Ottava puntata di "Senza paura" di Andrea Esposito

COSTA PARADISO:
I RICCHI E I POVERI
Il commissario Antonio Senese e la patologa forense, responsabile delle analisi scientifiche dell’UCS, dott. Penelope Arce, hanno raramente condiviso un viaggio in auto e, a giudicare dal fastidio che prova lei per ogni cosa che fa lui, sarà il primo e anche l’ultimo. Da quando sono partiti gli ha ricordato più volte che: 1) quest’auto è un cesso, da quanto tempo non la lavi dentro e fuori? – 2) potresti evitare di fumare qui dentro, mentre guidi? Già la tua macchina puzza come un bidone d’immondizia! – 3) con questa bagnarola ci metteremo ore e ore, invece se prendevamo il SUV della Scientifica a quest’ora saremmo già a Costa!
Senese non è da meno e risponde colpo su colpo: 1) quanto cacchio di profumo ti sei messa? Lo sai, a volte non ti capisco…siamo nel pieno di un’indagine per rapimento multiplo o andiamo a un party delle sfilate milanesi? – 2) Puoi spegnere quel cazzo di telefonino? Puoi abbassare il volume del tablet…tutti quei bip-bip ti servono per forza? Non stai ferma un attimo tu e i tuoi giocattoli! – 3) Non ti piace la radio? Non ti piace la musica che ascolto? Non ti piacciono i miei cd? …Bèh, tesoro, forse Marco ti fa decidere anche il colore della carta da cesso, ma adesso sei nella mia auto e qui comando io!
E così arrivano a Costa Paradiso. Il posto è stupendo come sempre, sia in estate che in inverno. Dietro l’ultima curva della lunga strada tortuosa che costeggia la litoranea che porta ad Amalfi, finalmente si apre uno slargo e si vede sotto il piccolo paesino di mare: il centro storico coi suoi palazzi antichi dai colori mediterranei, le facciate lisce e bianche con l’intonaco vecchio e scrostato, il porticciolo coi pescherecci e i piccoli yacht, i ristoranti che servono il pesce coi tavolini di legno, le sedie di vimini e sopra ogni tovaglia un lume di candela, e poi la Marina coi suoi locali alla moda, gli american bar, la piccola discoteca, le mille luci che illuminano il mare di notte.
S’immettono sull’ampia strada in discesa e arrivano all’enorme parcheggio che separa il paesino e i suoi vicoli, totalmente ed esclusivamente pedonali, dal resto del mondo. Il sindaco Costanzo ha voluto così, da sempre: niente auto nel centro storico di Costa e i cittadini ne sono felici. Senese parcheggia nello sconfinato piazzale, grande come due campi da calcio. Mostra il tesserino a uno dei due custodi e poi supera, insieme a Penelope, l’enorme cancello d’acciaio che immette nelle viuzze del centro. Dopo cinque minuti sono alla centrale di Polizia. Marco Ranieri e Sir James Winterbourn sono già lì.
La polizia in quel minuscolo paesino, prima dei fatti di qualche anno prima, serviva a ben poco. Ecco perché le dotazioni sono misere: due mezzi-piani in una palazzina minuscola, vecchia e decadente. Lampadine traballanti appese al soffitto nelle stanze e per le scale sporche. Una guardiola che immette su un paio di uffici grandi come spogliatoi e poi, oltre le scale, al primo piano un grande stanzone che funge un po' da tutto: sala interrogatori, sala riunioni, ufficio sinistri e verbali, insomma tutto il repertorio. Lo stanzone è diviso da asettici separè in PVC (l’unica cosa moderna che c’è al commissariato di Costa).
In compenso, tutto quel grigiore è perdonato quando si apre la grande porta finestra e si esce sul balcone: la vista mozza il fiato e fa sognare. Penelope sospira estasiata l’aria di mare:
- Ah…potrei comprare una casa qui, solo per questa vista! –
Davanti a lei le centinaia di luci del porto, da quelle delle lampare e quelle dei localini.
- Mettiamoci al lavoro! – ordina il capo dell’UCS interrompendo bruscamente l’atmosfera magica. Lui e Sir James si siedono fianco a finaco. Di fronte a loro: Senese (senza neppure uno straccio di bloc-notes davanti) e Penelope che è nvece letteralmente circondata dalla tecnologia (un laptop, un tablet e addirittura una piccola lavagna luminosa con la quale proiettare immagini scansionate sul grande muro bianco e scrostato, alle loro spalle), il tutto uscito magicamente dalla sua grande borsa di pelle nera, come fosse una Mary Poppins super sexy e scollata al punto giusto da far intravedere le due grosse tette che tutti i maschi alfa della polizia di stato sperano di ammirare almeno una volta nella vita. La patologa italoargentina distribuisce a tutti i risultati delle sue analisi, perfettamente e ordinatamente stampate e rilegate, ma quando sta per prendere la parola, Marco la ferma:
- Aspetta, Pen. Prima vorrei sapere da Senese cos’ha scoperto sull’uomo ucciso da Tumbaco a Ischia –
- Quello che credeva fosse il rapitore? – chiede il loro consulente esterno, Sir James Winterbourn. Pari d’Inghilterra, ex Interpol, ex analista comportamentale a Quantico in Virginia dov’era l’unico istruttore non americano per l’FBI, è uno dei più famosi criminologi al mondo.
Ranieri annuisce: - La famiglia che dice? –
Senese si sgranchisce la schiena e borbotta, scocciato:
- Che vuoi che dica? Il tizio si chiamava Tito…Tito Calise, nato e cresciuto a Forio cosi come tutta la famiglia, isolani doc. Un poveraccio, nullafacente, perennemente disoccupato, qualche precedente per detenzione di piccoli quantitativi di droga, niente di che. Ultimamente beveva un po' di più, m’ha detto la sorella che non la smetteva di piangere manco fosse morto il papa. Per non portartela a Roma, capo…in realtà quel coglione era una perfetta nullità e, dato i problemi che cominciava a dare, mi è sembrato che dietro le lacrime da copione, i familiari fossero quasi sollevati di esserselo tolto dalle scatole.
- Insomma, pensate che il vero rapitore l’abbia pagato per mettersi lì, in quel vicolo, vestito esattamente come lui? – chiede sir James, attentissimo come sempre. Marco e Senese annuiscono:
- Una vittima predestinata, dottor Winterbourn. Sempre assetato e sempre senza soldi, facile da convincere. Ovviamente il rapitore gli ha detto che non c’era alcun pericolo e stronzate simili…Tito ha preso i soldi e non c’ha pensato su due volte –
- E adesso è morto, my friend – sorride sir James.
- Già…che vogliamo fare, una messa in suffragio? – risponde beffardo e irrispettoso il commissario come al solito.
- Penelope, tu cos’hai da darci? – chiede Ranieri che non ha voglia di perdere tempo coi battibecchi tra Senese e il vecchio inglese.
- Un bel po' di roba da mostrarvi, tutti i risultati delle analisi sulle prove organiche raccolte –
- Facci un riassunto, rapido – le ordina Marco. Troppa carne al fuoco, non c’è tempo. La patologa non si lascia pregare. Non è permalosa, né di modi formali, Penelope si adatta immediatamente alle situazioni d’emergenza e agli interlocutori che ha di fronte. Marco, poi, è il suo amante da una vita, lo conosce come le sue tasche e quindi sa quando è meglio non discutere. Non rinuncia a un colpo basso, però:
- Faccio finta di non aver sentito il più alto in grado di una unità d’elite come la nostra chiedere un riassunto ad una analista scientifica, quasi un ossimoro in caso di crimini seriali –
- Ok, uno a zero per te – le sorride Marco – Che abbiamo? –
- Abbiamo un ditino, il lobo di un orecchio e una macchia di sangue raggrumato – risponde Penelope senza battere ciglio.
Sir James socchiude gli occhi e stira le labbra, sinceramente disgustato. Anche un criminologo di lunghissimo corso come lui non riesce a trattenere il fastidio e la rabbia davanti a crimini come quelli, che hanno per vittime dei bambini.
- Cristo santissimo… - geme Senese. Anche se sapeva più o meno delle prove organiche repertate, sentirle elencare così, gli dà la nausea.
- Partiamo dall’inizio – dice sir James - …di che dito si tratta, dov’è stato ritrovato e da chi? –
- E’ la falange più piccola di un dito mignolo, compatibile con quella di un bambino tra gli otto e i dodici anni. Ritrovata il giorno dopo il rapimento di Bea Costanzo dal giornalista Giusto Saverino nella sua cassetta della posta –
- Che cassetta? – chiede Sir James.
- Cosa? – Penelope per un attimo non capisce, eppure c’è abituata a quelle domande apparentemente inutili.
- Com’è fatta, com’è fatto il portone, com’è fatto il palazzo? Voglio sapere tutto del luogo del ritrovamento –
- Ha tutto nella mia relazione, dottor Winterbourn – risponde lei un po' stizzita - …può leggersi tutto con calma, più tardi –
- Grazie, mia cara – le sorride il vecchio criminolgo – C’erano impronte? –
- Solo quelle di Saverino e di nessun altro, sia sulla cassetta della posta che sugli oggetti repertati –
- Di che si tratta? –
- Una cartina del Monte Cretaio, una collinetta sull’isola d’Ischia, sulla quale sorge un piccolo boschetto, protetto come parco naturale, un maneggio, cavalli, divieto di caccia e tutto il resto… -
Sir James annuisce: - Il ditino della bambina era lì dentro? –
- Si, ma…grazie al cielo non è di Bea Costanzo! – esclama Penelope con un sospiro. Non è riuscita a trattenersi, sa che non dovrebbe provare empatia per i protagonisti di un’indagine. Se quel ditino non è della figlia di Mia, è comunque di qualcun altro, un altro bambino o bambina che meritano ugualmente il suo impegno e la sua professionalità. Eppure non può farci niente: è diventata amica della famiglia Costanzo, soprattutto della giovane magistrato, mamma della bimba scomparsa. Le vuole bene, la stima e l’ammira per le sue battaglie civiche e sociale a difesa dei più deboli, degli ultimi, soprattutto delle donne vittime di abusi.
