Quarta puntata di "Senza paura" di Andrea Esposito




LA FAMIGLIA TUMBACO
I Buonomo furono rapidamente congedati dal capo dell’UCS con il più classico dei placebo: vi faremo sapere, vi terremo aggiornati e tutto il repertorio. L’onorevole naturalmente andò su tutte le furie.
Provato dalla tensione e dall’attesa, schiacciato in un’indagine per rapimento e dalle pressioni in famiglia e sul lavoro, probabilmente nel suo intimo anche profondamente preoccupato e terrorizzato per quello che un pazzo psicopatico poteva fare a Ciccio – che a suo modo amava – Franco Buonomo perse il controllo: si mise a urlare, minacciò di smuovere mari e monti ai piani alti della polizia di stato per smantellare quell’unità di sapientoni, analisti e scienziati, senza un minimo di tatto, senza educazione e senza i coglioni per uscire da dentro quel maledetto palazzo e andare a cercare suo figlio per strada, porca puttana! È lì che avrebbero dovuto lavorare, quegli sbirri scostumati… per strada, non seduti dietro alla scrivania!
Come aveva fatto mille altre volte in casi simili, Marco Ranieri lo lasciò sfogare, comprese il momento, non ribattè alle accuse né rispedì al mittente le minacce a muso duro. Semplicemente attese che la tempesta passasse. Poi Buonomo prese sotto braccio la moglie e la figlia e se ne andò, lasciandosi dietro l’altrettanto classico e ormai abusato ‘lei non sa chi sono io!’
- Avanti, rimettiamoci al lavoro – disse il capo dell’UCS, appena Buonomo e famiglia si furono tolti dalle scatole. Diede ordine alla segretaria di non disturbarli per nessun motivo durante l’ora successiva.
Minerva annuì senza chiedere spiegazioni, c’era abituata.
Lui e sir James Winterbourn si rintanarono di nuovo nell’ufficio di Marco e attesero la connessione sul pc, per collegarsi in videochat con Senese e la dottoressa Arce, che si trovavano ancora a Costa Paradiso.
Almeno così presumeva Marco… visto che quei due non s’erano fatti sentire per un girono intero, pensò con una punta di gelosia che scacciò via subito. Il collegamento fu rapido. Sullo schermo del pc apparve il faccione del commissario, coperto come al solito da un filo di barba.
- Dove siete? – chiese Marco, serio.
- A Costa Paradiso. Qui le cose si mettono male, la ragazzina non si trova e alla famiglia Costanzo saltano i nervi
- Tutti uguali – risponde Marco – Qui a Roma coi Buonomo è lo stesso
- Sì ma qua ci sono le elezioni e la figlia di Costanzo è candidata sindaco…-
- Di nuovo le elezioni? -
- Eh, a Costa senza elezioni comunali non possono campare! – borbotta il collega, ma Marco lo incalza:
- Io intendevo, dove siete tu e Penelope in questo momento? –
Senese per un attimo socchiude gli occhi, non capisce la domanda:
- Dove siamo adesso? Nel solito schifo di ufficio del commissariato di qua, dove vuoi che siamo! Te la ricordi la stazione di Polizia di Costa, sì? Non è cambiato un cazzo, in sei anni… sempre la stessa topaia! –
Antonio non ha colto il tono un po' nervoso del suo mentore. Come potrebbe? Lui e Marco sono come fratelli, l’assurda gelosia per quello che fa Penelope, che sta sviluppando Ranieri in quelle ore, non è colpa di nessuno se non di se stesso. Vorrebbe finalmente fare un passo avanti, amarla liberamente alla luce del sole, tenerla per mano, ma entrambi sanno che per fare questo dovrebbero lasciare l’Unità per i Crimini Seriali… la loro creatura, la loro unica figlia, la ragione di vita di quegli anni turbolenti e combattuti, il solo motivo per il quale sono entrati in polizia come specialisti, come analisti comportamentali e scientifici, come élite invece che per spalare la merda come ha fatto Antonio, l’ariete, durante quasi tutta la carriera.
