Weyward è il romanzo d’esordio di Emilia Hart, che fin’ora si era dedicata ai racconti. Un esordio straordinario questo della scrittrice anglo-australiana che in questo romanzo ̶ edito in Italia da Fazi editore e tradotto da Enrica Budetta ̶ affronta una varietà di tematiche intrecciate le une alle altre, ma che hanno come base comune il duro percorso di indipendenza fisica, materiale e psicologica che le donne sono ancora costrette ad intraprendere.
Per secoli, qualora una donna abbia deciso di preservare la propria indipendenza, non solo fisica ed economica, ma anche e soprattutto mentale e materiale, è stata accusata di essere una strega, un essere mostruoso.
Le donne Weyward affermano di essere state chiamate così “quando non ci sottomettevamo, quando non ci piegavamo al loro volere” perché avevano solo “bisogno di tornare alla natura”.
La Hart ci racconta le storie di Atha, vissuta tra fine ‘500 ed inizio ‘600; Violet, vissuta a metà ‘900 e Kate, nostra contemporanea. Donne che sin dall’infanzia avvertono di essere diverse, di avvertire il richiamo della natura ed un forte legame con essa.
Un legame che fa avvertire loro “una sensazione sconosciuta di libertà”, che cercano in ogni modo di nascondere ma che esce fuori in maniera prepotente.
Un romanzo, questo della Hart, che scorrerà davanti ai vostri occhi velocemente, fluidamente, senza intoppi, sebbene dovrete passare dalla vita di Kate a quella di Althea a quella di Violet, così fino alla fine, in un circolo colorato e ricco delle sensazioni e dei profumi della natura, fino ad arrivare alla consapevolezza che probabilmente essere diversa può essere “una cosa di cui andare fiera”.
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