- Ok – dice Marco. Anche sul suo volto si è spianta qualche ruga, anche se non vuole darlo a vedere. Anche lui è felice che la piccola Bea non sia stata mutilata da quel maledetto predatore. – Ricostruisci per sir James il rapimento di Bea. Molto rapidamente, per favore –
Penelope annuisce: - E’ avvenuto alla Marina di Costa, poche centinaia di metri da qui. La madre teneva un cominzio, il porticciolo era pieno di gente, bandiere, palloncini, insomma un gran casino. I familiari l’hanno persa di vista per qualche minuto e la bambina è scomparsa… -
- Telecamere? – chiede sir James.
- Si, più di una…quelle dei ristorantini e dei locali lungo il porto. Immagini di merda, dottor Winterbourn, si può immaginare, apparecchi da quattro soldi. Eppure è qua che entrano in gioco i Tumbaco per la prima volta… -
- Il latino che si vede nelle immagini? – chiede Senese, bofonchiando scocciato con un dito nel naso - …Un buco nell’acqua! Nessuna conferma, pensavamo potesse essere Hernan Tumbaco, zio della terza bambina scomparsa, ma erano già tutti a Ischia. Insomma… -
- Capisco cosa vuoi dire, my friend – gli viene incontro sir James - …Un po' improbabile che questo zio Hernan si sia fatto tanti chilometri per rapire una bambina a Costa Paradiso e poi tornarsene sull’Isola d’Ischia per nasconderla, giusto? – Senese annuisce.
- Improbabile, ma non del tutto impossibile…però – lo stuzzica sir James mostrandogli il dito indice. Antonio si stringe nelle spalle:
- Sei tu il mago dei profili criminali, sir James –
- Che si vede nelle immagini delle telecamere? – chiede il criminologo.
Penelope spegne le luci nella stanza e le proietta sul muro bianco: le telecamere riprendono quello che è indubbiamento un latino, basso e tozzo, agghindato da tipico soldato di una mara-gang salvadoregna, maglia larga, collane e oro al collo, ai polsi e alle dita, cappello calato sulla fronte, pantalone a vita bassa ecc. ecc. Va dietro a Bea fino in fondo al porto, dove sono ormeggiati i pescherecci in secca. Poi scompare, sia lui che la bambina. Non si vede più nulla.
- Cosa avete trovato lì dietro? – chiede Sir James.
- Un fazzoletto di stoffa imbevuto di cloroformio con sopra il DNA di Bea Costanzo e di nessun altro, dottor Winterbourn. E poi…per quello che può valere, in mezzo a quello schifo…sul fazzoletto c’era una piccola quantità di peli di animale –
- Un cagnolino, un gatto? – chiede Marco.
Penelope scuote il capo: - Erano peli corti e ispidi, pensiamo a un roditore. Una nutria o un porcellino d’india, probabilmente –
- Un…che?! – chiede stupefatto Senese – Cazzo, quand’ero ragazzo io tutte queste bestie neppure esistevano! –
E così, finalmente, a Costa Paradiso, con l’arrivo dell’UCS parte la caccia, quella vera, al rapitore di Bea Costanzo. L’obiettivo non è solo ritrovare la bambina, ma ritrovarla viva. Ranieri ha le idee chiare e un primo obiettivo: partire dai criminali della zona, metterli spalle al muro e sentire cos’hanno da raccontare, quali alibi da addurre per tirarsi fuori dai sospetti, insomma andarci con i piedi di piombo ma farlo subito.
Non c’è tempo e non c’è bisogno di essere un esperto per sapere che più passano le ore e meno probabilità ci sono che un rapimento di un minore abbia un lieto fine. Inoltre, in un paesino minuscolo come Costa Paradiso ci sono due modi per beccare i brutti ceffi: o fare delle retate, prendendo nella rete quanti più pesci possibili, oppure andare direttamente dal capobranco e chiedergli di collaborare, di sacrificare alcuni lupi per il bene e la tranquillità del branco…ovvero degli affari.
A Costa Paradiso il capobranco è uno solo: Billy Montella.
Una posizione che ha consolidato negli anni e che non ha nessuna intenzione di perdere per la scomparsa della mocciosa della famiglia che è la sua più acerrima nemica.
Sir James approva la strategia e lo comunica alla squadra: Marco ha ragione, metterci a far baccano in un posto piccolo come questo servirebbe solo ad allertare il rapitore e rischiare di fargli fare qualche schiocchezza. Molto meglio andare da chi tira i fili del crimine locale per far proliferare i propri affari: i Montella, da sempre una famiglia senza scrupoli. Non sono camorristi né affiliati, ma gente disposta a far scorrere il sangue quando qualcuno mette piede sul loro terreno. D’altronde è così che si sono arricchiti: intimidazione, estorsione e appropriazione indebita di beni, mobili e immobili. Sono la famiglia più ricca del posto e il loro feudo è la contrada di Rocca Montebuono, collina di campagna che domina dall’alto la marina di Costa.
L’UCS fa irruzione nella proprietà terriera dei Montella con un’operazione in grande stile: auto coi lampeggianti accesi, giubbotti antiproiettile e pistole spianate. Marco, Senese, Penelope, Armentano e la piccola Minerva, sono tutti armati fino ai denti quando arrivano davanti al grande, antico cancello in ferro battuto della villa.
- Aprite, polizia! – urla Senese.
Due sgherri di Billy il Playboy sonnecchiano ai lati del cancello, poggiati alle colonne di tufo, sotto le telecamere a circuito chiuso. Si riscuotono di botto e istintivamente infilano le mani sotto l’ascella sinistra per afferrare le armi. Immediatamente vengono loro puntati addosso quattro revolver e una mitraglietta, imbracciata dal grosso vice di Penelope, Armentano.
Senese scuote il capo: - Io non lo farei ragazzi, non ne vale la pena. Vogliamo solo parlare col padrone –
Uno dei due, palestrato, baffoni a manubrio, canottiera nera sui jeans sdruciti e gli stivaloni da vaccaro, si fa avanti per niente intimorito. Alza le mani, per far capire che la sua pistola rimane dov’è, ma dentro alla villa nessuno entra: - Il signor Montella non c’è…Posso vedere un documento, signor capo degli sbirri? – alita in faccia a Senese.
Antonio senza pensarci due volte gli tira una potente testata in mezzo agli occhi, spaccandogli il setto nasale. Il sangue sprizza, il bestione urla e si tiene il naso tra le mani, mentre le lacrime di dolore si mischiano al muco.
- Eccolo qua il documento, stronzo! – ringhia il commissario e gli punta la pistola dritta dietro al collo.
- Oh! Oh ma che cazzo fate! – urla l’altro con una voce che è una via di mezzo tra l’arrabbiato e il terrorizzato. E’ tozzo e grasso, muscoloso anche lui, ma meno agile e coraggioso. – Non potete menare la gente così, oh! – protesta
Senese alza la pistola e glie la punta in faccia: - Se non apri ‘sto cancello di merda e non mi fai passare, a te faccio pure peggio, ti sparo nelle gambe…m’è capit buon, chiattò? –
Il ciccione suda come un maiale, quando tira fuori il cellulare dalla tasca e borbottando compone un numero. Dopo qualche secondo, abbassa una leva dietro alla colonna e il cancello d’acciaio comincia lentamente ad aprirsi. - Il signor Montella vi aspetta…ma vi avverte che ha già chiamato l’avvocato, questi modi a casa sua non li fa passare! – prova a minacciare il grassone in modo poco convincente.
- Ha fatto bene a chiamare Pallante – lo prende in giro Ranieri - …Oggi ne avrà bisogno. E adesso togliti dalle palle! –
Il piccolo convoglio, formato da un’auto della polizia e dal grosso SUV nero dell’UCS, entra nella proprietà di Billy il Playboy, l’uomo più temuto e odiato del posto.
- Commissario Ranieri, a che devo l’onore della visita? – chiede Montella, ignorando totalmente Senese che si è messo davanti a tutti.
Occhiali scuri con montatura in oro, camicia granata di seta, sbottonata sul davanti a mostrare collanina e croce, tirata sul ventre gonfio a causa delle enormi mangiate, bevute e dei continui festini a base di coca, il boss li osserva e un poco li deride, dall’alto del balcone al primo piano della sua villa. Il balcone affaccia perpendicolarmente sul grande portone d’ingresso, in quel momento spalancato, sotto al quale è fermo, immobile come una sfinge ma con gli occhi socchiusi carichi di rabbia, suo fratello Paolone, il suo braccio destro, il comandante in capo, sadico e torturatore, del suo piccolo esercito di bravi.
- Due chiacchiere, Montella – gli risponde Ranieri, mentre con un cenno infastidito della mano gli ordina di scendere al pian terreno, come se chiamasse un cagnone disubbidiente.
