno. Che fai? Faccio tutto, qualsiasi cosa di cui avete bisogno…
Tutto tutto? mi ha chiesto quella ninfomane di Lian Cheng.
Tutto! le ho risposto con un sorriso, senza esitare…Posso spazzare a terra, scaricare la merce, servire i clienti o stare alla cassa, qualsiasi cosa!
E se ti chiedessi qualcosa di più? mi ha chiesto la signora.
Sono un bel ragazzo, non lo nascondo. Mi alleno, il fisico è tonico, non fumo, non bevo, non giro di notte. La notte è per i criminali e io non lo sono.
Così mi hanno assunto in negozio. All’inizio ho mantenuto un profilo basso: il signor Cheng, cornuto patentato, non mi dava fastidio, non mi chiedeva niente di particolare. Si vedeva che era uno di quelli della vecchia scuola: fedeltà al partito, al governo cinese, e tolleranza sulla vita occidentale tanto amata dalla moglie…tanta, tantissima tolleranza. Si girava semplicemente dall’altra parte, fingeva di non vedere quello che combinava la signora Lian. Poi lei ha cominciato ad invitarmi a casa: piccole commissioni, la spesa, potare le piante in giardino, inaffiarle…poi ha cominciato a chiedermi di innaffiare lei. E se torna tuo marito? le chiedevo all’inizio facendo finta di essere terrorizzato. Ma lei scoppiava a ridere.
Non vedi che dormiamo anche in camere serparate? Non stiamo più insieme già da anni io e il signor Cheng, mi diceva Lian…e inendeva insieme proprio in quel senso.
Così divenimmo amanti. Non la definirei proprio una relazione, diciamo più un contratto d’affari: do-ut-des. A me serviva un posto tranquillo in cui stare, un posto dove a nessuno sarebbe venuto in mente di venirmi a cercare. A lei serviva il mio cazzo, più volte al giorno. E magari non solo il mio, questo non l’ho mai saputo.
Lian è una sessuomane, una nifomane assetata di rapporti carnali, è fatta così.
Ma fuori dal letto: niente confidenza, zero, nulla, neppure un tremolio del labbro. La signora Cheng mantiene un contegno impeccabile, imperturbabile, non si lascia minimamente sorprendere e non desta sospetti nella gente. Anche se il paese è piccolo e, si sa, la gente mormora comunque…le cose si vengono a sapere.
A me non importava, a me serviva solo che i riflettori non fossero puntati su di me.
Ma su di loro.
Pian piano ho cominciato a frequentare la casa dei cinesi, della riservata famiglia Cheng, a tutte le ore…anche di sera, anche quando il marito, il serioso e grigio signor Wu, era in casa con noi. Lian e Wu hanno una figlia, una ragazzina deliziosa e intelligentissima. Si chiama Mei. Purtroppo Mei ha dei problemi, diciamo così…Potremmo definirli problemi caratteriali, di relazione.
Tutte stronzate!
In realtà Mei è una delle tante vittime di violenza domestica in Italia e nel mondo: na minore abusata, una figlia violentata sessualmente e poi blandita, inibita, umiliata. Ecco da cosa nascono i problemi di questa deliziosa ragazzina…dal fatto che le hanno distrutto la vita! Come a me…esattamente come hanno fatto a me. Ci è successa la stessa cosa a me e alla piccola Mei: traditi da coloro i quali avrebbero dovuto proteggerci, quelli nei quali avevamo riposto la nostra massima fiducia!
Le statistiche non mentono, non sono luoghi comuni: l’uomo nero esiste, il problema è che nella maggioranza dei casi vive con noi, al massimo alla porta accanto. E’ un amico di famiglia, un parente, uno zio…o addirittura uno dei nostri genitori.
Dopo un solo mese di frequentazione della casa dei cinesi, avevo già scoperto quello che non avrei mai dovuto sapere: il signor Wu, il padre coscienzioso che viveva solo di lavoro e faceva ogni sera i conti alla cassa, l’uomo serioso e grigio che non si concedeva neppure un caffè al bar e la sera si rintanava nella sua villetta bianca nel bosco di Zaro, lontano da tutti…quel gran figlio di puttana aveva un segreto, il più orribile dei segreti. Di notte, spesso si alzava e andava nella cameretta di sua figlia.
Mei, 12 anni, cominciava a tremare appena vedeva il riflesso della lucina da notte battere sulle lenti degli occhiali di suo papà. Il signor Wu le si infilava a fianco, nel lettino e, senza dire una parola, le prendeva la mano e se la infilava nel pantalone.
Ssssh…piccola Mei, non urlare…non aver paura!
Non dire neppure una parola, perché questo è il tuo papà e non ti sta facendo nulla di male. Come potrebbe? Come potrebbe il tuo papà, che ti vuol bene, farti del male?
Questo è amore, è un gesto d’affetto…il tuo papà è timido, lo sai…è un signore così timido che non è capace di dirti quanto ti vuol bene. E allora…allora viene a farti una carezza di notte, qualche volta. Solo qualche volta.
Ma invece di diminuire col tempo, le visite notturne di Wu Cheng a sua figlia aumentarono: dalle carezze e le mani nelle mutande si passò a qualcosa di più. All’orrore non c’era limite, non c’era fine. La piccola Mei si trasformò da bambina in giovanissima adolescente, sempre convivendo con quell’angoscia:
Verrà? verrà anche stanotte a trovarmi…il mio papà che mi vuole così bene?!
A Mei non è mancato nulla in casa. I Cheng sono diventati ben presto benestanti, il commercio andava a gonfie vele e loro erano arrivati già belli carichi di quattrini dalla Cina. Insomma la ragazzina ha fatto una vita più che agiata. Suo padre, roso dal senso di colpa, non ha lesinato: gli abiti migliori, gli accessori, i gadgets, gli hobby che piu’ le piacevano…e poi, a scuola come una principessa, sempre accompagnata!
Ma tutto questo non è bastato: ben presto la giovane Mei è andata in pezzi.
E io ero la, mentre sua madre si girava dall’altro lato facendo finta di non vedere, di non capire cosa stesse succedendo. Io ero là!
L’unico, il solo pronto a raccogliere quei pezzi e rimetterli insieme.
Ho cominciato a parlare con lei. Mei è intelligente, ma il velo di dolore che si porta sulle spalle le pesa troppo…o meglio le pesava, perché io – pian piano – l’ho liberata da quel dolore. La ragazzina aveva sviluppato nel tempo una forma di masochismo ossessivo compulsivo. A seguito delle violenze sessuali subite dal padre, Mei è diventata una giovane donna piena di complessi. Ama essere umiliata. Ha proposto anche a me cose oscene, indicibili: mi ha chiesto di toccarla, di picchiarla, di farle male e prenderla con la forza. Mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere penetrarla…Ho dovuto fermarla, spiegarle prima dolcemente e poi con forza che tutto quello era sbagliato, anche se lei – in quel preciso instante – fosse convinta che le piacesse. Mi ha detto che non poteva andare avanti così, non sapeva più chi era né cosa volesse dalla vita.
Portami via – mi ha detto un giorno la piccola Mei – Portami via di qui!
Le ho detto che l’avrei fatto, ma ad una condizione: che loro pagassero!
Chi le aveva fatto del mal doveva pagare per quell’orrore.
Mei ha scosso il capo e mi ha detto, guardando dall’altra parte:
Non mi interessa…fai quello che vuoi.
E io l’ho fatto.
Il commissario Antonio Senese ferma l’auto senza insegne fuori all’istituto superiore che frequenta Cholo Tumbaco, a distanza di sicurezza, in modo che non possano vederli. Seduta al suo fianco, occhiali da sole e camicetta scollata sulle grosse tette, c’è la dott.ssa Penelope Arce, la regina dell’analisi scientifica dell’UCS. Senza di lei tanti aspetti di quella dannata indagine sarebbero ancora in alto mare.