- Marco, siamo qui – dice la voce morbida e suadente della dottoressa Arce, capo patologa forense dell’UCS, con la sua inconfondibile e caldissima inflessione latina. Penelope ha colto la tensione nella voce del suo amante, il sottinteso nelle sue parole. Le viene da ridere: Antonio, oltre ad essere un collega, è come un padre per lei… e naturalmente l’ultimo uomo al mondo col quale andrebbe a letto.
Ranieri sospira e in un attimo si calma, volta pagina. Sono professionisti, non hanno tempo per queste stronzate. Se non ti sta più bene – dice a se stesso – dai le dimissioni e gioca a fare il fidanzatino su qualche spiaggia tropicale, ok? Se invece hai ancora voglia di portare a termine un’indagine come questa, allora muovi il culo…
- Antonio, per prima cosa i Costanzo stanno vivendo il momento più drammatico della loro vita, quindi… -
- Che cacchio vuoi da me? – risponde subito Senese a muso duro – Non faccio lo psicologo! –
- Voglio un po' più di tatto, è il minimo. Non parlare mai più in pubblico della dottoressa Mia Costanzo come la figlia del sindaco. È un magistrato e anche molto bravo. Siamo intesi? –
- Va bene, va bene… Ci siamo capiti, adesso vaffanculo, chiudi questa predica del cazzo e andiamo avanti, ok? – barrisce, elegante nella prosa come al solito, il commissario.
Ranieri passa oltre: - Penelope, che prove avete raccolto finora? –
La dottoressa Arce sospira e gira la microcamera verso di lei:
- Praticamente nulla, Marco. Meno di ventiquattrore dopo la scomparsa di Bea Costanzo ci ha chiamato il giornalista… quel Saverino… per dirci che aveva trovato nella sua cassetta delle lettere la cartina dell’isola d’Ischia con dentro un pezzo del ditino di un ragazzino. Capirai, ci siamo precipitati! -
- Impronte? – chiede Ranieri.
- Nessuna, solo quella del padrone di casa –
- La casa è pulita? –
Penelope scoppia a ridere: -È un cesso, Marco… ma ho capito cosa vuoi dire. Lasciamo perdere, va bene? –
Ranieri si passa le dita sulla fronte corrucciata: - Ok, che ne pensate del rapimento? Dato per certo che è avvenuto alla marina quando la ragazzina s’è allontanata dalla famiglia, secondo voi come l’ha portata via? L’ha narcotizzata? –
- Probabile – bofonchia Senese, buttandola lì senza alcuna prova, come fa spesso. Ma stavolta Penelope conferma, avallando la stessa ipotesi:
- Dietro alle barche in quell’angolo del porticciolo, dov’è scomparsa la ragazzina, abbiamo trovato dei fazzoletti imbevuti di una qualche sostanza, già ampiamente evaporata –
- Siete certi che si tratti di cloroformio o qualcosa del genere? –
- Non ancora, li stiamo analizzando. Ma non ci sono altre possibilità, Marco. Non stiamo parlando di una ragazzina qualsiasi… di una zingarella sconosciuta, nascosta in un angolo… È la nipote del sindaco, la figlia di Mia. Qui a Costa la conoscono tutti! –
Ranieri non ha bisogno di sentire altro, capisce al volo dove vuole arrivare la responsabile della Scientifica: - Se non fosse stata priva di sensi avrebbe urlato, qualcuno l’avrebbe vista e dato l’allarme…
- Esatto, capo! – conferma Senese - Sarebbe scoppiato un gran casino e, per come venerano i Costanzo in questo paesino del cacchio, al rapitore l’avrebbero appeso in piazza per le palle. Invece niente, neppure l’ombra. Ha fatto un lavoro rapido e pulito –
- Raccontate anche a me questa storia del cucciolo – li provoca Marco.
Senese sbuffa e lo manda a quel paese:
- Abbiamo trovato anche dei peli di animale dietro quelle dannate barche, ma capirai… era un tale cesso, c’era di tutto -
È una delle teorie più vecchie tra gli analisti comportamentali, elaborata ed applicata a casi concreti, da Marco e dal dottor Winterbourn decine e decine di volte nella loro carriera. Quando un predatore decide di rapire un bambino, la prima cosa di cui si preoccupa è di catturare la sua fiducia: quale modo migliore di un’immagine di indifesa bontà e dolcezza? Un cucciolotto… soprattutto per una ragazzina appena adolescente, il massimo della tenerezza!
