La mia non vuol essere una vera e propria recensione, anche perché il rischio di svelare particolari importanti a chi il libro non lo ha letto ancora è troppo alto. Il mio è semplicemente un ringraziamento a Maurizio De Giovanni e un arrivederci al commissario Ricciardi. Perché se è vero che Il pianto dell'alba è l'ultimo libro che lo scrittore napoletano incentra sulla figura di Ricciardi, prerogativa di noi lettori sarà quella di poter rileggere i romanzi che lo vedono come protagonista, riassaporando pagine che forse abbiamo letto troppo in fretta per il desiderio di capire cosa accadeva.
Credo che l'idea vincente di De Giovanni sia stata quella di ambientare le vicende e le indagini di Ricciardi durante il Fascismo, un'epoca contraddistinta da violenza, spesso subdola, dalla finzione e dal tenersi il più lontani possibile dalla verità, soprattutto se scomoda, ma di creare un personaggio, appunto Luigi Alfredo Ricciardi barone di Malomonte, che niente ha a che vedere con il Fascismo.
Un uomo, il commissario, ligio al dovere, dedito anima e corpo alla verità, partecipe del dolore che lo circonda in modo viscerale, sperando di lenire il dolore altrui che avverte a causa del singolare dono che ha ereditato dalla madre.
I romanzi di De Giovanni non ci raccontano solo delle indagini portate avanti dalla regia polizia in seguito ad un delitto, ma ci accompagnano attraverso la bellissima città di Napoli e nelle vite dei personaggi e delle persone che ruotano intorno al commissario: il dottor Modo, il brigadiere Maione, Enrica, Livia, Bambinella.
Ogni romanzo l'ho letto col fiato sospeso, correndo alle righe successive, gioiendo e piangendo coi personaggi. Non mi resta che dire: Grazie Maurizio!
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