Billy gonfia le guance e sputa: - Avete alzato le mani in casa mia, sarete denunciati per questo…volevo dirvelo prima di parlare d’altro –
Marco si guarda intorno sorridente. Anche lui porta gli occhiali da sole, sopra una camicia bianca coperta dal giubbotto antiproiettile:
- E’ una bella giornata, Montella…perché ce la vogliamo rovinare? Tanto lo sa che con la sua denuncia ci puliamo il culo, no? Allora scenda e ci faccia contenti…poi la lasceremo tornare ai suoi affari. Non siamo qui per questo –
Era quello che Billy voleva sentirsi dire, l’unica cosa che gli interessa.
- Ecco, bravo! C’ho molto da fare, commissà…mi fa piacere che mi capisce – e così dicendo scompare dentro casa. Dopo un minuto lo vedono scendere l’ampio scalone di marmo alle spalle di suo fratello Paolone. Troppo tempo ci ha messo. Di certo si è armato.
Si siede su una poltrona di vimini sotto al portico, ordina a una cameriera di portare caffè e bibite. Poi invita gli sgraditi ospiti a sedere con lui. Ranieri scuote il capo, nessuno si muove tranne lui, tutti restano in piedi. Il capo dell’UCS invece si siede proprio di fronte al boss e lo guarda dritto negli occhi:
- Qualcuno ha rapito la bambina dei Costanzo –
Il Playboy scoppia a ridere: - Ma tu sei davvero così fesso, commissà? Ti dico due cose – lo sbeffeggia, contando con le dita della mano - …Uno: io non c’entro niente, non faccio queste schifezze e tu lo sai bene. Due: se avessi rapito la bambina, credi davvero che ti basterebbe venire qua, pestare un mio uomo e farmi cagare sotto di paura, solo perché sei il grande capo dell’unità speciale? –
- No, non lo credo. Infatti non sono qui per te. Sono venuto solo a raccogliere informazioni…e se adesso non ce le hai, magari te le puoi procurare? –
Montella sembra compiaciuto, aggrotta la bocca in un ghigno di sorpresa e poi regala allo sbirro un sorriso deliziato: - Azz! Nientemeno l’esperto dei pazzi criminali che viene a chiedere aiuto al più pazzo dei criminali del posto? –
Marco scuote il capo: - Tu non sei un pazzo criminale, Montella…sei solo un tipo sveglio, questo te lo concedo. Hai esperienza e conosci il territorio. Se vuoi sapere chi ha preso la bambina, non devo dirtelo io come funziona. -
Montella si sporge di scatto in avanti, ansimando improvvisamente di rabbia repressa. Ranieri ne può sentire l’odore acre, mischiato al profumo della colonia che gli imperla i peli brizzolati del petto:
- Infatti, hai detto bene commissà. Prima te lo faccio capire io a te come funziona…e po' parlamm! –
Marco, Senese e gli altri componenti dell’UCS non s’accorgono neppure se Montella abbia fatto o meno un gesto a Paolone. Forse non c’è stato nessun gesto, forse avevano concordato prima su quale esatta parola del Playboy dovevano scattare i suoi uomini. Fatto stà, che la sorpresa riesce: l’obeso fratellone del Playboy tira fuori il più classico dei conigli dal cilindro…sotto forma di una grossa pistola automatica, di quelle che usano i camorristi. Gli altri sgherri dei Montella, intorno ai poliziotti, fanno lo stesso. Gli sbirri si sono fatti giocare come pivelli: non li hanno visti disporsi lentamente a semicerchio, non se ne sono accorti che quei bastardi degli uomini di Montella, un passo di qua e uno di là, si sono allargati a ferro di cavallo. E ora…sorpresa!
Hanno tutti le pistole puntate su di loro, sui buoni, su Ranieri e la sua squadra di grandi professionisti dei profili criminali:
- Oh…Oh! – urla Senese – Che cazzo succede qua? Stavamo parlando, no? Stavamo solo parlando! – dice allargando le braccia.
Il bestione palestrato dai baffoni a manubrio, a cui il commissario ha spaccato il naso poco prima, s’avvicina e gli punta la pistola dietro la nuca: - E’ meglio che ti stai un poco zitto invece, sbirro…altrimenti mi dimentico che sei un poliziotto e te la faccio pagare la capata di prima, m’è capit? – Senese sa che non c’è nulla da rispondere. Non deglutisce neppure per non dargli soddisfazione.
Gli altri due uomini armanti sono Paolone, che tiene sotto tiro Ranieri, e il ciccione che stava di guardia alla porta, che fa saettare la canna della sua pistola da uno all’altro, tra Penelope e il suo vice Armentano.
- Che cos’è questa sceneggiata, Montella? Sono venuto a chiederti informazioni e aiuto per ritrovare la bambina dei Costanzo…e tu mi punti i ferri addosso? – chiede Ranieri - …Ti ho già detto che non voglio sapere un cazzo dei tuoi affari, in questo momento. Che cos’è che non ti va bene? –
- Qui comando io, commissà…IO! – urla Billy, alzando la voce per la prima volta. Ranieri resta muto. – Non ci vieni in casa mia a picchiare i miei ragazzi e spaventare la mia famiglia! –
- Chi abbiamo spaventato, playboy… - chiede beffardo Senese - A quella palla di merda di tuo fratello? –
Paolone lascia andare un sibilo che si trasforma in un ringhio tutto d’un tratto e poi spara. Spara senza pensarci, senza prendere la mira.
Spara verso Antonio Senese ma becca la pianta di ficus al suo fianco.
Il commissario si tuffa a terra sul lato opposto, sbilanciando con un calcio Baffi a Manubrio, che ha ancora il naso storto e la faccia imbratta di sangue. Il bestione di Montella prende la mira, ma Senese è più rapido (ancora ha l’istinto alla sua età, perché in quei momenti non è il fisico che ti salva il culo, ma l’istinto). Senese tira fuori l’arma e lo spara in una coscia. Baffi a Manubrio stramazza a terra facendo fuoco verso l’alto, una raffica che si perde nel cielo limpido di Rocca Montebuono.
Paolone impreca, mentre gli altri componenti dell’UCS hanno tutti estratto le armi e adesso li tengono sotto tiro:
- Non ti muovere Paolone! Non muovere un solo grammo di lardo, coglione! – urla la dottoressa Penelope Arce, mentre Armentano s’avvicina al fratello del Playboy per ammanettarlo da dietro.
Ranieri approfitta del trambusto per fare l’unico cosa che può salvare la situazione in quel momento: prendere il capo. Salta oltre il tavolino, afferra Billy per il collo, e gli preme la canna della pistola sotto il mento.
- Nessuno si muova! Nessuno muova un cazzo di muscolo o questa giornata finisce di merda! –
Montella scoppia a ridere: - Non fare il pistolero in casa mia, commissà…Sei uno sbirro, non mi puoi sparare così a freddo, non lo farai mai! –. Ranieri gli tira un calcio dietro la schiena e preme più forte il revolver nel collo del Playboy.
- Non lo posso fare? Io direi che una occasione migliore per toglierti di mezzo non l’avrò mai più, amico mio. Siete voi che c’avete aggredito, il primo colpo l’ha sparato tuo fratello. Se mi fai girare i coglioni io premo il grilletto e poi vediamo che succede. Per quanto mi riguarda è legittima difesa e vaffanculo! –
- Che cazzo dici… - balbetta Montella che comincia a fremere, quasi a tremare. Marco lo sente sotto le mani - …Non puoi! –
- Non posso? – stavolta a il capo dell’UCS a sorridere. Montella non ride più. – Dici che non posso, playboy? Io per come la vedo stò coperto alla grande. Siamo tutti poliziotti, ti faccio saltare il cervello e testimoniamo tutti che c’hai sparato addosso, che ne dici? A chi crede il magistrato? A quattro criminali come voi o a me? –
- Vabbuò… - deglutisce Montella cercando di salvare la faccia - …Hai fatto lo show, commissà! Che ne dici se togliamo tutto da mezzo e la finiamo con ‘stà pagliacciata? –
- I tuoi ragazzi c’hanno ancora le pistole in mano, Montella! – ringhia Senese. Billy annuisce e poi sbuffa:
- Uagliù, leviamo da mezzo i ferri… - dice alla fine, abbassando la testa.
Nessuno si muove. – Adesso, ho detto! – urla Montella spazientito.
E finalmente i suoi uomini obbediscono: Paolone lascia cadere l’automatica e alza le mani con un grugnito, mentre il ciccione che faceva la guardia al cancello lo imita, facendosi ammanettare.
Senese guarda Baffi a Manubrio, steso a terra davanti a lui. L’uomo perde sangue, adesso non solo dal naso ma anche dalla gamba ferita, eppure non molla la pistola. Senese gli tira un calcio all’avambraccio e quello finalmente lascia andare l’arma con un gemito.
- Alza le mani e mettiti in ginocchio – gli ordina il commissario.
- Mi ha sparato rint ‘e cosce, sbirro di merda…non mi posso muovere!
Senese sbuffando gli va da dietro, lo tira su, mettendolo in ginocchio e lo ammanetta. Poi prende da terra la pistola dell’uomo e se l’infila nella tasca posterire dei jeans. E’ Baffi a Manubrio il più pericoloso tra gli uomini di Montella. Disarmato lui, la festa è finita.
Ranieri molla la presa sul Playboy ma non rinfodera l’arma.