- Poteva essere un cagnolino, un gatto, un dannato criceto… - spiega Penelope - …non ha importanza. Sai bene cosa intendo, quindi non farmi sprecare fiato. Quello che conta è che la ragazzina abbia pensato: come può essere cattivo questo signore se ha un animaletto così carino e dolce? Amen, Marco. Il resto lo sai –
- Ok, va bene… fatemi sapere a quale animale appartengono, appena escono i risultati delle analisi di laboratorio –
- Di fica non sono – dice sovrappensiero Antonio e Penelope scoppia a ridere. Quell’intesa da di nuovo a Marco un senso di fastidio:
- A me non fai ridere manco per il cazzo, trippone – lo rimbrotta Ranieri col solito soprannome offensivo, che lo umilia sempre.
Senese mette il broncio, ma ridacchia ancora sotto i baffi:
- Era solo per escludere qualche animale dai sospetti… la gattina, no? –
Penelope scuote il capo ma si vede che è ancora divertita dalla strafottenza di quel deficiente di Antonio. Marco gira la telecamera verso il dottor Winterbourn:
- Meglio che andiamo avanti, prima che ti mando affanculo. Sir James vuol fare rapidamente il punto sulle tre famiglie coinvolte finora nell’indagine –
- Tre? – chiede il commissario Senese. Marco può vedere nel piccolo schermo del pc anche il volto perplesso di Penelope che si volta verso la telecamera. Lui annuisce e ordina: - State a sentire –
Poi da la parola al vecchio criminologo inglese.
- Non vi farò perdere tempo, ragazzi – esordisce Sir James, come li chiama a volte affettuosamente - …Voglio solo fare il punto della situazione, in modo che gli aspetti più importanti dell’indagine siano ben chiari fin dall’inzio –
- Sarebbero? – chiede subito Senese, che non perde mai occasione di battibeccare col dottor Winterbourn.
- Scompaiono bambini tra Costa Paradiso, l’isola d’Ischia e Roma, my friend – lo gela sir James – Abbiamo ritrovato oggetti che gli appartengono. Forse, se le analisi del DNA lo confermeranno, addirittura pezzi dei loro corpi –
- Sono indizi inequivocabili di due rapimenti, no? – chiede Ranieri tanto per dare il suo contributo - …inviare oggetti alla famiglia o far ritrovare dita mozzate e lobi d’orecchio, il rapitore fa tutto questo per provare che i ragazzini siano davvero nelle sue mani –
- Oppure è un pedofilo – dice Penelope, senza filtro – Non ci sono altre ipotesi, direi –
Sir James sorride: - Ci sono sempre altre ipotesi, mia cara –
- E quali sarebbero, dottore? – chiede lei provocatoria. In realtà vuol solo farla breve, velocizzare le interminabili relazioni del dottor Winterbourn che spesso sfociano nell’autocompiacimento.
- Ci arriverò, Penelope. Dammi ancora qualche secondo. Dobbiamo partire dalle famiglie dei bambini scomparsi… i Costanzo e i Buonomo. Per ora –
- Lo sapevo! – sbotta Senese – Il nostro consulente esterno ha già stabilito che questo figlio di puttana è un rapitore seriale e che continuerà la sua dannata collezione in giro per il sud Italia. Ne siamo tanto felici, grazie sir James! –
- È così, Antò. Che ti piaccia o no, non è colpa di sir James – lo zittisce Ranieri.