Antonio lo sa, la stima ma ne è anche intimorito e geloso, storia vecchia all’interno della squadra di Ranieri, un film già visto ma che non impedisce ai due colleghi di punzecchiarsi.
- Il ragazzo sarebbe quello lì? – chiede Penelope indicando Cholo Tumbaco, che esce da scuola allo scoccare delle 13.15, trascinando i piedi stanco e scocciato.
- Perché, non ti piace? – la provoca Senese – E’ pure sudamericano come te! –
- Io sono italoargentina, cretino. Il ragazzo è salvadoregno –
Senese sbuffa e s’accende un sigarillo: - Eh vabbuò! Una faccia una razza, si dice così? –
- Come no…si dice anche vaffanculo, Antò! Adesso vogliamo scendere e portarlo in centrale o dobbiamo passare la mattinata insieme in quest’auto di merda? –
Senese si volta a guardarla, facendo finta di essersi offeso:
- Mamma ‘ro carmine…e come stai! Più acida del solida, la nostra dottoressa, te l’hanno già dato il premio simpatia per oggi o lo devi passare a ritirare? –
Penelope sbuffa, gli regala un sorriso capace di incenerire un bisonte e poi scende dall’auto senza aspettarlo. In quel momento succede il piccolo imprevisto: Cholo Tumbaco si sfila dal gruppo dei compagni che escono da scuola e s’appoggia a un muretto basso, di fianco alla lunga ringhiera sporca in ferro battuto, che corre tutt’intorno.
- Che cazzo fa? – chiede Senese che ha raggiunto la Arce.
- Aspetta qualcuno – dice Penelope – Vedi? Si, guarda intorno –
Arriva un tizio vestito da bidello, la solita uniforme anonima e triste dal tessuto logoro e i colori smorti, un cappellino in testa ne coprono i capelli scuri. E’ un po' curvo, ingobbito, quando si china ancor di più per sussurrargli all’orecchio. Il ragazzone, figlio di Glory, ha una reazione scomposta ma non violenta: borbotta qualcosa in risposta al bidello, gli ringhia nell’orecchio e lo strattona, fino a sbatterlo sulla ringhiera che sovrasta il muretto. Il tizio lo lascia fare, evidentemente intimorito, non urla, non protesta. Ma Cholo lo molla subito, gli punta un dito contro e poi si gira e se ne va. Il bidello con la gobba fa una faccia triste, non dice una parola: si volta anche lui e scomapre dal lato opposto. I poliziotti non sono riusciti a sentire una parola di quello che si sono detti ma se l’immaginano: - ‘Sto coglione non la smette! – ringhia Senese - Soliti traffici dello zio Hernan! –
- Droga? – chiede Penelope
- Sicuro! Leggera o pesante poco importa, non c’abbiamo il tempo!
Forse è anche passato di mano qualche minuscolo sacchettino di cellophane o una pallina di carta stagnola, ma gli sbirri non se ne sono neppure accorti. Penelope scuote il capo, sono lì per tutt’altro motivo.
- Cholo Tumbaco, polizia! – gli dice sul grugno Senese.
Il ragazzo si volta di scatto e si mette a correre: travolge alcuni compagni di scuola che sostano sulle gradinate davanti all’istituto. Due ragazze urlano spaventate. Cholo supera con un balzo il muretto basso con ringhiera e prende in volata uno spiazzo in terra battuta che i prof di educazione fisica usano come campo da gioco. Senese bestemmia:
- Porca puttana! E chi cazzo ce la fa a stargli dietro? – Penelope ce la fa.
La dottoressa Arce s’è lanciata all’insegujmento senza pensarci un attimo. Cholo si trova davanti un signore con gli occhiali, forse un professore. L’uomo gli ordina di fermarsi e tenta di bloccarlo. Il giovane Tumbaco si libera abilmente dalla morsa, chinandosi in avanti e facendo poi una mezza rotazione su se stesso. Si ritrova alle spalle dell’uomo che è rimasto sbigottito: non gli da il tempo di rimettere a fuoco la situazione e lo colpisce con due cazzotti dietro la nuca.
L’uomo di mezza età barcolla e cade in ginocchio: Cholo gli sferra un calcio nelle reni senza alcuna pietà, con rabbia gratuita. Il professore stramazza nella polvera a faccia avanti, privo di sensi. Ma quella breve battuta d’arresto basta e avanza a Penelope per essere addosso a Tumbaco. Gli arriva da dietro come una furia e lo travolge. Cadono a terra entrambe. Poi Cholo riprende il controllo del suo corpo: si rialza di scatto e prova a colpire la Arce prima con due pugni e poi con un calcio rotante al volo. Penelope schiva i primi due e prende il calcione sul braccio destro, usato come scudo a schermarsi il viso. Poco male, il dolore si fa sentire ma lo esorcizza immediatamente: risponde con un paio di colpi a palmo aperto che beccano il ragazzone dritto in faccia. Il nasco sprizza sangue, lui tenta di tamponarlo con le mani e Penelope sfrutta quell’attimo per colpirlo con un cazzotto al plesso solare. Cholo non ci vede più e crolla in ginocchio. La dott.ssa Arce estrae la pistola e glie la punta contro. Senese sopraggiunge col fiatone e lo ammanetta.
Il ragazzo, con la t-shirt imbrattata di sangue, scoppia a ridere:
- E con questa so’ tre…ma che stiamo su Scherzi a Parte? –
- Se continui a fare lo stronzo lo scherzo te lo faccio io ma non ti piacerà – lo minaccia il commissario – Avanti, cammina! –
- Dove? –
- In commissariato –
- Ah no! Non sono obbligato, non ci vengo…-
- Ci sono sviluppi importanti, è meglio per te che ci vieni, bello mio –
Cholo ci pensa, non è così sveglio: - Mmm…e se non ci vengo? –
Stavolta è Senese a scoppiare a ridere: - Non ti conviene scoprirlo –
Cholo li segue, di mala voglia, strascicando di nuovo i piedi a terra.
Mentre Cholo, pesatato e sanguinante, aspetta nella saletta degli interrogatori, in un piccolo ufficio dalle pareti bianche scrostate e ricoperte di vecchie mensole imbarcate, ricolme di faldoni legati coi lacci, il commissario Antonio Senese e la dott.ssa Penelope Arce, seduta sul bordo della squallida scrivania, hanno di fronte i signori Tumbaco, Antonio e Glory, genitori di Cholo Scarlet e della piccola Shanty.
Senese ha ancora il fiatone, la Arce è impeccabile. I Tumbaco adesso sono terrorizzati: quello che si era trasformato nell’ennesimo fastidio a causa dello zio Hernan, fratello di Antonio, che nella vita non aveva fatto altro che coprirli di vergogna, si era trasformato in una montagna di merda per la famiglia di latinos: rabbia, dolore, angoscia e infinita preoccupazione…i due figli grandi coinvolti nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti messo in piedi da quel delinquente dello zio…e la figlia minore, la piccola Shanty, la principessina di casa, rapita da chissà chi! I Tumbaco rimpiccioliscono sulle sedie a vista d’occhio, tenendosi per mano. Glory piange, Antonio guarda per terra.