Billy cerca di darsi un contegno: si sistema la camicia stropicciata e s’infila in bocca una sigaretta.
- Allora, che cazzo vuoi? – chiede.
- Devi andare a caccia per me – gli ordina Ranieri.
- A caccia? – ridacchia il Playboy - …io manco a pesca vado! –
- Devi far battere il territorio dai tuoi uomini, voglio che arrivate dove noi non possiamo o non sappiamo arrivare…Criminali di ogni specie di Rocca e Costa, voglio che li metti tutti in fila…Tossici, picchiatori, pazzi psicopatici, pedofili, magnaccia e pervertiti…tutti! –
Montella grugnisce: - Chest è tutto? E poi che ne facciamo di tutta ‘sta bella gente? –
- Gli chiediamo dov’è la bambina dei Costanzo. Cerca di sapere alla svelta se qualcuno di loro c’entra qualcosa, se è coinvolto nel rapimento o sa chi è stato…o ha sentito da qualcuno chi cazzo ha preso la bambina. Insomma, mi hai capito –
Montella sogghigna: - Maronn! Ci tieni proprio alla piccolina…Chissà perché? Ti stai fottendo alla figlia di Costanzo, commissà? Quella a me non mi è mai piaciuta…troppo secca! –
- Montella, non fare lo stronzo o oggi finisci male –
- Eh vabbuò, intanto a me un lavoro così mi costa! – lo provoca il Playboy – Io che ci guadango? –
Ranieri scuote il capo, non abbocca: - Per te un lavoretto come questo è una stronzata, un gioco da ragazzi, ci metti un giorno e non di più –
Montella non molla: - Che mi viene? –
- Te l’ho già detto, non ti rompiamo i coglioni e continui a lavorare. Per adesso –
Il Playboy allarga le braccia, tenendo la sigaretta stretta in mezzo ai denti e regala a Ranieri il più largo e sincero dei sorrisi:
- Affare fatto, commissà! E’ sempre un piacere per un cittadino illustre come me aiutare le forze dell’ordine. Tutta pubblicità! –
A casa Costanzo il clima è tesissimo. L’angoscia per la scomparsa di Bea si mischia, come sempre in questi casi, alla rabbia e alle accuse reciproche di responsabilità mancate, anche se non espresse sempre platealmente…qualcosa di sottaciuto, un’allusione dell’avvocato a sua figlia ‘sempre impegnata per i cazzi suoi, il lavoro, le tue battaglie…i tuoi cazzo di ideali da inseguire e, diciamocela la verità, non hai avuto mai tanto tempo per crescere tua figlia!’. Il dolore per quelle parole Mia lo rigetta fuori, come se vomitasse, e si sfoga su sua madre che tenta di consolarla: ‘Ma pure tu, mà! Pure tu sempre dietro a papà…sempre col fazzoletto pronto a pulirgli il colletto delle sue maledettissime camice inamidate! Che voglio dire? Che lo difendi sempre, si! Sempre! Prendi le sue parti anche quando mi accusa di aver trascurato mia figlia…proprio lui parla? Proprio lui! Che tutti quanti noi…tutta la famiglia, baci e bacetti, quanto ti voglio bene…reginella di qua e di la…e poi? Siamo sempre venuti dopo di lui…DOPO LE SUE COSE, DOPO LA POLITICA, DOPO IL SUO POTERE!!! urla Mia Costanzo, pm, magistrato, una vita passata tra il palazzo di gustizia e la questura, sempre pacata, sempre contenuta, sempre distinta come le hanno insegnato in famiglia, come le hanno insegnato i suoi genitori. La signora Tilde, che piange disperata e scuote il capo, seduta in poltrona. E come le ha insegnato suo padre, l’avvocato Vittorio Costanzo, il re di Costa Paradiso, l’eterno sindaco, adesso seduto di fianco alla moglie col broncio del bulldog che gli deforma il grugno verso il basso, i capelli bianchi tirati all’indietro e l’amore e la rabbia che si mischiano quando guarda sua figlia, la sua unica figlia.
- Adesso è il momento di stare calmi – dice loro Sir James Winterbourn - …Litigare tra di voi, rompere l’unità familiare in questa situazione d’emergenza, non ci aiuta…mi capite? Non ci aiuta a ritovare Bea –
- Perché il commissario Ranieri non è qui? – chiede sbrigativo l’avvocato – Perché ha mandato lei, dottore? –
Il vecchio criminologo non si offende: - Perché di questa cosa mi occupo io per l’unità del dott. Ranieri, da sempre. E lei lo sa, avvocato –
- Di quale cosa stiamo parlando esattamente? L’identikit del rapitore? –
- Nessun identikit. Parliamo del profilo criminale di questo soggetto. Che tipo di persona è, con chi vive, come vive, il suo lavoro, le sue abitudini…e le sue frustrazioni, le sue difficoltà relazionali se ne ha, i suoi probelmi psichici, se ne ha. Perché lo ha fatto e perché ha preso Bea, mi seguite? – Tutti annuiscono.
- Molto bene. Prima domanda: qualcuno di voi conosce qualcuno a Costa che tiene in casa o alleva i porcellini d’india? –
- Cosa?! – salta sua la singora Tilde – Porcellini ‘e che? –
Mia Costanzo scuote la testa: - Non conosco nessuno con quegli animali…ma a Costa c’è un solo negozio che vende animaletti domestici, possiamo chiedere? –
Sir James sorride: - Già fatto, mai venduto porcellini d’india, non ne hanno mai avuti. Un’altra cosa, chi di voi conosce o conosceva qualcuno che faccia parte di queste bande giovanili latinoamericane? Le chiamano mara-gang…Avvocato, lei ne ha sentito parlare? –
Vittorio annuisce: - Si, come tutti…cronaca, giornali ma non c’ho mai avuto a che fare, naturalmente –
- Mia, lei per il suo lavoro ha mai incrociato la famiglia Buonomo…parlo dell’onorevole Buonomo? O la famiglia Tumbaco, madre domestica, padre muratore, figli adolescenti, lo zio con precendeti penali? Mai trovato questi nomi in qualche verbale, durante qualche processo? Non li ha mai incrociati? –
La giovane magistrato scuote il capo pensosa. Si sforza, cerca un appiglio, qualche contatto con cio’ che le sta chiedendo il dottor Winterbourn, ma non c’è niente da fare. Evidentemente i motivi per i queli sono stati rapiti proprio i bambini di queste tre famiglie, non è da ricercare in un contatto tra di loro, in un qualcosa che li mette in correlazione. O meglio, nulla di palese, di così ovvio e riconoscibile.
- Dev’esserci qualcos’altro – dice Sir James pensando ad alta voce - …Qualcosa di nascosto –
La famiglia Montella è in un momento particolare della propria espansione. Billy si rifiuta di definirla una battuta d’arresto, ma in fin dei conti è così: gli affari vanno a rilento, l’industria di scatolami non tira più come un tempo. Un po' a causa di tutte queste nuove stronzate bio, macrobio, vegan e vaffanculo! – bestemmia mentalmente il Playboy - …e un po' perché senza gli agganci e gli appoggi giusti, tutta la roba che tirano su dalla terra non la piazzi nella grande catena di distribuzione. E’ roba buona quella dei Montella, roba naturale, magari tirata su con qualche piccolo aiutino sintetico ma niente di così schifoso da non poterlo far mangiare a tutti i coglioni che ogni giorno affollano i supermercati. La verità è che i Montella non c’hanno mai saputo fare troppo, né con gli affari né coi rapporti di potere…e adesso, dopo tanti anni di vacche grasse, con la crisi ne pagano la fisiologica, inevitabile flessione nelle vendite. Insomma, morale della favola Billy è obbligato a mantenere la parola che ha dato al grande capo degli sbirri.
Perché? Chiede rabbiosamente Paolone, umiliato ancora una volta dalla polizia (è la costante di tutta la sua vita, povero cazzone!)
Perché? Chiedono i suoi uomini, picchiatori e spezzapollici che si sono ritrovati improvvisamente menati e spezzati da Senese, oltre che sotto tiro delle armi e ammanettati da quei gran figli di puttana dell’unità speciale di Ranieri.
Perché? Risponde loro il Playboy…Ma porca miseria! Ve l’ho appena spiegato! Perché non possiamo permetterci di essere interrotti negli affari, non reggeremmo un’altra battuta d’arresto. Vogliamo la pace e la tranquillità, ci serve tempo per fare i cazzi nostri…e in fin dei conti, è questo che il commissario Ranieri gli ha promesso: sarà libero di continuare a fare i cazzi suoi, corrompere chi deve corrompere, minacciare chi deve minacciare e vendere a chi deve vendere i suoi maledettissimi fagioli sotto vuoto! ringhia Billy e alla fine tutti c’arrivano. E così il clan Montella fa quello che deve fare.
Rocca Montebuono viene messa a ferro e fuoco dalla squadraccia di Paolone: vengono prelevati tossici, spacciatori, pazzi psicopatici, sospetti pedofili e pervertiti. Una ventina di persone vince un soggiorno gratis in visita alla famosa villa di famiglia di Billy u’Playboy, il boss locale…evviva!
I soggetti sequestrati vengono preventivamente picchiati, malmenati di brutto, quasi torturati da Paolone e i suoi uomini: docce gelate, fiamma ossidrica sotto la pianta dei piedi, unghie strappate e cazzotti in bocca coi denti che schizzano da tutte le parti…in modo tale che, quando il Playboy in persona comincia con le domande che contano, quelle alle quali è meglio rispondere per bene se non vuoi fare il bis…i poveracci sono già stremati e terrorizzati e cantano prima di subito come tanti cazzo di gigidalessio! Le domande sono sempre le stesse:
- Sai niente della bambina rapita?