- Vabbuò… cos’avrebbero di così speciale queste due famiglie, allora? –
Il dottor Winterbourn allarga le braccia come se quella fosse la domanda più stupida del mondo e ovviamente venisse sempre dalla solita persona. Il commissario bestemmia a denti stretti, il criminologo inglese spiega:
- Sono semplicemente perfette! Almeno all’apparenza. Gente ricca e di successo, ma brave persone, non certo criminali. Buoni padri di famiglia, lavori importanti, posizione solida, prestigio politico. La mamme, semplicemente deliziose… dolci e comprensive, oltre che bellissime donne. I fratelli che, seppur con qualche scaramuccia infantile, si vogliono un gran bene tra di loro… e così via. Ci siete fin qui? –
- Certo, sir James. Direi che siamo dentro al Mulino Bianco! – lo prende in giro Penelope. Il vecchio inglese annuisce:
- Direi di sì, più o meno. Intanto qui all’UCS non siamo rimasti con le mani in mano. Armentano ha fatto il suo lavoro di ottimo analista informatico e scavato nella vita pubblica dei Costanzo e dei Buonomo –
- Puliti come lenzuoli, scommetto! – esclama Senese.
- Dipende che cosa si cerca, my friend. Abbiamo scavato a fondo, cercato i moventi classici per un rapimento. Il denaro da chiedere come riscatto non manca ad entrambe, eppure non è arrivata ancora nessuna richiesta dal rapitore o dai rapitori… -
- Lei crede che sia più di uno, vero sir James? – chiede Ranieri.
- Arrivo anche a questo, Marco – alza una mano il vecchio inglese – Non abbiamo trovato niente di niente. Illeciti compiuti dal capofamiglia, vendetta di qualche nemico di famiglia. L’ultima ipotesi che abbiamo escluso è la fuga volontaria, Bea Costanzo e Ciccio Buonomo non avevano alcun motivo di lasciare il nido. Questa è la situazione attuale, ragazzi. Ci sono domande? –
- Almeno un migliaio, dottore! – gli fa l’occhiolino dallo schermo Penelope - …come al solito! –
- Sentiamo – la incoraggia il criminologo, infilandosi in bocca la pipa.
- Cominciamo dai Buonomo. Che tipi sono? A me l’onorevole sembra una gran testa di cazzo, sarà perché non siamo affini politicamente ma…
- Vuoi sapere perché escludo motivazioni politiche per il rapimento? – le chiede sir James. Penelope annuisce.
Il vecchio si stiracchia e riassume:
- I Buonomo sono bianchi, benestanti, borghesi, perbenisti, cattolici praticanti. L’onorevole recita la parte del bigotto tradizionalista e la fa recitare anche alla moglie –
- Sono dei finti buoni… in realtà sono degli squallidi razzisti! – sibila la dottoressa Arce. Sir James annuisce:
- È così, purtroppo. Sono pieni di contraddizioni, come molti di quelli che in Italia votano come loro. Sono contro gli stranieri, contro i neri, urlano prima gli italiani! E poi hanno alle loro dipendenze una domestica mulatta, latina, salvadoregna e tutta la sua famiglia. Tra l’altro Armentano ha scoperto che almeno metà dell’orario di lavoro Glory Tumbaco, la colf, lo fa in nero -
- Risparmiano su assicurazione e contributi, i gran signori? – chiede divertita Penelope – Che pezzi di merda! –
- Capirai… - li giustifica invece Senese - …piccoli evasori, ce ne sono a migliaia come loro! –
Penelope gli tira un cazzotto sulla spalla: - Piccoli evasori? Fa il parlamentare quello stronzo di Franco Buonomo! È per quelli come lui e come te che questo paese va in malora, carinho! –
- Va bene, ok… andiamo avanti – interrompe il battibecco Marco Ranieri – Come si toccano tra di loro le due famiglie, sir James? Qual è il punto di contatto tra i Costanzo e i Buonomo? –
- È questa la prima cosa strana, miei cari. Non c’è, non esiste alcun punto di contatto tra la famiglia di Bea e quella di Ciccio, se non le similitudini che ho appena elencato tra i loro status familiari di prestigio e la loro vita agiata. Ma naturalmente è troppo poco per giustificare un rapimento e motivare l’azione del rapitore -
- Non tutti i figli dei ricchi e famosi vengono rapiti, è chiaro
- Dev’esserci dell’altro? – lo imbecca Ranieri.
- Potrebbe esserci, my friend – gli concede sibillino il dottor Winterbourn - …ma per saperlo, dobbiamo prima andare dietro ai Tumbaco –
- I Tumbaco? – chiede Penelope – Sono loro la terza famiglia? –
Il vecchio criminologo annuisce.