Senese non ne può già più di quella famiglia incasinatissima e disperata: - Allora, signori…ci sono novità –
- Ancora? – chiede rabbiosamente tra le lacrime Glory – Se…se avete trovato la mia bambina morta, ditemelo subito! –
Senese scuote il capo: - Niente di tutto questo, signora Tumbaco. Per prima cosa, la signora Letizia Buonomo ha confessato di aver acquistato droga da Hernan Tumbaco…ovviamente la signora non parla di festini o di spaccio in mezzo ai suoi amici altolocati –
Glory fa una smorfia: - Li ho visti io…puttana, lei e gli altri! –
Senese scuote una mano: - Lei parla di uso personale, ma è comunque indagata. Inoltre ha tenuto fuori i vostri figli, nega di aver mai ricevuto sostanze da Cholo o Scarlet…e naturalmente nega di aver avuto rapporti sessuali con vostro figlio. Si andrà a processo, i ragazzi sono minorenni, deciderà il giudice…-
- Hernan che fine farà? – chiede Glory.
- Il giudice ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare. Suo fratello è recidivo e accusato di vari reati. Resta dentro, Antonio –
Tumbaco alza lentamente la testa, gli occhi iniettati di sangue, regala agli investigatori un sorriso carico di dolore:
- Gli sta bene, non ne possiamo più di quel fallito senza vergogna! Questa è la prima buona notizia che sentiamo da tempo. Mi risparmia…tante cose brutte – taglia corto il capofamiglia latino.
- Di che parla, signor Tumbaco? – chiede Penelope, anche se lo sa già.
- Di che parlo?! Ha coinvolto i miei figli nel suo schifo di traffici, li ha trasformati in due spacciatori in cerca di soldi facili! Quando io, invece, ho insegnato loro sempre e solo che nella vita si guadagna col sudore e col lavoro –
- Insomma, se fosse tornato a casa sua ci avrebbe litigato, è questo che intende? – Tumbaco stavolta scoppia proprio a ridere.
- Litigato?! Dottoressa, l’avrei sbattuto fuori appena metteva piede in casa e se parlava, se diceva anche una sola parola…forse l’avrei ucciso! Sangue del mio sangue, non mi interessa più…l’ho fatto una volta, posso rifarlo ancora, non ho più niente da perdere ormai! –
Penelope gli poggia una mano su una spalla:
- Ha da perdere Shanty, sua figlia, Antonio. Dovete aiutarci –
- Aiutarvi, sempre aiutarvi! Cosa cavolo possiamo fare di più?! – urla Glory – Avete distrutto la nostra vita e la nostra famiglia, vi abbiamo detto tutto quello che sapevamo sui ragazzi scomparsi, sui Buonomo…cosa volete ancora da noi? Cosa! –
- Una cosa non ce l’avete detta – dice a bruciapelo Senese.
- Cosa? – chiede Glory, facendo sobbalzare il grosso seno mulatto.
Ma il commissario ce l’ha col marito:
- Antonio, l’uomo che ha rapito tua figlai…quello che t’ha puntato la pistola addosso fuori alla scuola elementare, era italiano o straniero? –
Tumbaco balbetta: - Come…come cavolo faccio a saperlo? Era tutto coperto, occhiali da sole, cappellino, giubotto –
- Andiamo, Tumbaco! Sei un uomo di mondo, uno che ha girato…uno straniero lo distingui da un italiano da tante cose, no? La voce, il tono, l’infelssione, il modo di muoversi, di muovere le cazzo di mani…-
Tumbaco scuote il capo: - Può essere –
- Soprattutto se è cinese, te ne accorgi…non è così? –
- Cinese? – chiede il latino, sinceramente sbigottito.
- Eh, cinese…si, era cinese per caso? –
Tumbaco si stringe nelle spalle: - Non mi sembra, commissario…ma di che cazzo stiamo parlando? E chiedo scusa per il linguaggio! –
- Almeno le ricordava qualcuno, signor Tumbaco? – s’intromette in tono bonario Penelope Arce. La dottoressa ha concordato con Senese il copione dell’interrogatorio, prima che arrivassero i loro ospiti. Fin’ora ha funzionato alla perfezione: restano due atti ancora da recitare, quello che è quasi terminato e poi il terzo, l’ultimo, quello decisivo prima del sipario.
- Qualcuno chi? –
- Qualcuno che conosceva! Non necessariamente un vostro amico di famiglia…anche qualcuno che vedeva ogni giorno, un viso familiare, una figura che incontrava spesso perché magari faceva parte della routine della vostra vita…sul lavoro, a scuola dei vostri figli, al supermercato! – cerca di spingerlo con un po' più di veemenza Penelope e per un attimo teme di aver esagerato. Tumbaco aggrotta la fronte, ci pensa e ripensa e alla fine annuisce:
- Aspetti un attimo…la scuola, proprio dove eravamo, cazzo! –
- Che c’entra la scuola? – chiede Senese.
- Quell’uomo… - spiega Tumbaco – …quando mi ha affiancato ho avuto una strana sensazione, come di averlo già visto e anche spesso, anche senza conoscerlo…insomma come ha detto la dottoressa. Mi ci ha fatto pensare lei, proprio adesso. Somigliava al bidello –
- Un bidello della scuola elementare? La scuola di Shanty? –
- E’ la stessa ditta – spiega Glory – Una cooperativa, fornisce personale a quasi tutti gli istituti dell’isola…bidelli, donne delle pulizie…è possibile che io e mio marito l’abbiamo visto sia a scuola di Shanty che all’istituto superiore dove vanno Cholo e Scarlet, intiende? …voglio dire, fanno i turni. Ha capito? –
Senese e Penelope si guardano negli occhi. Ci siamo, ce l’hanno finalmente, è lui. Ne sono certi. Non resta che affondare per l’ultima volta il coltello nella piaga con quei due poveracci dei coniugi Tumbaco, affrontando l’argomento che li farà più soffrire. Ma è inevitabile.
Il commissario esce dalla stanza e va a dare la notizia a Marco Ranieri. Il capo dell’UCS, insieme alla vicequestora Migliore, dirameranno nuovi dati sul soggetto che cercano e nuovo identikit, il cerchio si stringe.
Entra Sir James Winterbourn. Il vecchio criminologo si siede di fianco alla dott.ssa Arce. Saluta educatamente i Tumbaco, regala un sorriso galante a Glory, ma poi non le stacca gli occhi di dosso:
- Signora, mi perdoni per la brutalità della domanda…lei mi è sembrata più preoccupata di suo marito del destino di Hernan Tumbaco. In fondo è solo suo cognato, quindi perché? –
Glory ridacchia:
- Lei ci spiava dottore? Ha sentito tutto quello che dicevamo? –
Sir James annuisce: - Naturalmente signora, è il mio lavoro. Non lo definirei spiare, però. Diciamo che ascolto…per capire –
La donna ringhia: - Ah si? E cos’è che ha capito, grande esperto! Che io e Hernan scopiamo? Che abbiamo una cazzo di relazione alle spalle del mio povero marito e dei nostri figli?! Lei è pazzo, altro che esperto! –
Il vecchio criminologo scuote il capo: - Assolutamente no, non penso nulla di tutto questo. Lei non ha alcuna relazione con suo cognato…al contrario, lei è preoccupata che torni a casa. Non vuole che quell’uomo metta piede di nuovo sotto lo stesso tetto dei vostri figli –
Glory applaude: - Che mago! L’abbiamo appena detto, dottore…non ne possiamo più! E’ da una vita intera che Hernan ci trascina nella sua merda di esistenza, ci rovina la salute coi guai che portano i suoi affari sporchi e adesso…adesso ci ha sporcato anche i figli! –
Ma Sir James scuote ancora il capo: - La droga non c’entra, signora. E’ qualcos’altro, non è così? Ce ne parli, Glory…lo butti fuori! –
- Cosa?! Ma di che parla??? – urla la donna, una reazione scomposta, esagerata. Sir James c’ha preso, lo capiscono tutti.