- Chi? …come chi, lo sanno tutti! La nipote del sindaco Costanzo!
- Qualcuno te ne ha parlato, hai sentito qualcosa in giro?
- Dove può essere? Chi la nasconde che cosa vuole?
E, ciliegina sulla torta: Chi è che tiene in casa qualcuno di quegli animaletti schifosi…quelle grosse zoccole a pelo corto, com’è che si chiamano? Orsetti indiani…No, aspetta! Porcellini d’india, ne sai niente? – CHEEE??? chiede stupefatto anche il più disperato e sanguinante dei rottinculo che Billy Montella a fatto trascinare alla villa da Paolone e i suoi gorilla. E giù botte, seconda razione, fin quando non rispondono. Alla fine comunque il Playboy non si sente soddisfatto. Lui che ne sa? Non è uno sbirro, eppure…le risposte che ha raccolto, così a pelle, non gli sembrano granchè. Non crede che Ranieri sarà soddisfatto e ne tirerà fuori la soluzione del fottutissimo mistero! Magari la bambina è già morta, no? Potrebbe essere – pensa Billy – in fondo la domanda principale, l’unica che davvero dovrebbero farsi quei coglioni di poliziotti e che ancora non si sono fatti, è: per quale motivo solitamente si rapisce un bambino?
- Riscatto! – dice candidamente sir James alla famiglia Costanzo.
– Il rapitore non ha chiesto nessun riscatto, finora. Questa è la prima e più importante tra le incongruenze del rapimento di vostra nipote rispetto ai soliti e abituali motivi per i quali avviene la sottrazione di un minore alla famiglia…e la dottoressa Costanzo queste cose me le insegna, è il suo mestiere di ogni giorno! –
I Costanzo annuiscono all’unisono, Vittorio, Tilde e la loro unica figlia.
– Ci abbiamo pensato anche noi, dottore – dice Mia.
- Non vi ho chiesto se c’avete pensato – le sorride il vecchio criminologo, guardandola dritta negli occhi: - Vi sto chiedendo se mi avete detto tutta la verità? –
Il sindaco geme: - Di nuovo? Si, assolutamente si! Non ci è pervenuta alcuna richiesta di riscatto, ve lo giuro a nome di tutta la famiglia…anzi non abbiamo avuto nessun contatto coi rapitori in assoluto, capito? –
Sir James alza le mani: - Vi credo. Dovevo esserne certo, il particolare è troppo importante –
Mia Costanzo, magistrato dalla mente allenata a quelle comparazioni e deduzioni, capisce al volo cosa intende sir James: - E’ così anche per gli altri, vero? – Suo padre e sua madre si voltano a guardarla.
- Di che parli? –
- Anche per gli altri due ragazzini rapiti…Buonomo e Tumbaco…le famiglie non hanno ricevuto alcuna richiesta di riscatto, non è così dottor Winterbourn? –
Sir James annuisce, non c’è motivo di tener loro nascosto il particolare:
- Nessun contatto – conferma
– Vuol dire che il motivo del rapimento è un altro, allora! – sbotta Vittorio. Stavolta sono gli altri a guardare lui.
- Hai qualche idea, papà? – dice in tono irato e polemico Mia.
Il sindaco di Costa stringe i pugni e abbassa lo sguardo, carico di angoscia e di rabbia: - In questi casi…non vedo altra possibilità di un pervertito… - Sua moglie scoppia a piangere.
- Su, Tilde ti prego…odio doverlo ammettere, ma qui siamo tutti adulti e vaccinati, non abbiamo tempo per il tatto e la sensibilità. Dobbiamo dirci le cose come stanno! Se questo farabutto non ha chiesto soldi, allora…allora è un pedofilo, per forza! –
Sir James si stringe nelle spalle, ficcandosi in bocca la pipa spenta:
- Oppure il contrario – dice con un tono di voce privo di qualsiasi inflessione e poi sorride, calmo, serafico.
- Il contrario? – chiede Mia - …in che senso? –
- Nel senso che non è lui il pedofilo, mia cara...ma qualcuno a cui li porta via –
Anche il lavoro della Scientifica è finalmente terminato. I due collaboratori della dott.ssa Penelope Arce, Armentano e Minerva, hanno spremuto il limone fino all’ultima goccia, come si suol dire. Ovvero fatto tutte le comparazioni possibili dei reperti e delle prove in loro possesso, inerenti la scomparsa dei tre ragazzini: Bea, Ciccio e Shanty.
Purtroppo, come c’era da aspettarsi, coi Montella è stato un fiasco totale: Ranieri e Senese si sono fatti sparare addosso e quasi ammazzare per niente. La lunga perquisizione della polizia all’enorme villa di Billy il Playboy, alla fabbrica di scatolami e alle altre piccole proprietà di famiglia, non ha sortito alcun risultato. Nessun indizio rilevato, nessun residuo organico, nessun segno della presenza di un sequestro e di prigionieri tenuti in ostaggio. Insomma nessuna benchè minima prova che i tre ragazzini fossero mai stati da qualche parte a Rocca Montebuono, il feudo dei Montella.
In compenso, il duro e spesso noioso lavoro di laboratorio (che quasi mai premia) ha dato alla piccola Minerva una rabbiosa soddisfazione. E’ con questo spirito che si mette in contatto col suo capo:
- Dottoressa Arce? –
- Aspetta, ti metto in vivavoce – le dice Penelope.
Dopo un attimo la sentono tutti, compreso i Costanzo.
- Le comparazioni hanno dato un risultato positivo, solo uno… -
- Parli dell’ultimo indizio che ci ha lasciato il rapitore? –
- Esatto, dottoressa. Il sangue sulla mappa della Cina…e la prima falange del dito mignolo, trovata nella cassetta della posta di quel giornalista… -
- Giusto Severino, è qui a Costa – l’aiuta col nome Mia Costanzo.
- Si, esatto…Severino. Il sangue e il ditino sono della stessa persona, una donna…ehm…una bambina –
Tilde Costanzo scoppia a piangere, scossa dai singhiozzi come fossero cazzotti. Mia sbianca. Il sindaco urla rabbiosamente:
- Ma…ma avevate detto che non erano di Bea! Che mia nipote non era stata… -
- Infatti non lo sono, avvocato Costanzo – lo zittisce la giovane analista – Non sono di Bea, sua nipote non c’entra –
Penelope Arce sa bene che spesso testimoni e vittime hanno notevole difficoltà a seguire il loro ritmo e quindi chiarisce a beneficio di tutti:
- Minerva, rallenta. Stai dicendo che il dito mignolo, rinvenuto qui a Costa, e il sangue sulla cartina della Cina, ritrovata a Roma fuori alla casa dell’Onorevole Buonomo, sono di una bambina che non è Bea Costanzo? –
- Sto dicendo esattamente questo, capo – conferma Mnerva.
- Ma…allora di chi sono? – chiede sbigottita Mia.
- Io credo di saperlo, my friends… - dice Sir James e tutti si voltano a guardarlo – Ricordate cos’hanno detto i figli dei Tumbaco, quando sono stati interrogati? –
- Cholo e Scarlet, i due figli grandi? – chiede Marco Ranieri.
Sir James annuisce: - Soprattutto la ragazza, Scarlet. Ha ammesso subito di aver dato una mano allo zio Hernan a portare droga dentro la villa dei Buonomo per rifornire la sig.ra Letizia, moglie dell’onorevole. Ma ha anche detto un’altra cosa… -
- Che i latinos non c’entrano niente con questo giro – lo anticipa il capo dell’UCS, l’unico che riesce a tenere il ritmo del suo mentore - …lo zio Hernan si riforniva da tutt’altra parte –
- Dai cinesi! – conclude trionfante Sir James – Forse è il caso di mandare la dott.ssa Migliore e quel suo cagnone da guardia, l’ispettore Carbone, a fare quattro chiacchiere con la famiglia che gestisce quei negozietti di cianfrusaglie in centro, a Forio –
- Forio? – chiede Vittorio Costanzo – Ma è…a Ischia? Sull’isola d’Ischia? –
Sir James annuisce: - E’ anche il caso di farlo alla svelta, Marco –
Ranieri sospira. Non vorrebbe separarsi così presto da Penelope. Avranno solo una notte, quella notte, per stare insieme. Ormai è troppo tardi per ripartire, non ci sono traghetti per l’isola a quell’ora. Sbuffa e dà gli ordini, dividendo le consegne per il giorno dopo:
- Ok, va bene…si fa come dice sir James, ci separiamo di nuovo. Io e lui torniamo a Ischia e insieme alla polizia locale stringiamo il cerchio delle indagini intorno ai Tumbaco e ai cinesi –
- E noi? – chiede Antonio Senese che s’è già ampiamente rotto i coglioni di marcire a Costa Paradiso d’inverno.
- Tu e Penelope restate ancora qui –
- A fare cosa, grande capo? Non c’è un cazzo qui! Abbiamo liberato anche i lupi di quel coglione di Montella senza alcun risultato…Stiamo battendo centro e dintorni da tre giorni. Se la nipote del Sindaco fosse qui, in questo buco di paese con rispetto parlando, l’avremmo già trovata! –
- C’è una cosa che non abbiamo ancora fatto, my friend – gli dice Sir James. Stavolta è lui ad anticipare Marco, ma Ranieri lo lascia fare con un sorriso. Si sono già intesi, il vecchio criminologo ha già capito qual è il compito che il capo dell’UCS vuol dare al suo vice.