- Hanno rapito il figlio anche a loro? – lo provoca in modo grossolano Senese. Sir James scuote il capo, la fronte corrucciata, lo sguardo perso nel vuoto:
- Non ancora, Antonio. Ma nella famiglia Tumbaco potremmo trovare il movente di cui mi chiedeva Penelope poco fa –
- Latinos, tutti lavoratori, proletari, livello culturale basso, figli giovani e un po' sbandati, piccoli problemi con la giustizia. Questo è il quadro. -
spiega Ranieri.
- Movente non politico… ma razziale? – ipotizza la dottoressa Arce.
Sir James guarda dritto nello schermo del pc, dove Senese e Penelope pendono dalle sue labbra.
- Il personaggio più importante di questa famiglia è il fratello del padre, lo zio Hernan. È con la sua entrata in scena che possiamo cominciare a ipotizzare una qualche motivazione ai rapimenti. Il movente razziale, magari… il desiderio di rivalsa, ma anche altro. Soldi, denaro, droga –
Senese sbotta: - Chi cazzo è lo zio Hernan? Un narcos di merda! –
- È un combattente salvadoregno della Mara Salvatrucha, my friend. Non serve che vi spieghi altro, giusto? –
- Cristo… - sibila il commissario - …Quando ce li toglieremo dai coglioni ‘sti cazzo di tagliagole? Non ne posso più! –
L’UCS ha già avuto a che fare con le gang salvadoregne, le cosiddette maras, in più di un’occasione e non è mai finita bene.
- Vi faccio vedere un filmato – dice Ranieri per tenere alta l’attenzione.
Manda in onda il montaggio delle riprese delle telecamere della marina di Costa Paradiso, sapientemente assemblato da Armentano come fosse un filmino della prima comunione. Vedono Bea trotterellare in giro, salutare i familiari. Scorgono la figura massiccia del latino, agghindato con t-shirt sformata, catenoni e pantaloni a vita bassa. Quel pagliaccio è lo zio Hernan della famiglia Tumbaco? Potrebbe essere, conferme non ce ne sono, né si vede l’uomo che porta via la ragazzina.
Bisogna scoprirlo.
Il capo dell’UCS da la consegna a Senese e Penelope:
- Partite subito per l’isola d’Ischia, io vi raggiungo lì il prima possibile. Sul posto vi aspettano i colleghi Angela Migliore e Ciro Carbone del commissariato locale –
- Che ci facciamo di nuovo a Ischia? – chiede Antonio.
- I Tumbaco adesso sono sull’isola – dice semplicemente Ranieri.
Senese sorride: - Andiamo a prendere lo zio Hernan, allora! –

ISCHIA: LO ZIO HERNAN
La famiglia Tumbaco era fuggita via da Roma in fretta e furia, per tirarsi fuori da quel gran casino. Ma si era trasferita a vivere sull’isola d’Ischia e, così facendo, rischiava di finirci dentro ancora di più. La scelta immediata era caduta su Ischia per una ragione molto semplice: lì sull’isola avevano dei parenti e una nutrita comunità latina che li aspettava a braccia aperte.
Glory col marito Antonio e i loro ragazzi si sistemarono nel cuore del centro storico, in uno dei vicoletti laterali che sfociavano sul corso principale, esattamente dietro alla grande fontana pubblica, carica di fiori, che troneggiava davanti a tanti bar, ristorantini e negozi di prodotti tipici.
L’appartamento che occuparono, al primo piano di un vecchio e scalcinato palazzone dalle persiane di legno verde, era di proprietà della famiglia Amaya, la più importante tra quelle che fornivano soldati e combattenti alla mara-gang che dominava alcuni piccoli traffici sull’isola, ormai da oltre una decina d’anni. Gli Amaya erano stati i primi ad arrivare ad Ischia, a creare la prima gang, a sguinzagliare per tutta l’isola le prime pandillas, piccole bande criminali, gruppi di violentissimi picchiatori e bocche da fuoco che facevano tutte capo al Rey Supremo, il capo supremo della mara. La famiglia Amaya aveva messo a sedere ben due re su quel trono: il vecchio Bolivar, ormai decrepito, e il suo giovane figlio Juan, che aveva tentato di imprimere cambiamento ed accelerazione al giro d’affari della sua gang, abbandonando i rituali vuoti e superati, i tatuaggi e i colpi di teatro, e concentrandosi sul business, sui soldi e sulle alleanze con le altre minoranze etniche criminali presenti sull’isola. Ma anche il giovane Juan era finito male e adesso marciva in galera.