- Lo so io e lo sa lei, Glory. Ci parli di quello che Hernan ha fatto…o voleva fare alla vostra bambina –
La donna scatta in piedi come un pupazzo a molla, il viso madido di sudore: - Cristosantossimo! Ma come…come cazzo fa a saperlo? –
- Hernan non è mai stato amante di Letizia Buonomo, signori Tumbaco. Ormai l’abbiamo capito tutti. Se la signora ha sedotto qualcuno…stanca, annoiata e solo nella gabbia dorata che suo marito l’onorevole ha costruito intorno a lei e ai figli…quel qualcuno è vostro figlio Cholo, non lo zio. Hernan in realtà ha tendenze pedofile, giusto?
Glory scoppia di nuovo a piangere, urla, si nasconde il viso tra le mani.
Si vergogna, non vuole ascoltare, non vuole ammettere.
- Hernan ha abusato di Shanty? Forse l’ha solo molestata…quando la troveremo, ce lo diranno le analisi della dottoressa Arce. Voi non potrete sottrarvi, Glory…siete i genitori! Dovete dirci tutto…tutto quello che Hernan Tumbaco ha fatto alla bambina! –
- Non lo so neppure io! – urla disperata la donna - …Non lo so di preciso! Shanty…mi amor, mi reina! Non voleva…non ha mai voluto parlarne, si vergognava…ma io sapevo, avevo visto strani movimenti di quel lurido porco intorno a mia figlia. Un giorno l’ho sorpreso che…Dio mio! Era nella stanza della bambina, lei non c’era, ma lui…lui stava coi pantaloni calati, davanti al lettino e… -
- Si masturbava? – l’aiuta sir James.
Glory annuisce e piange disperata.
- E’ per questo che vostra figlia è stata rapita – dice il criminologo.
- Per questo? Non capisco, dottore – balbetta Antonio Tumbaco.
- L’uomo che l’ha presa – spiega Sir James – l’ha fatto per salvarla –
ROMA
Marco Ranieri è partito da Ischia immediatamente dopo aver diviso i compiti tra gli inquirenti, anche per lasciare un po’ di respiro alla polizia locale e alla collega vicequestora Angela Migliore, che ha diritto di dirigere l’indagine sul suo territorio di competenza. Mentre sir James e Penelope mettono sotto torchio i coniugi Tumbaco, il capo dell’UCS arriva a Roma. Supera il centro storico, esce dal primo anello dei palazzoni di periferia, scavalca le ville e le abitazioni eleganti del quartiere Trieste, e finalmente si ritrova sul grande vialone alberato che porta verso la villetta dell’onorevole.
Franco Buonomo lo aspetta al cancello: la situazione è molto diversa dalla prima volta che la famiglia dell’onorevole è stata messa all’angolo dalla polizia. In quel momento il piccolo Ciccio era appena scomparso, erano tutti sconvolti e furono presi alla sprovvista, diciamo così…pensa l’Onorevole. Stavolta no, stavolta sono pronti: hanno avuto lunghi colloqui privati col loro avvocato, Christian Pallante da Costa Paradiso, e hanno approntato una strategia difensiva. I Buonanno hanno definitivamente preso coscienza di non poter negare alcune cose e – su consiglio del proprio legale – hanno deciso di collaborare con gli inquirenti dicendo tutta la verità. L’onorevole, sua moglie, la loro primogenita Roberta, all’inizio erano convinti che tutto si sarebbe risolto in poche ore, che la polizia avrebbe ritrovato Ciccio e l’avrebbe riportato a casa sano e salvo. Nessuno di loro aveva intenzione di confessore nulla, di togliere il velo dai segreti – alcuni squallidi, indicibili, altri illeciti – della loro vita privata. I Buonomo pensavano a un fuoco di paglia, l’onorevole da squalo qual è pregustava già la possibilità di lucrarci addirittura politicamente sul rapimento del figlio, una volta che Ciccio fosse stato di nuovo al sicuro a casa sua, naturalmente. Ma non è andata così, purtroppo.
Il tempo è passato, del loro secondogenito non si hanno avute notizie, Ciccio è scomparso nel nulla, dopo la scuola. Volatilizzato! Così l’avvocato Pallante ha consigliato alla famiglia Buonomo di cambiare strategia: l’onorevole e sua moglie Letizia a malincuore hanno accettato e il colpo di grazia per la familgia è arrivato con le novità che il commissario Ranieri sta portando da Ischia.
I Buonomo possono già immeginarsele! Altri guai per loro, di sicuro…
Ecco Ranieri svoltare nel viale alberato privato della villetta dei Buonomo. L’onorevole fa cenno ai due uomini della sicurezza di richiudere il cancello automatico. Ranieri abbassa il finestrino elettronico e stringe la mano al politico. Buonomo è sfinito, scavato, dimagrito, gli occhi cerchiati dalle occhiaie e tic nervosi all’angolo della bocca: - Spero che questa storia finisca presto, dottor Ranieri! –
E’ quasi una supplica e Marco annuisce:
- Dipende anche da voi, onorevole –
La cooperativa per cui lavoro si occupa di fornire personale di servizio alle scuole, pubbliche e private. Pulizia, sicurezza, cose così. Molti ci confondono coi bidelli ma naturalmente non facciamo parte del personale ATA, quelli sono impiegati statali.
Io ho fatto di tutto per farmi assumere e, quando ci sono finalmente riuscito, ho potuto dare il via al mio piano. Prima di essere assegnato alle scuole dell’Isola d’Ischia, ho lavorato a Roma, scuola media inferiore, l’istituto di Ciccio Buonomo, il figlio dell’onorevole. Vestivo la solita squallida tenuta grigio-azzurra, portavo il solito cappellino con visiera, il nome della ditta sulle spalle. Ero anonimo come sempre, ingobbito, silenzioso, camminavo rasente i muri.
Nessuno mi ha mai notato, mai. Neppure quando è stato troppo tardi.
Io invece ho notato tante cose interessanti, fin dall’inizio e – quando ho avuto la confidenza e la fiducia di Ciccio – ho cominciato a fargli domande. Domande personali alle quali il ragazzino è stato felice di rispondere, anzi disperatamente felice! Come se vomitasse cibo avariato e si liberasse di qualcosa di velenoso che s’annidava nel suo stomaco, facendolo soffrire.
Ciccio si sentiva inadeguato come figlio di una persona importante: l’onorevole Franco Buonomo! Caspita…sei il figlio di un onorevole? E perché allora non c’hai questo e non c’hai quello? Perché non vai ai concerti, in viaggio, o semplicemente a cazzeggiare di qua e di la? Perché non ti fai comprare dal papi e dalla mami questo, quest’altro e quest’altro ancora??? I compagni di scuola non capivano! Lui non voleva essere diverso da loro…lui non voleva essere di più, anzi! Lui voleva l’esatto opposto: Ciccio voleva vivere tranquillo, voleva essere un ragazzo come tutti gli altri, figlio di genitori normali in una famiglia normale. Non sopportava niente della vita assurda del padre: gli orari, la scorta, i poliziotti fuori casa, le urla isteriche di suo madre e i silenzi di suo padre, coi soldi che volavano come fossero canarini in giro per casa, le assenze quando lui avrebbe voluto i genitori a fianco a se…e la presenza invece, asfissiante, inopportuna, inutile e finta, di entrambe i genitori proprio quando Ciccio voleva essere lasciato in pace, da solo!