- Sarebbe? –
- Interrogare il giornalista, Saverino. Che tipo è? Che vita fa? Dov’era il giorno della scomparsa della bambina? Andiamo, Antonio! Non devo insegnarti io il mestiere –
I Costanzo si guardano l’un l’altro: Saverino il giornalista? Possibile che c’entri qualcosa? Il sindaco è il primo a scuotere la testa. Mia guarda suo padre e sibila: perché? Perché no? Lo conosci così bene?
- Ci ha sempre aiutato con la politica, le campagne elettorali, c’è sempre stato al fianco! – si giustifica l’avvocato leggendo lo sguardo della figlia.
Mia insiste: - Voglio che gli parlino, voglio che la polizia lo interroghi per sapere se…se nasconde qualcosa –
Nella stanzetta del vecchio, decrepito, commissariato di polizia di Costa scende un silenzio carico di tensione. Un vento freddo attraverso la stanza e gela le ossa. La signora Tilde rabbrividisce e si stringe nello scialle di lana cucito a mano.

ISCHIA:
NON E’ COME SEMBRA
Marco Ranieri ha passato la notte con Penelope. Hanno bevuto un paio di drink, chiacchierato e fatto l’amore, ma non con la solita passione: l’hanno fatto con dolcezza, guardandosi negli occhi acquosi per l’alcool, o forse tristi per qualcosa a cui non sanno ancora dare un nome.
C’è qualcosa? – si chiede la mattina dopo, quando si alza presto dal letto e si prepara per partire per Ischia – C’è davvero qualcosa che non va? Si è rotto qualcosa tra di noi, ci stiamo lasciando?
Vorrebbe chiederglielo, invece la lascia dormire. Ne assapora l’odore, il profumo del corpo, il tepore della pelle sotto le coperte. E’ così bella quando dorme, sembra una cerbiatta. E’ sempre bella Penelope.
Marco scivola oltre la porta della stanza e va via.
In auto lui e sir James parlano pochissimo. Alle 13.40 sono a Ischia, sul porto. Ad accoglierli la vicequestora Angela Migliore e l’ispettore Carbone, svegli e frizzanti come non mai, pronti alla battaglia. Perché ormai s’è capito che non è come sembra, le cose non stanno come avevano creduto. Sir James, come al solito, ha provveduto a togliere il velo, a considerare altre strade, fare altre ipotesi e ora…ora nessuno di loro è più così sicuro che i tre bambini scomparsi siano vittime di rapimento ad opera di un pericoloso predatore.
Potrebbe essere il contrario.
- Di che parla, dottor Winterbourn? – chiede Carbone mentre sono in auto e volano a sirene spiegate verso il commissariato, zona S.Ciro.
- Potrebbe averli salvati…Li ha tolti alle famiglie perché in relatà erano le famiglie a far loro del male –
- E da cosa l’ha dedotto, se posso permettermi di chiedere? – lo provoca ironico l’ispettore, vestito male come al solito, camicia a giacca spiegazzate, scarpe sporche di polvere e puzza di sigaro che lo copre come un mantello fetente.
Sir James lo osserva: - Le interessa davvero, ispettore…o vuol solo dimostrare che il nostro metodo d’indagine è un solo una pagliacciata?
Carbone strabuzza gli occhi e scoppia a ridere:
- Hei, calma! Come sarebbe a dire? Certo che mi interessa davvero!
- Interessa anche a me, dottore – dice la Migliore
- Siamo permalosi oggi…Sir James? – chiede Carbone calcando il tono canzonatorio sul titolo del vecchio criminologo.
Il dottor Winterbourn non ci bada: - Nessuna telefonata, nessun contatto con le famiglie, nessun riscatto. Basterebbe già questo per farvi suonare in mente un campanello d’allarme. Non è il solito rapitore…ma vuol essere sicuro che lo prendiamo sul serio, che crediamo senza ombra di dubbio che i ragazzini sono nelle sue mani. E allora che fa? –
- Li amputa – sussurra raggelato l’ispettore. Carbone non è poi così ottuso quando si tratta di seguire un ragionamento.
Sir James gli punta un dito addosso: - Esatto, lascia prove organiche sui luoghi dei rapimenti…il lobo di un orecchio, la falange di un ditino, sangue, peli…prove inconfutabili. Bea, Ciccio e Shanty sono nelle sue mani. E chissà chi altro –
La vicequestora si volta a guardalo, mentre guida:
- Di che parla, dottore? –
Ranieri gli racconta la storia: i Tumbaco sono legati ai Buonomo a causa delle attività illecite dello Zio Hernan. I ragazzi piu’ grandi della famiglia, Cholo e Scarlet, l’hanno aiutato a vendere droga alla sig.ra Letizia e ai suoi amici.
- Queste cose le so…e so anche che non ha comprato la roba all’ingrosso dai suoi amici latinos. La ragazza, quella puttanella della secondogenita dei Tumbaco – dice rabbiosa la Migliore – ci ha detto che la compra dai cinesi! –
- Appunto – conferma Ranieri. La Migliore ragiona e c’arriva:
- Voi pensate…? Oh cazzo! –
Sull’isola il centro delle indagini sono la famiglia Tumbaco, l’anello di congiunzione che lega Ischia e Roma, fino ai Buonomo. Ranieri e Carbone lasciano la vicequestora e Sir James in commissariato e proseguono per il centro storico di Forio. L’obiettivo è chiaro: con Glory e suo marito Antonio che piangono disperati la scomparsa della loro piccina, e lo zio Hernan in galera perché recidivo, non resta che mettere con le spalle al muro i due ragazzi.
- Cholo è uscito? – chiede Marco.
- Ma certo, figurati! – sbuffa Carbone – Non avevamo un cazzo per trattenerlo, non c’aveva manco roba addosso…solo due canne. Ormai se non fai una strage in Italia in galera non ci va più nessuno! –
- Ok, lasciamo perdere. Dove li troviamo a quest’ora? –
L’ispettore sorride: - A casa a fare i compiti? – ridacchia ancora più forte. Ranieri lo guarda gelido: - Hai finito di fare il coglione? –
Carbone torna serio e s’accende un sigarillo: - Dove passano quasi tutto il giorno a cazzeggiare, presumo. Piazzale del Soccorso –
- Quello sul mare? La chiesona bianca? Andiamo, muoviti. – ordina Ranieri.
Arrivano al Soccorso in quindici minuti scarsi. C’è un bel sole quel pomeriggio, anche se fa freddo. Una selva di motorini, per lo più spenti, sono messi a lisca di pesce, ma alcuni ragazzini approfittano dell’immenso piazzale semideserto per fare stronzate con i loro mezzi a due ruote…cavalli, sgommate e tutto il repertorio.
- Tu li vedi? – chiede Ranieri.
Carbone è del posto, ha l’occhio più allenato, e individua subito il figlio grande dei Tumbaco: - Il bestione è là, la puttanella non la vedo –
Ranieri s’avvia verso Cholo, alza le mani e gli sorride:
- Pace, amico mio –
- Non sono tuo amico! – ringhia il ragazzo, mentre gli altri si fanno da parte.
- Direi di no, faccia di culo. La tua sorellina è scomparsa e tu te ne stai quassù a prendere il sole? –
- Non prendo il sole, sbirro… -
- Ah no? E’ che cazzo stai facendo allora? –
Cholo balbetta, non sa cosa rispondere. Gli amici lo guardano ridacchiando, sfottendolo, qualcuno addirittura un po’ schifato.
In fondo il poliziotto ha ragione!
- Ehm…mi guardo intorno! Faccio un po’ di domande in giro per vedere se qualcuno sa qualcosa – fa un passo avanti verso Ranieri, minaccioso – Visto che voi guardie non state facendo un cazzo di niente per trovare mia sorella Shanty! –
- Ci metti troppi cazzi quando parli, Cholo…non sei credibile! – interviene Carbone per fargli saltare i nervi. Il bestione s’avventa sull’ispettore ma gli amici fanno in tempo a trattenerlo.
- Non ti conviene, cazzone. Sei appena uscito, una sola stronzata e torni dentro! – lo minaccia – E stavolta ci rimani! –
- Vabbè, che volete? –
- Vogliamo sapere dei cinesi –
Cholo deglutisce: - I cinesi? Non so di che parl… -
- Rispondi, Cholo…se no sono cazzi, te l’ho già spiegato – ringhia Carbone ma il ragazzo sostiene lo sguardo:
- Ho già risposto, signor ispettore…non sono una spia io -
- Dov’è tua sorella Scarlet? – chiede Ranieri.
Cholo sputa a terra davanti ai piedi del capo dell’UCS
- Io che ne so? Avete provato dietro alla chiesa? Ormai non si nasconde neppure più…puttana! –
I poliziotti lo lasciano perdere e s’avviano lungo l’enorme scalone che porta dietro alla Chiesa del Soccorso. Trovano la ragazza quasi subito, circondata dai suoi ammiratori. Scarlet è sexy come al solito nel suo pantalone attillato nero che non lascia nulla all’immaginanzione. Il filo del perizoma scompare tra le natiche dure come il marmo, mentre è girata di spalle e sta baciando il collo a un ragazzone palestrato. I lunghi capelli castani svolazzano al vento. I poliziotti tirano fuori i tesserini:
- Polizia! – Basta la parola e si scatena un fuggi-fuggi generale.