Lo zio Hernan, fratello di Antonio Tumbaco, era stato un soldato del rey supremo Bolivar Amaya, il vecchio leone. Era scappato quando le cose s’erano messe male e la gang era stata decimata dalla faida coi rumeni e dagli arresti, ma adesso era tornato e non aveva alcuna intenzione di starsene buono con le mani in mano.
L’unità speciale guidata dal commissario Ranieri adesso aveva una priorità: scoprire se lo zio Hernan, per far soldi, s’era dato ai sequestri di persona dei rampolli di ricche famiglie con cui aveva avuto a che fare. I Buonomo, ormai era assodato, erano alla sua portata: sua cognata Glory c’ha lavorato per una vita e lui, insieme ai nipotini Cholo e Scarlet, ha spacciato per anni nella zona e rifornito discretamente anche la signora Letizia, moglie dell’onorevole. Gli sbirri non c’avevano messo molto a scoprire cosa girava: tre volte zero, naturalmente.
Polvere, neve, blanca… Che altro?
Ma i Costanzo? L’avvocato e la sua famiglia, la figlia magistrato, il suo fedele braccio destro, erano i regnanti della costiera amalfitana, niente di più. Benestanti, stimati e noti a tutti, ma pur sempre una dinastia locale, niente a che vedere con il potere vero, quello dei palazzi romani.
Quindi nascevano tre domande:
1) Se lo zio Hernan rapiva bambini com’era passato dai Costanzo ai Buonomo e perché?
2) Dov’erano le prove che mettevano in connessione il latino ai Costanzo? Non c’era assolutamente nulla, tranne il video sgranato di alcune telecamere di sorveglianza della marina, che dimostrasse la presenza di Hernan in costiera a girare intorno alla piccola Bea come uno squalo che sente il sangue.
3) La domanda più importante: non è facile nascondere due bambini, ancora meno due ragazzini così noti e ricercati dalle rispettive potenti famiglie, quindi… dove cazzo erano? Se Hernan Tumbaco li aveva presi, non poteva di certo aver fatto tutto da solo.
Bisognava stringere la tenaglia intorno a tutta la famiglia e farlo in fretta. Ranieri aveva incaricato il suo vice di occuparsene. Mentre sono in viaggio verso l’isola, il commissario Antonio Senese si collega tramite auricolare con la sede centrale dell’UCS a Roma:
- Sir James? – chiede del dottor Winterbourn.
- Sono qui, my friend – risponde il criminologo.
- Notizie dei Tumbaco che devo sapere, prima di mordere il culo allo zio Hernan? –
Il vecchio inglese è pronto come sempre, il lavoro lo fa in anticipo:
- Niente che tu non sappia già –
- Cioè che sono neri? – le battute razziste di Senese sarebbero piaciute un mondo all’ispettore Carbone, quando si sarebbero conosciuti.
- No, my friend. Sono latinos, salvadoregni per la precisione. Il capofamiglia Antonio è un buon diavolo, operaio e muratore, incarichi saltuari da mettere insieme con i denti, gran lavoratore, non si risparmia mai per la famiglia. Ma è la moglie Glory che comanda davvero… -
- Quella che faceva le pulizie dall’onorevole, giusto? –
- Esatto. Bella donna, poco meno di cinquanta, ha sempre lavorato in nero, fino a quando non ha incontrato i Buonomo. Carattere tosto, gestisce l’economia domestica e si occupa dei figli o almeno ci prova… con risultati altalenanti, diciamo così –
- Quanti sono? –
- Tre –
- Danno problemi? – chiede Senese che sa già la risposta.