Il commissario Ranieri e il suo consulente, il criminologo sir James Winterbourn, si accomodano sull’enorme divano bianco, invaso di grandi e soffici cuscini dalle tinte pastello, che troneggia al centro dello sfarzoso salone della villa dell’onorevole, pieno di mobili d’epoca, tappeti provenienti da ogni angolo del mondo tenuti fermi da prestigiosi tavolini in vetro e ceramica. La sig.ra Letizia è seduta di fronte a loro con una sigaretta in bocca: è smagrita, scavata, stanca, molto più trasandata dall’ultima volta che l’hanno vista. L’attesa la distrugge: suo figlio non si trova e adesso? Adesso quei maledetti poliziotti vengono a dirle che l’uomo che l’ha rapito non è il lupo cattivo ma…anzi, quasi un salvatore! che la colpa è la loro, della famiglia! Delle pervesioni illecite di cui si sono resi protagonisti, invece di crescere Ciccio in un ambiente sano e sereno.
- E’ così, inutile girarci intorno, lo ammetto – dice la moglie di Franco Buonomo e di colpo si sgonfia o meglio si distente. I due inquirenti vedono i tratti rigidi e scavati, gli zigomi spigolosi, rilassarsi, quasi sciogliersi in quella che è finalmente una piena confessione. Ammette le sue colpe, ha scelto così e in quel momento – pur nel dolore e nell’angoscia – si sente finalmente libera, libera di non fingere più di essere la brava mamma e la brava moglie, libera di dire al mondo intero che è una donna perversa e peccatrice, una di quelle donne che non si sanno trattenere, che amano godere sfrenatamente.
- Ammette cosa, signora Buonomo? – chiede Ranieri.
- Non mi renda le cose più difficili, dottor Ranieri. Almeno questo me lo concede? –
- Ammette di essere una cocainomane? –
- Ammetto di aver avuto delle dipendenze! –
- Che tipo di dipendenze, signora? – chiede Sir James, che non ha fretta.
Non hanno bisogno di conoscere nei dettagli i pruriti di Letizia Buonomo, ma il vecchio criminologo inglese sa che tutta quella squallida storia potrebbe aiutarli a ritrovare suo figlio Ciccio.
- Non avevo intenzione di andare in giro in auto di notte per…per procurarmi quello che cercavo! – sbotta lei.
- Parliamo di cocaina, signora Buonomo? – insiste Ranieri.
- Si, porca miseria…si! E’ contento? A volte ne facciamo uso…uso personale, io ed alcuni amici di cui naturalmente non ho nessuna intenzione di fare il nome. Adesso crocifiggeteci puri, falsi moralisti del cazzo, nelle vostre belle divise da poliziotti e coi vostri bravi tesserini da mostrare! Magari poi tornate a casa…e lo fate anche voi, non è così? –
- Le domande le facciamo noi, signora –
- Magari fate anche peggio, dottor Ranieri! …oppure lei, dottore? –
Sir James resta muto. Marco decide di cambiare discorso:
- Non esistono solo gli spacciatori e i pusher per strada, signora. Una come lei, del suo rango sociale, possibile che non ha trovato di meglio di…? –
- Hernan Tumbaco? – scoppia a ridere Letizia – Andiamo, Ranieri! Non mi faccia ridere, lei è un uomo che ha vissuto, sa bene come vanno queste cose! Magari nei film si vede la riccona nella sua villa che alza il telefono e per magia si presenta alla porta il fidato spacciatore dei quartieri alti, tutto impettito ed elegante nel suo abito firmato…Stronzate! Sono tutte stronzate e lei lo sa bene! Viviamo nel mondo reale, commissario…e nella realtà una come me, la moglie di un deputato con tutti gli occhi addosso, con la scorta sotto casa, uomini armati in giardino…non ha nessuna possibilità di contattare un tipo del genere. Mi sono dovuta accontentare, diciamo così…o meglio ho colto la palla al balzo, l’occasione! –
- E l’occasione sarebbe stata lo zio Hernan, perché Glory era la sua domestica? –
Letizia annuisce: - Da qui in poi la storia la sapete. Glory è una donna simpatica ed estroversa, un gran cuore, poveraccia. Mi ha presentato tutta la famiglia e così…non c’ho messo molto a fare due chiacchiere con Hernan Tumbaco e scoprire che, volendo, poteva vendermi quello che cercavo –
Sir James annuisce: - Di chi è stata l’idea di far portare la droga qui dentro dai due ragazzi dei Tumbaco, Cholo e Scarlet? –
Letizia si stringe nelle spalle: - Di Hernan…e vi confesso che all’inizio mi sono anche sentita in colpa, ma poi mi sono resa conto di non avere alcun potere su quella famiglia, capite? Glory era la mia domestica ma niente di più…non potevo infilarmi nelle cose loro e mettermi anche a fare i capricci su chi dovesse rifornirmi. Hernan, coi precedenti che ha e tutti quei tatuaggi orrendi, naturalmente era fuori questione. Inimmaginabile che un paio di volte a settimana, magari anche di più, passasse in mezzo agli agenti armati che fanno di scorta a mio marito, senza che la voce girasse e finissimo tutti dritti dritti nei casini…non so se capite. Mio marito… -
- E’ un parlamentare, certo. Ce l’ha già spiegato – la umilia Sir James – E così quando Hernan le ha proposto i due nipoti come corrieri ha pensato che non avesse il diritto di mettersi a protestare se i Tumbaco avevano deciso che andava bene, giusto? –
Letizia annuisce. Sir James pure: - Molto bene…ma ce dell’altro? –
La signora aggrotta la fronte: - In che senso, dottore? –
- Quando ha visto il ragazzo dei Tumbaco, il loro primogenito, Cholo, non ha pensato che fosse un bel giovanotto? Non ha pensato che in fin dei conti fosse un bene averlo per casa…che magari poteva sedurlo? –
Letizia butta i lunghi capelli biondi all’indietro e socchiude la carnosa bocca dipinta di rosso. Poi scuote il capo:
- Mi sono presa le mie responsabilità, dottore. Se le faccia bastare. Non ho intenzione di rovinare quel ragazzo ancora di più, quindi su questi pettegolezzi non diro’ neppure una parola…e non mi dica che c’entrano qualcosa col rapimento di mio figlio, perché è una cazzata! Solo una cazzata!!! Se volete farvi le seghe sulla mia vita privata, allora ve la dovete immaginare, cristo! – la donna scoppio’ a piangere.
Sir James parlo’ con voce pacata: - Non ci interessa la sua vita privata in quanto tale, signora. La mia domanda serviva a capire se qualcuno…qualcun altro al di fuori della famiglia…abbiamo potuto far del male a Ciccio qui, in casa sua –
Letizia s’asciuga le lacrime e balbetta: - Non…non capisco –
Il vecchio criminologo inglese le spiega pazientemente:
- La pista che seguiamo ci dice che questo predatore non rapisce i bambini per usar loro violenza, non è un pedofilo né un ricattatore, non vuole soldi, non chiede riscatti. Mi segue, signora? –
Letizia annuisce.
- Non resta che l’ipotesi opposta- conclude Sir James – Il rapitore si considera un buon samaritano, un salvatore, forse addirittura un angelo vendicatore. Salva i ragazzini che rapisce da violenze che subiscono in casa…o comunque nella ristretta sfera familiare e delle loro conoscenze più prossime –
- Oh mio Dio…è orribile. Voi davvero pensate che…uno di noi? Dio mio, siete pazzi, no non esiste! E’ una cosa che non riesco neppure a immaginare! –
- Magari il figlio di Glory, signora Buonomo. Ecco perché glie lo chiedevo. Il ragazzo, Cholo, approfittando dell’accesso in casa sua, non ha potuto far del male a Ciccio? –
Letizia scuote il capo: - Lo escludo, non si frequentavano né qui in casa né fuori. Cholo è molto più grande di Ciccio, lo considerava un moccioso probabilmente –
Sir James e Ranieri si guardano: non resta che una strada, non resta che una persona da interrogare. Ma prima bisogna chiarire anche coi Buonomo la questione del bidello. Letizia non si fa pregare: accende il suo pc portatile, cerca on line il sito della ditta di pulizie che si occupa di tenere in ordine la scuola di Ciccio. E’ una cooperativa che copre molte città del sud-Italia, o meglio lo faceva prima di alcuni tagli all’inizio dell’anno precedente. I due inquirenti guardano le foto che scorrono sul sito: stesso nome, stesse squallide divise, stessi cappellini blu scuro. Ovviamente non c’è la lista dei nomi dei dipendenti, sono tutti umili scopatori e lavapiatti, ma questo si risolve facilmente, ci andranno subito e scoveranno finalmente quel maledetto figlio di puttana. Ma prima devono sentire Roberta Buonomo. La maliziosa Roby, sorella di Ciccio e primogenita dei Buonomo, coi suoi pruriti adolescenziali e la sua intelligenza felina.