Scarlet si volta e resta sola, incollata alla ringhiera che affaccia sul mare.
- Di nuovo? – geme – Vi ho già detto tutto quello che so! –
La figlia mezzana dei Tumbaco è molto popolare tra i ragazzi di Forio, ma questo non le basta. Per comprarsi tutti i trucchi di cui ha bisogno, tutti i suoi giochini e gli abiti che le piacciono tanto, ha aiutato lo zio a spacciare droga. Sa di essere una sorvegliata speciale e sa che per ora non è finita nei guai solo perché minorenne. Carbone le abbaia addosso: - La tua sorellina è scomparsa e tu pretendi che ti lasciamo in pace? Sappiamo tutto di te, signorina…sappiamo cosa combini a scuola! –
- A…a scuola? – Scarlet non riesce a crederci che quei due sbirri di merda la stanno umiliando in quel modo davanti a tutti i suoi amici adoranti. Ma è intelligente, capisce che lo fanno apposta.
- Certo dolcezza, a scuola! – continua ad andarci pesante Carbone - …e non parlo di voti e compiti in classe ma di pompini nei bagni! –
- Oh! Ma che cazzo vuoi, porco? – prova a soffiare la gattina arrabbiata, ma non funziona.
- Te la fai con alunni e prof per avere piccoli favori, non è così? Fai la mezza troia per qualche ricarica di telefonino? –
Gli occhi di Scarlet si riempiono di lacrime, il labbro le trema.
- La tua sorellina, la piccola Shanty, è in mano a un mostro. Potrebbe essere morta a quest’ora per quanto ne sappiamo…-
Ranieri s’accorge che all’ispettore la recita sta scappando di mano:
- Ok, basta così – dice, mentre Scarlet adesso sta piangendo a dirotto.
- Che…che volete da me? –
- I cinesi – dice piatto il capo dell’UCS - …quelli da cui si rifornisce tuo zio Hernan per spacciare la sua merda. Vogliamo sapere tutto, chi sono, quanti sono e dove commerciano… -
Scarlet tira su col naso e dice: - Famiglia Cheng. Hanno un negozietto in Piazza S.Gaetano a Forio, li conoscono tutti. Non so altro.
Dopo dieci minuti Ranieri e Carbone sono davanti all’emporio. Pieno centro storico di Forio, in mezzo ai bar, ai negozietti di prodotti tipici e alle boutique d’abbigliamento tutte uguali con le solite marche in vetrina. Effettivamente quello dei Cheng è il classico negozietto cinese: vendono di tutto e a prezzi stracciati. Gli sbirri si sono fatti un giro nei bar, prima di puntare i Cheng. All’inizio li odiavano tutti, troppa concorrenza che uccide il commercio, a sentire i bravi lavoratori ischitani. - Roba di merda, la ragazzina ha ragione – dice Carbone.
E invece i Cheng hanno tenuto duro, sono andati avanti a testa bassa, senza dare fastidio a nessuno. Pian piano hanno costruito rapporti e amicizie, non sempre con le brave persone del posto, ma anche con altri immigrati. Magari gente con qualche precedente che cerca di sbarcare il lunario in ogni modo, come lo zio Hernan Tumbaco. Alla fine i Cheng si sono fatti ben volere, quantomeno dal vicinato: grandi lavoratori, stanno aperti da mattina a sera. E poi hanno cominciato a fare piccoli favori: regalare roba, prestare soldi, piccole somme…
nessun ploblema, tu mi dale quando tieni…no intelessi, solo pel amicizia!
- Intanto Antonio Tumbaco non ne ha parlato – borbotta Ranieri.
L’ispettore non capisce: - Non ha parlato di cosa? –
Ranieri si volta a guardarlo esapserato: - Sveglia, Carbone! Tumbaco è stato minacciato con una pistola dal rapitore di sua figlia –
- E allora? – insiste ottuso l’ispettore.
- Cristosanto! Va bene che aveva il cappello e gli occhiali da sole…ma non credi che se fosse stato un dannatissimo cinese Tumbaco se ne sarebbe accorto? Ce l’avrebbe detto o no? –
Carbone non vuole dargliela vinta: - Non è detto, grande capo! L’uomo era ben coperto, imbacuccato come si suol dire, l’ha fatto proprio per non farsi sgamare. Per quanto ne sappiamo poteva essere nero, giallo o verde…poteva essere anche un marziano del cazzo e Tumbaco non se ne sarebbe accorto! Era sconvolto, fottuto di paura! –
Ranieri annuisce in silenzio. Purtroppo Carbone non ha tutti i torti, inutile prendersela con lui. La famiglia Tumbaco non è attendibile né affidabile in nulla, questa è la verità. E’ solo un gran casino.
Entrano nell’emporio. Alla cassa c’è un signore serio e grigio, una figura scialba. Ranieri tira fuori il tesserino e si presenta: polizia.
Wu Cheng non fa una piega, c’è abituato. Mostra i documenti, senza protestare né sorridere. Annuisce al preambolo del commissario che gli spiega perché sono lì. Ranieri ha già inquadrato il tipo: borghesotto cinese mandato dal partito in occidente per opera di piccola colonizzazione nei piccoli centri come l’isola d’Ischia, un film già visto e rivisto. Il signor Cheng ha fatto probabilmente una vita di sacrifici per rimanere chiuso in casa ogni sera davanti alla tv con la sua ciotola di spaghetti al brodo e il suo sakè di merda, pensa l’ispettore Carbone.
Ma si sbaglia, non immagina neppure quanto si sbaglia.
Il capofamiglia cinese chiama la moglie e i due sbirri restano a bocca aperta. E’ una donna stupenda, una delle donne più belle che Ranieri e Carbone hanno mai visto in vita loro. E tutti e due di donne ne hanno viste davvero tante. Capelli nerissimi, lunghi fin oltre le spalle, lisci e rilucenti come fili d’acciaio. Gli occhi a mandorla sono ulteriormente allungati dal trucco, la pelle del viso è candida, di un bianco prepotente che ti acceca per quanto riluce sotto i neon del negozio, come fosse porcellana appena un po' umida. La bocca carnosa è rossa come il fuoco e la signora la socchiude giusto un attimo per sussurrare Hai! il saluto di presentazione nella loro lingua.
- Documenti, signora – ordina Carbone.
- Non c’è bisogno. Sono Lian Cheng, sua moglie e titolare di questo negozio, potete verificarlo molto facilmente senza recitare la parte dei poliziotti cattivi –
Ranieri sorride: - A proposito di recite, signora…ci spieghi allora come fate a starvene tranquilli qui in bottega, mentre vostra figlia minore è scomparsa. Forse è stata rapita, ma voi ve ne state qui buoni…zitti e muti –
- Nostra figlia? Scomparsa? – balbetta il signor Cheng.
- Lasci perdere, non ci provi neppure. C’entrano qualcosa i guai nei quali temete che vi trascini Hernan Tumbaco, forse? –
- Non so di cosa parla, commissario – sibila la moglie.
Ranieri fa un passo avanti. Il signor Cheng ne fa uno indietro e abbassa lo sguardo, mentre sua moglie rimane fieramente al suo posto e continua a sibilare come un serpente a sonagli. Tutto chiaro, almeno i due investigatori hanno capito chi comanda nella famiglia dei cinesi.
- Avete una ragazzina, si chiama Mei, neppure adolescente ma già molto sveglia e intelligente. Ne parlano bene a scuola…peccato che non la vedano da qualche giorno –
- Mei è…da parenti, fuori dall’isola – balbetta il sig. Cheng.
Ranieri sbuffa: - Devono essere parenti che non le vogliono molto bene, visto che il sangue di sua figlia è stato rinvenuto addirittura a Roma, sopra una mappa della Cina, abbandonata in un cespuglio di un quartiere residenziale nel quale abita l’onorevole Franco Buonomo. Lo conoscete? –
- Sangue…? – geme il padre di Mei. Sua moglie resta muta, immobile.
- Il dottor Renieri vi ha fatto una domanda – ringhia Carbone – Conoscete la famiglia Buonomo? –
Cheng scuote il capo: - Mai conosciuti –
- Sappiamo tutto, signori Cheng. Non c’abbiamo messo neppure molto considerando che intanto sono scomparsi tre ragazzini… -
- Tre? – chiede il cinese, ripetendo tutto come un pappagallo.
- Bea Costanzo, nipote del sindaco di un paesino sulla costiera amalfitana. Ciccio Buonomo, figlio del suddetto onorevole…e Shanty Tumbaco, nipotina di Hernan detto el Jefe, che voi conoscete benissimo –
- Noi non conosciamo nessuno – piagnucola il sig. Cheng.
Carbone tira un violento cazzotto sul bancone. I pochi avventori si voltano a guardarli spaventati. Ranieri sussurra minaccioso:
- La pianti, Cheng! Questo schifo di emporio non vi fa guadagnare abbastanza per vivere. Siete una famiglia numerosa, figli, cugini, zii, gli anziani…tanti, troppi parenti. Avete messo su qualcos’altro, roba che vi arriva dal vostro paese e che non vendete qui nel negozio. Ve la smercia gente come Hernan Tumbaco e altri falliti disperati come lui. Gente che è stata buttata fuori o dimenticata dai propri clan ed ha bisogno di arrotondare –
- Cinesi! – barrisce Carbone con sdegno - …sempre i soliti! In tutto quello che fate siete sempre gli stessi gran figli di puttana. Roba legale o illegale, vi comportate sempre allo stesso modo! Tirate una scorza di formaggio a qualche povero coglione e quello vi segue. Poi ne arriva un altro e un altro ancora e così cominciate a sfruttare un piccolo esercito di disperati! – E’ andato di nuovo oltre.