- Direi di sì, my friend. Tranne la piccolina, Shanty. Otto anni –
- Che meraviglia! E gli altri due? -
- Il maggiore, Cholo, spaccia con una certa frequenza la roba che gli da lo zio Hernan. Scuola, amici. E da quando, tramite la madre, ha avuto accesso alla casa dell’onorevole, ha cominciato a rifornire anche la signora Letizia Buonomo –
- Cristo, che gran casino… - borbotta il commissario.
- L’altra è la figlia di mezzo, adolescente, nel pieno della sua prima tempesta ormonale. Si chiama Scarlet, ogni tanto fa anche lei qualche lavoretto per lo zio Hernan, ma più che altro balla da sola. È molto bella… sexy direi. A scuola è molto corteggiata e… diciamo che approfitta di questa sua avvenenza per…-
- Andiamo, sir James! Ma come parla? – taglia corto Senese – La ragazza è una puttanella. Fa vedere ogni tanto un pelo di fica ai compagni e ai prof in cambio di favori, giusto? È questo che cercava di dirmi? –
- Ehm, più o meno my friend… -
- Ok, va bene. Reati, precedenti penali? Qualcuno della famiglia, a parte questo coglione di spacciatore da quattro soldi dello zio, è stato mai coinvolto in qualcosa di grosso? –
Il dottor Winterbourn dice di no, sono tutti puliti.
O almeno così sembra.
- Passo e chiudo, Mago Merlino! – lo saluta il commissario con uno dei nomignoli che gli ha affibbiato e che il criminologo inglese odia con tutto il cuore.
C’è qualcosa che non torna, pensa Sir James. Ma non lo dice a Senese.
Non lo dice a nessuno, non ancora. Non è il momento di ingolfare la mente degli investigatori con ulteriori preoccupazioni. Può tenere per sé quell’interrogativo, per adesso. Non sa definire neppure lui con precisione cos’è quella specie di percezione che sente rimbalzargli in testa, come una biglia. Risolvi il problema, si dice il vecchio inglese
Risolvi il problema, prima che sia troppo tardi. Prima che vi scoppi in faccia come una dannata bomba… e uno di quei due ragazzini muoia.
Cos’è che lo angoscia? Di cosa è convinto dentro di sé che non ha il coraggio di rivelare? Che siano in due, forse è questo.
Che ci siano due rapitori diversi, ma che usano lo stesso metodo per comunicare con il mondo, con le famiglie, con gli inquirenti, con l’enorme spiegamento messo in campo dalle forze dell’ordine nel sud-Italia per ritrovare Bea Costanzo e Ciccio Buonomo, prima che sia troppo tardi. Com’è possibile una cosa del genere?
Perché lo pensi, vecchio pazzo? - si angustia sir James - Usano lo stesso mezzo per far ritrovare i macabri resti che si lasciano dietro: cartine dei luoghi nei quali sono stati…
La mappa dell’Isola d’Ischia nella quale il rapitore ha avvolto un pezzo di dito mignolo che, si presume, sia della figlia di Mia Costanzo. Su quella cartina ha segnato il Monte Cretaio: la collinetta sulla quale hanno trovato la seconda tremenda conferma, il lobo tranciato di un orecchio. Forse è quello di Ciccio…
Perché lo pensano? Sono ancora in attesa dei risultati delle analisi sul DNA, ma il rapitore ha avvolto quel pezzetto minuscolo in una piantina della ricca zona residenziale di Roma, dove abita la famiglia dell’onorevole. Ecco perché lo pensano!
Eppure… Com’è possibile?