Il capo dell’UCS e il suo consulente inglese si rimettono in caccia. Vanno a caccia di ragazzini, una cosa mai fatta nella loro lunga carriera. S’infilano di nuovo a bordo dell’auto senza insegne di Ranieri e in poco più di mezz’ora arrivano al Liceo privato frequentato da Roberta Buonomo, la figlia dell’onorevole. La scuola media presso la quale studia suo fratello Ciccio è nello stesso istituto, in una palazzina giallastra di fianco. Sono scuole parificate, istituti per figli di gente ricca, tutta ovatta, comprensione per gli studenti e salatissime rette da pagare per i genitori. Quelli che i due investigatori vedono uscire al suono della campanella sono ragazzi cresciuti nella bambagia, ma non per questo meno astuti, infidi e pericolosi quando vogliono mentirti o metterti in difficoltà. E la piccola Roby è questa l’impressione che ha dato agli inquirenti la prima volta che l’hanno sentita: ha detto loro tante cose, tutte quelle che poteva dire, ma non completamente tutto. S’è tenuta per se alcuni segreti, cose personali.
- Buongiorno, cerchiamo Roberta Buonomo, la figlia di… - chiede il commissario Ranieri al portiere della scuola. L’uomo di mezza età annuisce e si guarda intorno:
- Roberta non è ancora uscita credo, non l’ho vista –
Marco e sir James si guardano per un attimo: - Lei resti qui, dottor Winterbourn – dice Ranieri e il vecchio criminologo annuisce.
- Ma…non dovrebbe esserci la scorta dell’onorevole? – chiede il bidello – Di solito la vengono a prendere loro! –
- Oggi la scorta siamo noi, my friend – gli risponde borbottando Sir James, mentre Marco gli mostra il tesserino:
- Polizia. E’ meglio per lei se collabora alla svelta. Quale classe? Quale piano? – Il bidello alza le mani come se fosse minacciato da un’arma e da tutte le informazioni a Ranieri. Il capo dell’UCS si fionda su per le scale, scarta di lato per far passare un gruppetto di studenti che lo guarda intimorito. Poi Marco raggiunge il piano, passa in rassegna le aule, una per una. Non la trova, cazzo…non la trova! Dov’è la maledettissima classe della figlia dell’onorevole? Finalmente svolta l’angolo e vede la targhetta sulla porta: 2° B…è questa!
Ranieri allarga la giacca per arrivare facilmente alla fondina ascellare. Poi si fionda all’interno dell’aula. Vuota…o quasi, fatta eccezione per uno studente a capo chino che sta confabulando con un insegnate, come se si stesse confessando. Hanno davanti un compito in classe che non dev’essere andato benisimo al ragazzo e la prof. gli sta propinando la sacrosanta ramanzina, una scena d’altri tempi – pensa Ranieri – ah, le scuole private!
- Polizia, dov’è Roberta Buonomo? –
La docente e il suo allievo sobbalzano all’indietro e impallidiscono.
- Dov’è Roberta, presto?! – ringhia Ranieri.
- E’…è già uscita, non lo so – balbetta il ragazzo.
- Provi in bagno, a volte si trattengono li’ per qualche minuto alla fine delle lezioni per…bè, insomma dobbiamo cacciarli fuori a volte –
Marco annuisce: - Grazie – dice alla prof e poi scompare, fiondandosi in volata lungo il corridoio, ultimo tratto, quello che porta ai bagni.
Arriva davanti alla porta di quello degli uomini. Nel corridoio non c’è anima viva, non un professore, non un bidello, la scuola sembra improvvisamente deserta. Marco entra: quattro lavandini e quattro porte, mattonelle bianche sporche d’impronte di scarpe e terriccio. L’ asciugamani elettrico alla parente manda aria calda, come se qualcuno l’avesse attivato pochi secondi prima. Ranieri si schiaccia contro la parete e apre le porte delle toilette, una alla volta…la prima, la seconda…nessuno. La terza, la quarta…poi sente un rumore.
Qualcuno sta piagnucolando da qualche parte, ma non lì dentro.
Ranieri esce dal bagno degli uomini e entra in quello delle donne. Il pianto è più forte e viene da dietro di una di quelle porte: la stanza è la gemella della prima, quattro lavandini, quattro toilette, l’asciugamani attaccato al muro. – Roberta…Roby, sei qui? –
Qualcuno singhiozza dietro l’ultima porta. Marco tira fuori la pistola.
- Polizia, sono il commissario Ranieri…Roberta puoi uscire se sei sola, non voglio farti niente, solo parlare…-
- La prego io… - la ragazzina balbetta parole incomprensibili, prima di scoppiare in un pianto disperato - …non è colpa mia, non volevo! –
- Sei sola, Roby? Chi c’è lì dentro con te? – chiede Marco per rubare qualche secondo e nello stesso momento spalanca l’ultima porta, senza dare il tempo alla ragazza di rispondere o a chiunque sia con lei di agire.
Ma Roberta Buonomo è sola in quel cesso: schiacciata con le spalle tremanti alla parete, i lunghi capelli castani sudati attaccati al collo, le scendono sulle spalle, scompigliati. Il viso rosso fuoco, terrorizzato, le labbra tremanti, la ragazzina è sconvolta.
- Cristo… - sibila il capo dell’UCS - …Calma, Roby. Adesso ci sono io, nessuno può farti del male. Calmati, esci da qui – le sussurra Ranieri con la voce più compassionevole che gli riesce. Roberta non si muove e scuote il capo:
- Mi ha minacciata…ha detto che è tutta colpa mia se ha dovuto prendersi Ciccio, perché io…noi…Ma era un gioco! Uno stupido gioco del cazzo! Non volevamo fargli del male! – urla disperata Roberta.
- Chi ti ha minacciata, Roberta? – chiede Marco, mentre rinfodera la pistola. Allunga una mano per afferrare il braccio della ragazzina e tirarla fuori da quel cesso lurido, ma Roby urla come una gatta selvatica, scuote il capo e con le unghie gli graffia l’avambraccio:
- No! NOOO!!! – geme con voce isterica - …Mi ha detto che devo confessare, devo dirlo a qualcuno…e va bene, vaffanculo! Non mi tocchi, cazzo…non mi tocchi! –
- Non ti tocco, Roby…cosa devi dirmi? – Ranieri fa un passo indietro.