- Ok, ve bene Ciro, basta così! – gli ordina Ranieri. La moglie del cinese finalmente si decide a muoversi. Lascia andare un sospiro e sorride sdegnosa: - Sfruttarli? Lei non sa di che parla, ispettore –
- Ce lo spieghi lei, signora Cheng – coglie l’attimo Marco.
- Va bene, commissario. Seguitemi nel retrobottega, vi offro qualcosa da bere e potremo parlare con calma –
La signora Lian non ha più alcun interesse a rimanere zitta e muta davanti alla polizia. L’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, cominciata in sordina con l’aiuto di Hernan Tumbaco, è scoppiata loro in faccia a causa dei rapimenti dei minori. I Cheng non vogliono perdere tutto quello che hanno costruito in anni e anni di sacrifici, non vogliono perdere Mei, la loro bambina. Ma soprattutto non vogliono perdere l’onore di fronte ai loro connazionali. E così Lian racconta agli sbirri una storia, la storia della loro venuta in Italia.
- Si, è vero…è come dite voi, nostra figlia Mei è scomparsa, ma non immaginavamo neppure minimamente che si sarebbe arrivati a questo punto! –
- Lei parla un ottimo italiano, signora Cheng. Suo marito invece no, come mai? – chiede Ranieri. La donna si stringe nelle spalle.
- E’ carattere e capacità di adattamento commissario. Mio marito è un abitudinario, molto legato alle tradizioni…Per lui il nostro paese deve seguirlo dovunque va, la Cina è dove lui vive, anche dall’altro lato del mondo! –
- E lei invece? – chiede Marco, mentre a Carbone scappa una risatina come al solito inopportuna. Sia la signora che Ranieri sanno bene cosa sta pensando l’ispettore: sei una puttana, signora Cheng…e la cosa migliore a cui ti sei adattata qui in Italia, sono i cazzi che prendi! Volgare, impietoso, spesso disgustoso. Carbone senza parlare stavolta c’ha preso, è quello che emerge dalla chiacchierata. La signora Lian è una ninfomane, una donna carica di energia sessuale difficilmente amministrabile. Lian sospira e i due poliziotti vedono i grossi seni bianchi alzarsi e abbassarsi, mentre le tumide labbra rosse si dischiudono:
- Sono una donna curiosa, commissario. Amo viaggiare e scoprire ogni più sottile e nascosto risvolto del posto in cui sono. Così è stato per questa isoletta, un posto incantevole dove vivere…non mi lamento –
Stavolta è Ranieri a sorridere: - Incantevole, già…eppure la persona che ha fatto più presa su di lei in un paesino piccolo come Forio…in realtà non è italiana, giusto? –
- Di cosa diavolo parla, commissario? Del fatto che non mi sono barricata in casa, vestita da geisha…a pulire, spazzare e stirare? Non sono mai stata così…è forse un reato? –
Il commissario scuote il capo: - Assolutamente no, signora Cheng. Non parlavo di questo. Parlavo di Hernan Tumbaco, un latino, quanto di più lontano dalla vostra cultura, un ex criminale che è rimasto ai margini del giro ed è a caccia di lavori sporchi per rientrarci, anche in seconda fila. Lei lo ha aiutato fornendogli la droga…e questo si che è reato! –
- Se sa già tutto perché la fa così lunga, dottor Ranieri? –
- Perché tu non ci stai dicendo tutta la verità, bella signora…ecco perché! – ringhia l’ispettore Carbone, prendendosi subito una confidenza che non dovrebbe prendersi. Ma Marco lo lascia fare, la recita è la solita, vecchia come il mondo, sempre la stessa: poliziotto buono/poliziotto cattivo.
- Quanto è cominciata la relazione con Hernan Tumbaco? –
Lian rabbrividisce, sono già a quel punto, il castello di carte sta crollando in un attimo, buttato giù da un debole colpo di vento.
- Poco…un anno, forse qualcosa di più –
- E in un anno avete messo su questo bel giro? –
Lian scuote il capo: - No…prima sono passati mesi. Mesi nei quali El Jefe ha cominciato a girarmi intorno. Avete presente lo squalo intorno al sangue, signori? –
Carbone scoppia a ridere: - E lo squalo chi sarebbe, bella signora? Tu o lui? – Lian lo ignora.
- Mi ha fatto proposte oscene, provocazioni, mi ha corteggiato. Alla fine ho capito che non mi interessava alcun rapporto, se non… - la donna per la prima volta non trova le parole, ma i poliziotti hanno già capito cosa vuol dire.
- Doveva valerne la pena, giusto? E’ questo che ci vuol dire. Non si sarebbe mai concessa al primo arrivato se non ci fosse anche un tornaconto in più – dice Ranieri. Carbone le sussurra all’orecchio in tono osceno e volgare:
- Ti piaceva il latino, eh? Ti intrigava la storia…ti eccitava riempire di corna quel poveraccio di tuo marito, non è così? Perché in fin dei conti è questo che sei, nient’altro che una cavalla in cerca del brivido…una cavalla che vuole sudare! –
- Ciro! – dice secco il capo dell’UCS – Aspettami fuori, con la signora ci parlo io – Il tono è perentorio, non ammette repliche. Carbone per un attimo non capisce se anche quello fa parte della loro pantomima o ha superato ancora una volta la linea rossa e Ranieri l’ha richiamato per davvero. Nel dubbio s’infila in bocca un sigaro ed esce dalla stanza, guardando con insistenza la signora.
Lian ha lo sguardo fisso davanti a se, ma una lunga lacrima rilucente adesso le riga la guancia sinistra, bianca come porcellana.
- E’ così che è andata, signora Cheng? – chiede Ranieri – Prima che lei e Hernan Tumbaco iniziaste la vostra relazione, lei gli ha proposto un giro d’affari? Droga proveniente dal suo paese…da piazzare qui sull’isola, guadagno sicuro per entrambe? –
Lian annuisce. Ranieri schiocca la lingua: - Lei è fortunata che in questo momento non abbiamo il tempo, ma ci torneremo, signora –
- Su cosa, commissario? – chiede la donna sorridendo.
- Sul fatto che lei ha la possibilità di fare arrivare questa roba dal suo paese. Ha i contatti criminali giusti laggiù…chi sono? Parenti, amici, la Triade? – la provoca Marco, nominando la mafia cinese.
- La Triade, addirittura? Macchè! Solo amici…e amici degli amici, gente lontana che lei non conoscerà mai, commissario. Sa bene che non le dirò i loro nomi. Questa storia è finita…finita per sempre –
Ranieri la guarda dritta negli occhi: - Purtroppo per lei, questa storia è appena cominciata, signora –
Lian non capisce: - Ma…ma parla di mia figlia? E’ tutto risolto, ormai, no? Le ho detto che è aiutato Hernan, ho confessato e so…so che avete preso anche lui! Se l’uomo che ha rapito i nostri figli l’ha fatto per la droga…o per i soldi, adesso li lascerà andare, non è così? Non ha più senso rischiare, non gli conviene… -
Ma il capo dell’UCS sta già scuotendo la testa.
- Le cose non stanno così, Lian -
La signora Cheng non ha minimamente idea di come stanno.
- Io…credo di non capire –
- Prima di tutto devo dirle una cosa che lei non sa. Sua figlia Mei, quando è scomparsa di preciso? –
- Tre giorni fa. La stiamo cercando, commissario! Tutti…parenti e amici, lei non ha idea di quanta gente la stia cercando! –
Ranieri annuisce, stanco e scocciato: - Si, certo! Anche i Tumbaco mi hanno detto la stessa sciocchezza…tutti in giro a cercare i poveri ragazzini scomparsi! Padri che uccidono dei perfetti sconosciuti, fratelli e sorelle che spacciano e poi s’infilano in giri di gentaglia credendo di poter ritrovare da soli la loro sorellina…Nessuno che si fida più delle forze dell’ordine, giusto? Sapete fare il nostro lavoro meglio di noi… -
- Io non intendevo – sussurra Lian e alza una mano per coprirsi gli occhi arrossati. Ranieri le afferra il polso:
- Lei non sa niente, signora! Lei sa dov’è Costa Paradiso? –
Lian scuote il capo: - Costiera amalfitana? –
- Già, proprio così. Due giorni fa, nella buca delle lettere di un giornalista del posto hanno ritrovato una cartina del Monte Cretaio…-
- Il Monte Cretaio che c’è qui a Ischia? – chiede lei.
Ranieri annuisce: - Dentro c’era la falange di un dito mignolo, un ditino signora…di una ragazzina –
Lian sgrana gli occhi e comincia a scuotere il capo. La bella bocca carnosa e rossa s’allarga in un ghigno d’orrore. Ha capito.
- No…Mei no! –
- Lei deve aiutarmi, signora Cheng. Deve dirmi tutto quello che sa! – le ordina Ranieri, scuotendola come una bambola di pezza. Lian scuote il capo ancora più forte, disperata e poi urla, urla con tutto il fiato che ha in gola: - NO!!!...NOOO, LA MIA BAMBINA!!! –

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