Esiste una differenza tra i due rapimenti, l’unica: per Bea Costanzo non ha avuto bisogno di lasciare una mappa, una cartina dettagliata di Costa Paradiso dove segnare con una bella X rossa in che posto trovare… il suo primo ricordo dell’orrore. No, non ne ha avuto bisogno. Ha usato un altro mezzo: il giornalista. Ha lasciato il primo indizio nella cassetta della posta di Giusto Saverino, il più noto e impegnato cronista del luogo, il seguitissimo uomo dei media di quella ridente località di villeggiatura sulla costiera amalfitana. Quale megafono migliore? Quale maggiore garanzia per il sequestratore di lasciare un indizio così tremendo, un piccolo pezzo del corpo del bambino rapito, all’uomo di punta della comunicazione locale! Come nella fiaba di Pollicino, una disgustosa mollica sporca di sangue… quel ditino mignolo l’ha avvolto nella cartina dell’isola d’Ischia, specificando così il legame tra i due rapimenti, certificando che i due ragazzini rubati alle loro famiglie sono due tappe di un’unica strategia, due mezzi per un unico scopo. Sir James scuote il capo.
Qualcosa non torna, qualcosa non lo convince…
Il vecchio criminologo inglese tira fuori uno dei suoi bloc-notes gialli dalla borsa ventiquattrore di pelle nera, che tiene poggiata ai suoi piedi, sotto il tavolo. Tira una riga con la sua Mont-Blac e ci scrive sopra:
SEQUENZA TEMPORALE
Il primo rapimento è senza dubbio quello di BEA COSTANZO.
Dove: a Costa Paradiso (costiera amalfitana)
Come l’hanno saputo: ritrovamento prima falange dito mignolo
Da chi l’hanno saputo: Giusto Saverino, giornalista
Il macabro resto è stato ritrovato nella sua buca delle lettere: niente impronte, se non quelle del padrone di casa che ha maneggiato la busta. Niente DNA, se non quello del ditino (ancora da identificare)
Come sono finiti a Ischia: il macabro resto, si presume della piccola Bea, era avvolta in una cartina dell’Isola (segnato: Monte Cretaio).
E qui scatta il contatto col secondo rapimento…
Quello di CICCIO BUONOMO.
Avvertono il commissariato di Ischia: i colleghi Migliore e Carbone vanno nel boschetto del Cretaio e lo setacciano. Ritrovano una cartina di Roma, sulla quale sono segnati con precisione inequivocabile il quartiere e la via dove abita la famiglia del parlamentare Franco Buonomo, il cui figlio minore è stato rapito il giorno prima.
Nella cartina c’è il lobo dell’orecchio di un bambino.
Dov’è avvenuto il rapimento di Ciccio: a Roma, nei pressi della sua scuola. E qui scatta un’altra piccola ma fondamentale differenza…
Nel rapimento di Bea Costanzo ci sono almeno due tracce da seguire: non sappiamo se siano state lasciate dal rapitore o siano solo un caso e, nella prima ipotesi, non sappiamo se l’abbia fatto di proposito… ma quegli indizi sono lì. Nel luogo dove presumibilmente è stata rapita, dietro a delle barche da pesca in una zona appartata della marina di Costa, c’erano dei peli di animale, forse un cucciolo, un cagnolino, che il sequestratore ha usato per avvicinare la ragazzina e conquistarne la fiducia. Inoltre ci sono le riprese di alcune telecamere di sorveglianza dei ristorantini e dei bar della zona del porto che riprendono un uomo, un latino corpulento e tozzo, vestito come un gangster e agghindato di collane d’oro e tatuaggi tipiche delle gang salvadoregne conosciute come maras (ce n’era una fino a poco tempo fa proprio sull’isola d’Ischia ma è stata smantellata dalla polizia).
Per il rapimento di Ciccio Buonomo nulla di tutto questo: gli investigatori non hanno ritrovato alcun indizio, né oggetti che possano ricondurre al ragazzino scomparso, né alcuna ripresa che indichi la presenza dell’uomo di cui sopra. Eppure proprio la famiglia Buonomo c’ha avuto a che fare, almeno indirettamente: è Hernan Tumbaco, cognato della loro colf Glory, fratello di suo marito e fornitore di coca della signora Letizia Buonomo, moglie dell’onorevole. Tutti gli indizi che hanno, per quanto pochi, rimandano a quella famiglia sudamericana. Sono stati i Tumbaco?
Il caso sembra avviarsi ad una rapida conclusione, eppure sir James scuote ancora il capo, ostinatamente.
C’è qualcosa che non quadra, risolvi il problema…
Risolvilo! Lo farei… se solo sapessi qual è.

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