- Io…io credo di essere omosessuale, voglio dire…lesbica. Mi piacciono le ragazze, ecco l’ho detto…è un reato? –
Marco scuote il capo: - Chi ti ha minacciato, Roberta? Dimmelo –
- Volevo solo essere…tragressiva, un po' più sexy per…per farmi piacere da lei. Volevo solo piacere a lei, cristosanto…è un reato anche questo? –
- Volevi piacere a Scarlet Tumbaco, è così? E’ di lei che stai parlando? Hai scoperto insieme a Scarlet di essere omosessuale me lei…lei non lo è, giusto? Ti sei sentita tradita, volevi stare con lei? –
Roberta piange disperata, abbassa la testa, i lunghi capelli le ricadono davanti agli occhi. Poi finalmente la giovane figlia dell’onorevole annuisce: si, è così, non c’è niente di peggio di prendere coscienza della propria sessualità – qualunque essa sia – e convincersi che sia sbagliata, che sia un’aberrazione, che sia una cosa che ti costringerà al dolore e ialla solitudine. Quella ragazzina è sconvolta, Marco lo sa, uscirà distrutta da tutta quella storia. Ma in quel momento non ha tempo:
- Avete fatto qualcosa a Ciccio, vero? Tu e Scarlet, magari per gioco…-
Roberta annuisce, alza la testa: - Era uno scherzo, non volevamo farlo soffrire. Invece quel bastardo è entrato qui dentro e mi ha messo una pistola alla gola, credevo volesse uccidermi! Ha detto che ho rovinato mio fratello, che…che è tutta colpa mia se ha dovuto portarlo via da noi, da casa nostra! –
- Cosa avete fatto a Ciccio, tu e Scarlet? – per la prima volta Ranieri molla la presa, solo per un attimo non continua a ripetere alla ragazzina di dirgli chi è stato a minacciarla. Chi è l’uomo che stanno cercando?
Non insiste perché crede di saperlo già.
- Noi…la prima volta l’abbiamo fatto solo guardare –
Ranieri deglutisce: - Ciccio è rimasto a guardare mentre…tu e Scarlet vi toccavate? Facevate sesso? – La ragazzina annuisce, gli occhi fuori dalle orbite. Sembra quasi che voglia sorridere ma non ci riesce, troppo dolore, troppo terrore.
- Io e Scarly le chiamavamo…le mini orge, una stronzata…era solo un gioco, uno scherzo! –
Ranieri si schiaccia al muro di fronte alla ragazza, alza gli occhi al cielo e sospira: Ciccio Buonomo, il figlio dell’onorevole, è stato strappato alla famiglia da un predatore che ha voluto salvarlo, allontanarlo da casa sua. Perché la sua sorellina gli ha fatto cose orribili.
– L’avete mai…toccato? L’avete fatto partecipare? –
Gli occhi di Roberta si riempiono di nuovo di lacrime, mentre annuisce:
- Era solo un…solo un gioco –
Ciccio Buonomo è stato molestato sessualmente, forse violentato, dalla sua sorellina e dalla sua smaliziata amica del cuore Scarlet Tumbaco.
Marco Ranieri rivede davanti agli occhi le immagini di qualche minuto prima, quando ha chiesto al portiere della scuola dove fosse la figlia dell’onorevole. Rivede la divisa del personale di servizio della scuola…quelle camice scialbe, quei colori squallidi, il grigio e il blu scuro, il nome della ditta sul cappellino.
- E’ stato il bidello che ti ha chiuso in questo bagno, vero Roby? –
Roberta annuisce per l’ultima volta.
- Chi è? Come si chiama? –
- Lo sapete chi è…ormai ci siete arrivati, perché non lo arrestate e la fate finita, invece di rompere l’anima a noi?! –
Marco socchiude gli occhi cercando di capire: - Di chi parli? –
- Siete andati dai genitori adottivi…avete rivoltato casa loro sotto sopra come se fosse passato un cazzo di tornado! Le hanno viste tutti le auto della polizia parcheggiate nel bosco di Zaro una giornata intera! –
Ranieri ha capito, sa di chi parla. E’ la conferma che aspettava.
- Il bidello di questa scuola è…? –
- Teo Cheng – dice Roberta - …il figlio bastardo di quei cinesi bastardi!
IL SENSO COMUNE DI GIUSTIZIA
Finalmente sanno chi è la persona che stanno cercando, il predatore che ha sottratto alle loro famiglie quattro bambini. Ma è anche l’angelo vendicatore che ha deciso di togliere il velo alle abominevoli nefandezze che accadevano in quelle stesse famiglie.
E’ Teo Cheng, figlio adottivo dei signori Wu e Lian, immigrati dalla Cina, foraggiati dal partito e benedetti come colonizzatori commerciali dalla Repubblica Popolare, la grande madre. Ma chi è in realtà Teo?
- C’è bisogno di lavorarci su, muoviamoci! – ordina Sir James.
L’isola d’Ischia è messa improvvisamente a ferro e fuoco dai contorlli delle forze dell’ordine: Marco Ranieri e la dott.ssa Angela Migliore, capo della polizia locale, approntano in tutta fretta una task force guidata dall’UCS ma che si avvale degli uomini dell’ispettore Carbone per battere il territorio. Gli analisti comportamentali si riuniscono nella grande sala centrale del commissariato di Ischia: Marco, Penelope Arce e soprattutto il dottor Winterbourn, guidano le operazioni da dietro i loro laptop. Sul campo, come al solito, ci vanno gli arieti: il commissario Antonio Senese per l’UCS, l’ispettore Ciro Carbone con una decina di agenti, per la polizia locale.
- Da dove cominciamo? Come facciamo a scoprire chi cavolo è questo Teo Cheng? – chiede la Migliore.
Il dottor Winterbourn alza una mano:
- Ci manca ancora un tassello –
- Di che parla Sir James? –
- Ognuno dei bambini rapiti è stato molestato…o addirittura violentato sessualmente da un familiare, non riesco a immaginare nulla di più atroce –
- Questo ormai lo sappiamo…e allora? –
- Tutti…tranne una –
La vicequestora alza le braccia: - Dobbiamo perdere tempo adesso con questi particolari o trovare i ragazzini? Non è più urgente rintracciare questo figlio di puttana?! –
Sir James scuote il capo: - Bea Costanzo non è stata molestata, né abusata. E’ stata rapita per tutt’altri motivi e da un’altra persona – sentenzia il vecchio criminologo.
La Migliore quasi sobbalza, Penelope si volta a guardarlo. Marco Ranieri si passa le mani sul viso stanco e sorride di nascosto. C’è arrivato anche lui, solo lui oltre al suo maestro, ma non lo dice. Sa bene di cosa parla sir James, forse sa anche di chi parla.
- I rapitori sono due?! –
- Uno è un angelo vendicatore ed è Theo Cheng – spiega Winterbourn - …l’altro è solo uno squallido ricattatore che ha approfittato degli eventi –
Ranieri contatta via radio Senese e l’ispettore Carbone: gli viene inviato l’identikit e tutto quello che hanno su Teo Cheng. Prima tappa: ovviamente tornare alla villetta dei cinesi e metterli spalle al muro, far sputare loro tutto quello che sanno sul figlio adottivo, anche se…
- La famiglia Cheng non c’entra nulla coi rapimenti, non hanno coperto Teo né l’hanno aiutato, non immaginavano neppure. Non voglio sentire nessun commento razzista né che avvenga alcun episodio di intolleranza, ci siamo capiti? – ordina il capo dell’UCS alla radio.
- Ricevuto, grande capo – borbotta Senese.
- Angela? – chiede Carbone che non si fa comandare da Ranieri, il suo capo è la Migliore. La vicequestora conferma, non puo’ fare altro.
- Fai come dice il dottor Ranieri, Ciro –
I due sbirri arrivano al bosco di Zaro in dieci minuti. Carbone con cinque agenti circonda la villetta bianca dei Cheng. E’ facile, non vola una mosca. I Cinesi sono chiusi in casa, carichi di vergogna e paura.
Il commissario bussa, entra borbottando un saluto e si siede in soggiorno. Fuori rumori e odori si mischiano, i motorini sfrecciano, la pasta al sugo sobbollisce nel pentolone, le cicche di sigarette degli sbirri di guardia marciscono nell’acqua sporca delle pozzanghere. Il bosco di Zaro non è mai stato così brutto e triste come quel giorno.
- Stavamo per mangiare, ispettore. Se vuole…? – chiede Lian
Senese scuote il capo e s’accende il sigarillo:
- Non c’è tempo, signora. Cerchiamo Teo, suo figlio adottivo –
- Non l’abbiamo adottato, commissario. E’ solo…ha cominciato a vivere con noi, l’abbiamo aiutato ad avere alcuni documenti –
- Documenti falsi, signora? Lei è già sotto indagine per spaccio di sostanze stupefacenti, glie lo ricordo –
Lian sorride e si stringe nelle spalle: - Che senso ha mentirle adesso, commissario? Si, documenti falsi…dalla Cina. Ma naturalmente Teo non è cinese, è italiano. Era il nostro commesso, il garzone del negozio –
Senese ha un flashback nitidissimo. Il microfono che porta consente agli inquirenti in sala riunioni al commissariato di ascoltare cio’ che si sta dicendo con la sig.ra Cheng. Anche Marco Ranieri ricorda…sono immagini confuse, eppure non ha alcun dubbio: la prima volta che sono entrati in quel negozietto…la prima volta dai cinesi…quel ragazzo era lì, dietro al bancone! Era Teo, avevano il predatore davanti agli occhi, a due metri da loro, quasi tra le mani. E non lo sapevano.
- Cristo… - si lascia scappare Senese. – Dov’è adesso? –
Lian scuote il capo: - Le giura su mia figlia che se lo sapessi glie l’avrei già detto. Non lo vediamo da giorni, da quando…da quando è cominciato tutto questo –
Il dottor James Winterbourn, pari d’Inghilterra e consulente esterno dell’Unità per i Crimini Seriali, fin da quando il commisario Marco Ranieri l’ha fondata nel 2011, è un criminologo di fama mondiale, ma non ama ripeterlo, non ne ha bisogno. La sua autorità stà nella ferma sicurezza che mette nelle sue ricostruzioni, trasformando ogni ipotesi e intuizione in un indizio che li lancia fino alla soluzione del caso:
“Dopo aver lavorato dai Cheng ed aver conquistato la fiducia della famiglia, Teo ha imbastito una tumultuosa anche se breve relazione con la sig.ra Lian”
“Che non s’è lasciata pregare!” aggiunge la dott.ssa Migliore
Sir James annuisce: “Diciamo che l’ha sedotta e poi ha cominciato a recitare la parte del secondo figlio di casa, quello venuto dal nulla eppure buono e bravo, il figlio adottivo grato ai genitori cinesi per averlo preso con se…”
“Nulla di più falso, sir James” obietta Marco “Teo – se questo è il suo vero nome – aveva solo bisogno di un posto dove nascondersi!”
Il vecchio inglese annuisce e allarga le braccia:
“I Cheng, famiglia straniera, nessun amico, riservata. Molti li odiano. Era il nascondiglio ideale! Quando ha saputo degli abusi del padre sulla piccola Mei, in lui è scattato qualcosa ed è iniziato tutto”
La Migliore fa il punto per quanto le compete, i fatti accaduti sulla sua isola, Ischia dove lei guida le forze dell’ordine:
“Il ragazzo non ha più voluto lavorare al negozio, si è fatto assumere dalla ditta di pulizia e guardiania delle scuole, la cooperativa per la quale ha lavorato fino al giorno prima dell’inizio dei rapimenti”
“E’ quando abbiamo scoperto che mestiere faceva che abbiamo capito chi era. – spiega il capo dell’UCS - In tutti i rapimenti c’era di mezzo il bidello della scuola, stessa divisa, stesso cappellino. Non c’è voluto molto a scoprire che lavorava anche per la stessa ditta!”
“Ma poi l’imprevisto!” la interrompe Sir James “…Il personale della cooperativa viene messo in mobilità. Se Teo vuol continuare a lavorare come bidello, deve andare a Roma, fare il pendolare. Il ragazzo accetta e conosce Ciccio Buonomo: il ragazzino gli si confida, gli parla degli abusi subiti dalla sorella e dalla sua perversa amichetta del cuore”
“Scarlet Tumbaco!”
“Esatto, Teo non ci pensa due volte e Ciccio diventa il secondo ragazzino che sceglie…il secondo cucciolo da salvare. Da lì è un fiume in piena…”
“Un effetto domino!” commenta Ranieri
“Proprio così” conferma il criminologo “Comincia a spiare la famiglia Tumbaco”
“Quel porco pervertito e spacciatore dello Zio Hernan, soprattutto!” rincara la vicequestora.
“E quando i Tumbaco si trasferiscono a Ischia, cosa c’è di meglio per il giovane Teo? Torna a casa, torna da Lian, dalla sua famigliola cinese e rapisce la piccola Mei”
“Poi tocca a Shanty Tumbaco, fuori alla scuola” conclude Marco.
“Il cerchio si chiude. Adesso bisogna trovarlo” ordina Sir James.
- Pronto Marco, mi senti? –
- Antonio, aspetta. Ti metto in vivavoce. Signori, un attimo di attenzione, c’è in linea il commissario Senese da casa Cheng! –
- Allora, ci siamo tutti? –
- Ti ascoltiamo Antò, parla –
- Eh parlo di che? I Cheng non sanno un cazzo, non hanno idea di dove sia il ragazzo. A ‘sti poveracci gli abbiamo ribaltato la casa sotto sopra come un calzino, due volte in tre giorni, cazzo…un record! Siamo scesi fino in cantina, abbiamo fatto i buchi nelle fondamenta, grande capo. Non c’è niente, il ragazzo non è qui e nessuno di loro lo sta nascondendo…-
- La signora che dice? -
- La signora ha ammesso tutto, ormai è nella merda ed è disperata. A questo punto vuole solo riavere sua figlia –
- Andrà in galera –
- Lo sa…e per questo collabora. Ha ammesso di aver avuto una relazione col ragazzo. Ah, a proposito! Non è il figlio adottivo…questa è una voce che s’è diffisua a macchia d’olio per il paese e l’isola intera, ma è una cazzata –
- Viveva da loro, non è così? –
- Si, questo si…ma i Cheng non hanno mai detto di averlo adottato. La signora ha confessato anche che gli stavano preparando documenti falsi, documenti cinesi…forse per fuggire all’estero. Pensa un po! Dall’Italia in mano agli ultimi comunisti…una follia! –
- Ognuno ha i suoi gusti, Antò –
- Vabbuò, adesso noi che cazzo dobbiamo fare, me lo dici? E’ come cercare un ago in un pagliaio. Questo Teo puo’ essere ovunque, sull’isola o sulla terraferma…insieme a tre ragazzini. Cristo santo, non ci voglio nemmeno pensare! –
- Intanto cominciate a muovervi, Antonio. Spremete il cervello, dove può essere? Fatti aiutare dall’ispettore Carbone che conosce bene l’isola
- La conosciamo bene tutti, Marco…se te lo sei scordato –
- Intendo dire i posti dove un ragazzo problematico come Teo può trovare un nascondiglio sicuro –
- Secondo il dottor Winterbourn dove cazzo è, ‘sto gran figlio di puttana? –
- Sir James dice che è impossibile che sia riuscito a imbarcarsi con tre bambini così noti, usciti sui giornali e in tv, senza che nessuno se ne sia accorto –
- Ma và? Pensa che c’ero arrivato anch’io fin qua…pure Carbone c’era arrivato! Dici al vecchio di fare di meglio con quello che lo paghiamo!
- Sir James dice anche che c’è un solo posto dove non abbiamo ancora guardato –
- Sarebbe? –
- Quello dove tutto è iniziato, Antò –
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